Le persone che abbiamo frequentato, o conosciuto, o soltanto visto per una volta, sono così tante che era impossibile fotografarle tutte! E tutte avevano un ruolo: chi all'interno del Centro di Mbalmayo, chi in altre strutture COE del Cameroun. Ma hanno avuto un ruolo anche gli abitanti del Cameroun, grandi e piccoli, che con le loro parole, il loro comportamento o soltanto con la presenza, ci hanno permesso di incominciare a conoscere paese, cultura, usanze e difficoltà.
A Mbalmayo la prima da ricordare è Monica. E' onnipresente ed è il terminale unico di qualsiasi cosa: vuoi conoscere un po' di storia del Centro? Chiedi a Monica. Gli orari di pranzo e cena e il menù? Ti serve un'auto? O il dentifricio? Non funziona lo scaldabagno? Manca la luce o l'acqua? Sempre Monica.
Si occupa dell'amministrazione e della gestione di tutto il Centro: nel senso che lei sa chi si occupa di cosa; oltre ad avere, naturalmente, compiti precisi in ambito amministrativo e gestionale. Ma il suo desiderio sarebbe quello di occuparsi di più (quasi esclusivamente) del "foyer". Così si chiama quella specie di pensionato che accoglie gli studenti delle scuole superiori che si fermano a Mbalmayo per tutta la durata dell'anno scolastico. Lei cura e coccola i suoi ragazzi e ragazze; ma li sgrida, anche. Ne ascolta bisogni, esigenze e turbamenti. Cerca di impostare un percorso educativo, ma è ostacolata da tutti gli altri compiti che deve svolgere.
Poi ci sono Walter e Gabriella, sua moglie. Lui è il maestro ceramista, quello che ha impostato la manifattura di ceramiche. Ha incominciato una ventina di anni fa e ora torna tutti gli anni per tre/sei mesi. Continua a insegnare l'arte della ceramica, l'utilizzo dei materiali e degli smalti, le tecniche di cottura. Ogni anno dice che è l'ultimo, perchè ormai l'età (più di 80) si sente. Ma ogni anno torna.
Gabriella, per i mesi che si ferma, dà una mano a Monica, cercando di sollevarla da alcune incombenze: gestisce la cucina e la cuoca. Ma svolge anche una importante attività presso le carceri. Parecchi anni fa ha incominciato, indignandosi per le condizioni igieniche della prigione e ottenendo che venisse fatta pulizia e data una mano di pittura ai muri. Oggi assiste, cura, conforta, prende contatti con i familiari. E, naturalmente, si prende cura di Walter.
Paolo e Chiara, marito e moglie, con due figli, entrambi nati a Mbalmayo: Maria, di due anni e mezzo, e Gegè (Geremia) di un anno più piccolo. Paolo è il direttore dell'ospedale ed è medico chirurgo. Ha ristrutturato l'ospedale, rendendolo più efficiente e ampliando la sua sfera di attività. A fine luglio/primi di agosto torneranno definitivamente in Italia. Paolo è in Africa da quasi trent'anni: Zambia, Ruanda (nel periodo tragico), Cameroun e altro. Chiara si occupa dell'amministrazione dell'ospedale. Maria e Gegè sono ovviamente le mascottes di tutto il Centro.
Sara, lavora anche lei all'ospedale come ostetrica. E' la "zia" acquisita di Maria e Gegè e ha contribuito attivamente alla loro nascita. Ha un forte rapporto con Paolo e Chiara e forse li seguirà in Italia.
Don Adriano, di passaggio a Mbalmayo. La sua destinazione era un'altra, ma problemi di salute non gli hanno permesso di restare in quel posto. Ha trascorso un po' di tempio a Mbalmayo ed è già rientrato in Italia. Da giovane, ha fatto il meccanico in sala macchine di una nave (era un prete operaio) e quindi è prodigo di consigli meccanici e idraulici. E se c'è da usare chiavi inglesi, cacciaviti, martelli e altro, non si tira certo indietro. E non si tira indietro neanche quando c'è da mangiare!
Giovanna, arrivata in Cameroun anni fa, oggi è diventata la sua casa: ha sposato Alex Mbarga e hanno una figlia adolescente. Si occupa dell'economato delle scuole superiori. Alex è il responsabile di COE Cameroun, è il presidente del CdA e deve preoccuparsi della gestione, insieme agli altri responsabili di settore, di tutte le attività del COE in Cameroun.
Monsieur Atangana, fa parte del CdA, è responsabile della spiritualità del COE, ha conoscenze nelle alte sfere ecclesiastiche del Cameroun. E qualcosa anche in quelle politiche.
Poi c'è la Soeur Pina, che non è suora ma viene chiamata così. E' fra le fondatrici del Centro di Mbalmayo, ora si è trasferita a Douala per aprire anche lì una sede dell'Istituto di Formazione Artistica. Ma almeno una volta al mese torna a Mbalmayo. Anche lei, nonostante i suoi 80 anni, continua ad essere una presenza importante e decisoria. Quasi sempre è accompagnata dalla sua assistente camerunese Bernadette. Siamo andati a visitare le loro attività a Douala.
I due Magloire: quello small e quello large. Il primo tiene corsi di informatica, ma ha una forte competenza in ambito tipografico. Con lui ho visitato una dozzina di tipografie a Yaoundè, la capitale e ho incominciato a capire almeno qualche vocabolo di quel settore.
Magloire "large" si occupa dei corsi della scuola turistica. Ha studiato anche in Italia e non perde occasione di raccontare qualche aneddoto di quel periodo, magari intanto che prepara il caffè per tutti (e soprattutto per lui!).
Philippe: lavora presso il CED, Centro di Ascolto (Ecoute) e Documentazione. Il Ced si occupa di attività sociale nel quartiere, presso i giovani e presso le carceri. E Philippe è un ottimo educatore di giovani. Proprio quando partivamo gli nasceva il terzo figlio.
Abraham e Angéle: della struttura COE di Garoua, circa 1000 km a nord di Mbalmayo. A Garoua c'è un ospedale, un vivaio di piante da frutta, una fattoria con allevamento di bovini, di capre, di maiali e di pollame e la coltivazione di riso e mais. Poi a Garoua c'è naturalmente l'attività sociale, che si rivolge sia alle carceri, sia ai "ragazzi di strada": bambini, ragazzi e giovani che escono dalla famiglia spontaneamente o "spintaneamente" e vivono per le strade, raggruppandosi in gruppi o bande, con quel che ne consegue.
Abraham si occupa del vivaio e della fattoria; Angéle è infermeria all'ospedale e collabora in parte delle attività sociali.
A Garoua è arrivata anche Emma e il suo ragazzo Daniele. Emma è psicologa e si occuperà, per un anno, dei ragazzi di strada. Daniele ha preso un'aspettativa di un anno e continuerà a fare l'infermiere, ma nell'ospedale di Garoua.
E, infine, Abakhar. Età fra otto e dieci anni, bambino di strada, felice di fare la nostra conoscenza, di imparare qualche semplice gioco, di tirare calci a un pallone, di confrontare le sue braccia glabre con le mie e cercare di capire perchè le mie avevano i peli; di sforzarsi e insegnarmi qualche parola nella sua lingua etnica. Dovrò tornare a chiedergli delle ripetizioni. Se lo troverò ancora.
E bambini dei villaggi, senza nome, a volte senza vestiti, a volte con la bicicletta, con i più grandi che si prendono cura dei più piccoli, che aspettano di essere fotografati e, comunque, sorridono.
Qui un po' di foto e un po' di nomi.
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