martedì 10 maggio 2016

Una vacanza da Re - 5 (ultimo)

E allora, alla ricerca di questo famoso e agognato Centre Climatique.
Che è lì, vicino e comunque abbastanza nascosto.
Trovato e mandati Giorgio e Ica in avanscoperta a chiedere se si può entrare con l'auto e quale è effettivamente il prezzo per una notte.
Neanche 10 minuti e tornano: tutto molto bello e anche piuttosto caro.
Ma non se ne fa niente: nessuna camera libera.
Ennesima dimostrazione che anche il turismo è per ricchi: gli alberghi normali, dove manca luce e acqua, sono vuoti. Ma quelli di lusso, che non sono alla portata delle tasche medie camerunesi, sono pieni.

E adesso? Che alternative ci sono?
Ci viene in mente che, su una delle guide o forse su internet, avevamo visto che c'era una Chefferie che faceva anche servizio di pernottamento.
La Chefferie era vicina, meno di 20 chilometri. Meglio però sentire prima se la notizia era vera e se c'era posto.
Il numero di telefono che avevamo sulle nostre guide era probabilmente vecchio e non rispondeva nessuno. Però, telefonando alla segreteria dell'Ufficio Turismo che gestisce la "Route des Chefferies", abbiamo avuto un servizio veloce e competente: indicazioni per raggiungere la Chefferie, assicurazione che avrebbero telefonato loro, avvisando del nostro arrivo, appuntamento telefonico dopo dieci minuti per conferme varie.
E così è stato.
Destinazione Batoufam, dove ci aspettavano e avevano posto per noi.



Appunto: 20 minuti, meglio un pochino di più, perchè gli ultimi 2 chilometri e mezzo sono su pista, abbastanza sconnessa, senza possibilità di mantenere la media di 60 km/ora.
Solo a sera abbiamo scoperto che era sufficiente percorrere qualche chilometro in più sulla nazionale per arrivare ad un altro bivio e da lì, su strada completamente asfaltata, arrivare ugualmente alla Chefferie.

Prima di proseguire con il racconto della nostra vacanza, soffermatevi un attimo a guardare la cartina in alto e la mappa di Batoufam qui sotto.


La riga rossa (che ho aggiunto) rappresenta più o meno la distanza della Chefferie dalla Strada Nazionale ed è pari a circa 2,5 chilometri. Questo vi dà l'idea del territorio e delle distanze.
A Batoufam ci sono una mezza dozzina di scuole elementari, sparse su tutto il territorio e una sola scuola superiore, per altro con indirizzo artigianato ed "economia domestica".
Altre scuole superiori, di indirizzo tecnico, sono a Bayangam (in alto) e a Bangoua (fuori carta, in basso).
Per i bambini delle elementari andare a scuola non rappresenta un grosso problema: mediamente devono farsi soltanto un paio di chilometri e sono già arrivati.
Per quelli delle superiori, che vogliono un'istruzione diversa da artigiano o brava massaia, bisogna prima arrivare alla Nazionale, poi aspettare il "car" (autobus privato) e sperare che ci sia posto e quindi arrivare a Bayangam o a Bangoua.
Sia i piccoli che i grandi devono essere a scuola alle 7,30.
Ci vanno da soli, non ci sono genitori o parenti che li accompagnano in auto fin sotto il portone della scuola. In pratica, devono prevedere un viaggio di un'oretta (se tutto va bene e non piove), più della metà a piedi.
A volte sono anche queste condizioni, dove non c'è né guerra, né fame, a creare lo stimolo per cercare una vita migliore altrove.
Certo, la stragrande maggioranza si ferma nel proprio paese: chi per abitudine, chi per pigrizia, chi per mancanza di coraggio e chi, pochi, per cercare di cambiare le cose. E quelli che se ne vanno, con buona volontà e un pizzico di fortuna mandano soldi a casa, contribuendo anche da lontano al miglioramento del proprio paese; o, più avanti nel tempo, ritornano con un bagaglio di esperienze e di conoscenze nuove, anche queste utili a creare cambiamenti.

Come hanno fatto moltissimi dei nostri emigranti. 

Arrivati alla Chefferie, siamo accolti da Paule (Paola), che conferma di aver ricevuto la prenotazione dalla segreteria dell'Ufficio Turistico, ci dà il benvenuto e ci invita a lasciare l'auto fuori dal recinto della Chefferie. Ci fa da guida per portarci alle nostre stanze e, nel frattempo, le chiediamo se c'è la possibilità di mangiare qualcosa, visto che è l'una passata.

Risponde con leggero imbarazzo che, purtroppo, non erano previsti arrivi, che abbiamo telefonato troppo tardi e non c'è stato il tempo di predisporre niente. Ma cercherà di avere informazioni più precise intanto che noi ci sistemiamo nelle nostre camere.
Infatti siamo arrivati al sito dove sono disposte le "case" per turisti e ospiti.





Questo è l'ingresso della stanza per noi "grandi", la stanza dei tam tam.
Giorgio ne ha un'altra.
La prima impressione è naturalmente molto positiva: un ambiente pulito, ben tenuto, originale e decisamente "etnico".
Anche l'interno è gradevole e accogliente.





Un soggiorno, con poltrone, divani e tavolino, tutto in bambù come il rivestimento delle pareti; una stanza da letto con materasso semi ortopedico (rarità in Cameroun!) e la toilette con tutto il necessario. Anche un armadio con appendini e ripiani! Nella toilette ci sono anche bidone, secchio e secchiello per l'acqua: si prevede che possa mancare, ma ormai è una costante e ci abbiamo fatto l'abitudine.
Tutto è pulito e ordinato. Anche il pavimento, in cemento, è molto pulito.
Solo un piccolo particolare ci lascia un attimo perplessi e ne scoprirò il significato qualche giorno più tardi, curiosando su internet.
La porta di ingresso è attraversata da un gradino che, sul lato esterno è alto una decina di centimetri; sul lato interno l'altezza è di quasi trenta: dall'esterno per entrare devi comportarti in due modi:
- o scavalchi, tenendoti agli stipiti della porta e imparando che suolo esterno e suolo interno non sono allo stesso livello; l'interno è più basso dell'esterno;
- o sali sul gradino e poi scendi all'interno.
In tutti e due i casi, devi abbassare la testa, perchè la porta è bassa.
Puoi immaginare che il gradino serva da protezione per l'acqua, ma la porta non poteva essere un po' più alta?


Le finestre contornate, come le porte, da cornici in legno scolpito

La stanza di Giorgio, la stanza del camaleonte

La nostra guida ritorna e ci conferma che in cucina non c'è nulla. Però, se non abbiamo nulla in contrario, il Re ci invita a casa sua a mangiare con lui e la sua famiglia.
Secondo voi, avremmo potuto rispondere: "No grazie, non ci interessa"?
Siamo stati invece piacevolmente sorpresi e, in un certo senso, onorati. Abbiamo incominciato a ringraziare Paule e abbiamo atteso, secondo le sue indicazioni, che venisse qualcuno a chiamarci, per accompagnarci al momento giusto all'appartamento del Re.

Che non è un ambiente particolare, ma una normalissima casa. Della quale comunque abbiamo visto solo il patio esterno, dove ci hanno fatto accomodare in attesa, e il soggiorno, del quale potete vedere uno scorcio.




Si può anzi dire che se l'interno è meglio arredato delle stanze per i turisti, l'esterno lascia moto a desiderare.

Il Re, Sua Maestà Nayang Toukam Innocent, ci invita ad entrare e ad accettare ciò che ci può offrire come pranzo.




Oltre a lui ci sono la moglie e le figlie. Quattro parole di presentazione e ci accomodiamo sul divano, davanti a un tavolino dove sono già disposte le bevande: acqua, succhi di frutta, whisky, aperitivi (Martini bianco!) e quattro vaschette di arachidi tostate. L'whisky non manca mai, in nessun pranzo che si rispetti, sia come aperitivo, sia come bevanda durante il pasto.
Le figlie e una ragazza in aiuto portano i piatti di portata: piatto unico, costituito da taro in salsa gialla e spezzatino di capra.

Naturalmente è necessaria qualche spiegazione.

Il taro (con l'accento sulla o) è un tubero, più comunemente noto in Cameroun come igname. Lo si può mangiare così com'è, bollito come fosse una patata. Nella forma "taro", il tubero è pilato a lungo nel mortaio, anche 4 o 5 ore, fino a renderlo una farina finissima e impalpabile che si fa cuocere come fosse polenta, fino a creare, appunto, una polenta morbida e bianca, abbastanza collosa sul cucchiaio. Cucchiaio di portata, perchè si mangia rigorosamente con le mani.
Si dispone il taro sul piatto, allargandolo fino a creare una fontana: un circolo tutto intorno al piatto e un vuoto centrale.
In questo vuoto si dispone la salsa gialla. E qui arriva il mistero.
Come viene preparata la "salsa gialla"?
Si devono utilizzare almeno 5 spezie fra le seguenti:
LEMTE, DJIE, LELOUM, LELOUM MEBANG, Quatre Côtés, l’arachide de sauce, le LELOUM TIEU, Na', NA'TSUE, MALEM, SOB, écorce NGWAN-MENI.
E' chiaro, no?
Io ho capito che ci sono le arachidi, quelle particolari che si usano per fare la salsa, che c'è la corteccia di un albero, e che sicuramente ci sono alcune varietà di pepe. Ci sono anche dei funghi.
Poi c'è olio di palma, acqua, sale e dadi.
Acqua e olio vengono emulsionati fino a creare una specie di besciamella liquida, alla quale poi aggiungere le spezie di prima, il sale e i dadi. Data la presenza di pepe, la salsa è abbastanza piccante, ma non in maniera eccessiva.
E poi c'è la carne, in questo caso lo spezzatino di capra, mentre la ricetta più comune prevede la trippa.

Con le mani, anzi, con due dita, si prende un pizzico di taro e si puccia nella salsa gialla, portandolo poi in bocca. Il taro, che inizialmente è colloso, a contatto con la salsa perde la sua collosità e le mani restano abbastanza pulite. Sempre con le dita, si prendono i pezzetti di carne e si accompagnano al taro.
Molto gustoso e io ho rimpianto il fatto di non avere a disposizione del pane per meglio pulire il piatto!


Il Re ci ha offerto anche un buon vino rosso francese, che si sposava molto bene con il piatto appena raccontato.

Intanto, cercavamo di approfondire la reciproca conoscenza, anche se avevamo un po' di timore nel fare domande troppo dirette e magari indiscrete. Lui era invece molto interessato a sapere di che cosa noi ci occupassimo in Cameroun, in quali settori svolgessimo la nostra attività, eccetera. Alla fine, abbiamo compreso che voleva sapere se esisteva la possibilità di creare qualche rapporto di tipo commerciale. Inteso magari come sponsorizzazione di qualche iniziativa utile per il regno. Faceva il suo lavoro di Re, per il bene del suo popolo.
A un certo punto, gli abbiamo chiesto da quanto tempo fosse re. Si è schermito un po', dicendo che era re da poco. Sì, ma poco quanto? Solo 27 anni!
In seguito avremmo capito che non era una battuta.

Finito il pranzo, il Re ci affidò ancora alle cure di Paule che ci avrebbe mostrato tutta la Chefferie e illustrato la sua storia.

Appuntamento all'ingresso dopo una mezz'oretta.
E, per tornare alle nostre case e poi ritrovare l'ingresso, ci accorgemmo che le strade erano un po' ingarbugliate, che era facile perdersi o perdere l'orientamento.
Paule incominciò a spiegarci storia e luoghi, ma ad un tratto si sentì male e non era in grado di proseguire.
Ci affidarono a un ragazzo, che ci avrebbe fatto vedere la parte nuova, curata dai giovani e più indirizzata alla "modernità". Intanto Paule sarebbe stata portata in ospedale, per capire cosa avesse.

Il ragazzo ci fece vedere la parte nuova, organizzata come luogo di intrattenimento per grandi e piccini.

Un giardino ben curato, giochi in legno per bambini, altalena e bilici, un campo di bocce, uno spazio con tavolini e ombrellone, un ristorante a fianco di uno stagno (purtroppo vuoto per scarsità di piogge) dove allevavano pesci per il ristorante, sala da musica.




Lo stagno, quasi secco

La griglia: dallo stagno, direttamente sul fuoco













Ormai era pomeriggio inoltrato, ancora poco e sarebbe tramontato il sole. Si stava bene seduti a quei tavolini, con una birra semi-fresca.
La visita guidata poteva proseguire l'indomani. Adesso un po' di relax, poi una doccia, acqua permettendo, e infine la cena preparata soltanto per noi, in quel ristorante aperto solo per noi.

Quasi all'ora di cena, arriva alle nostre stanze il cuoco e ci chiede se preferiamo mangiare in camera. Al nostro rifiuto, ci informa che manderà qualcuno a chiamarci quando sarà tutto pronto. E scompare in direzione opposta da quella da cui era arrivato. Ma da che parte è la cucina?


Ci accompagnano al ristorante, quello che avevamo già visto nel pomeriggio, e dopo poco arriva un ospite, portato da un ragazzino e lasciato lì a farci compagnia. 








Anche a sera, piatto unico. Una abbondante porzione di spaghetti alla pescatrice, con un sugo ricco di pesce. E birra, stavolta fresca.
L'ospite è scomparso, correndo dietro al ragazzino che l'aveva portato. E anche noi, poco dopo aver finito la nostra pasta, ci eclissiamo nelle nostre stanze, per una sana dormita.
Interrotta da un forte temporale: tuoni e fulmini e si sente l'acqua che scroscia in maniera impressionante. Un quarto d'ora, forse venti minuti, ma ne è venuta giù parecchia! Nella stanza di Giorgio ha anche piovuto dal tetto, senza danni fortunatamente.
Speriamo di poter fare la nostra visita domani.

Paule si è ripresa, niente di grave, solo molta stanchezza e certamente un abbassamento di pressione.
E' una ragazza simpatica, abbastanza giovane, laureata in Turismo. Naturalmente conosce molto bene la storia della sua Chefferie e dimostra anche entusiasmo nel raccontarla e facendoci vedere gli aspetti più significativi.
La tendenza, come quasi dappertutto, è quella di evidenziare molto tutti gli aspetti positivi e sorvolare su quelli negativi o critici. Soltanto noi adottiamo la tecnica contraria.
Il regno di Batoufam nasce abbastanza recentemente, nel 1700. E ci sono 3 versioni:
- un re vicino ha due gemelli: al primo lascia il proprio regno e l'altro è invitato a crearsene un altro;
- il capostipite della dinastia era precedentemente al servizio di un altro re, ma dovette scappare per adulterio;
- sempre il capostipite, che stava prendendo molto potere presso un re vicino, fu osteggiato dai notabili di quel regno e venne allontanato dal re. Si spostò quindi in una zona periferica del regno e lì, con il tempo, fondò il proprio reame accogliendo presso di sè tutti i fuggitivi o disertori dei regni vicini.
Sembra che quest'ultima versione sia quella più vicina alla realtà, in quanto il nome originale sembra voler proprio dire "gente che viene da fuori" (il prefisso "ba", comune a molti paesi e città dell'ovest, significa "villaggio").

In ogni caso, qualsiasi sia la versione corretta, dimostra una certa "animosità" nella costruzione del regno: comunque era presente la necessità di difendersi da interventi esterni. Senza contare che, in quell'epoca come in ogni tempo, il sistema per aumentare il proprio territorio era quello di conquistare con la forza o con l'inganno i territori vicini.

Paule incomincia a farci vedere la bottega artigiana del Re, dove un artigiano lavora ferro e legno per creare oggetti souvenir per i turisti. Abbondano le maschere, le riproduzioni in ferro e ottone di vecchi guerrieri, gli oggetti di uso comune. Una classica bottega di artigianato, disponibile a creare oggetti anche su specifica richiesta.


Da lì, attraverso cortili successivi, corridoi che portano da una stanza all'altra, stanze con doppia uscita, giardini chiusi da muri, si percorre tutto il territorio della Chefferie.
Ogni volta, per passare da una stanza all'altra o anche da un cortile all'altro, la solita porta stretta e bassa e il solito gradino a due livelli.
E, finalmente, se ne comprende il motivo.
La costruzione delle diverse case e il collegamento fra di esse è abbastanza labirintico; il passaggio da un ambiente all'altro è faticoso e disagevole. Tutto è organizzato in modo tale che la "difesa" sia più facile e che i possibili aggressori/invasori si trovino in situazione di disagio e inferiorità rispetto agli abitanti: l'attraversamento delle porte può essere fatto soltanto abbassandosi e con un piede sollevato, cioè in situazione di debolezza rispetto ai difensori.
Inoltre, la presenza di ambienti e case differenti permetteva al re di ricevere i suoi ospiti in posti differenti, così come di dormire in stanze differenti, senza che ospiti o nemici avessero precisi punti di riferimento. Era possibile che il ricevesse ospiti differenti nello stesso tempo, senza che tali ospiti fossero al corrente o vedessero le altre presenze simultanee.
Una architettura totalmente di difesa.

In ogni ambiente o cortile sono sempre presenti statue in legno, raffiguranti sia aspetti della vita quotidiana, sia momenti particolari della vita del re. O attività di rilievo svolte all'interno della Chefferie.
Si vedono quindi figure umane o di animali.
Le prime sono, come detto, rappresentazioni delle attività ordinarie, dalla caccia alla cucina. Le seconde simboleggiano, secondo l'animale raffigurato, la saggezza, piuttosto che l'intraprendenza o la chiaroveggenza.
Inoltre, le statue umane presenti in ogni cortile stanno anche a significare che ogni ambiente deve avere una presenza umana, senza la quale è inutile.

Qui le classiche figure delle tre scimmie "non vedo - non sento - non parlo", Che, nella nostra specifica storia prende un significato abbastanza "mafioso". Ma l'interpretazione che ci viene fornita è molto più civile: non tutto può essere visto, non tutto può essere ascoltato, non tutto può essere detto. La quarta figura, della scimmia che si copre i genitali, invita alla discrezione e alla "privacy". E questo vale nei due sensi: pur nella sua potenza, il re non arriverà mai ad essere a conoscenza di tutto, perchè qualcosa gli verrà sempre nascosta: per interessi personali o per discrezione. Ma uguale deve essere il comportamento del Re: che deve cercare di sapere tutto, ma mantenere il giusto grado di discrezione.
Perchè bisogna tener presente che i diversi ambienti e il loro susseguirsi rappresentano anche differenti tappe dell'iniziazione e istruzione del nuovo re.


Qui sono rappresentati i due mondi: quello dei vivi, bianco, e quello dei morti, nero che, pur separati fra loro, occupano lo stesso spazio totale e convergono verso un unico punto.

Qui la simbologia è assente: questa è soltanto una marmitta, utilizzata per contenere il cibo destinato a tutto gli ospiti in occasione di particolari manifestazioni.



Anche le pitture murali rappresentano vita ed eventi. Qui, la danza propiziatoria per la caccia.

Utensili e contenitori da cucina

L'angolo del guaritore, attività svolta da un apposito personaggio, oltre che dal re. Il ragno è simbolo di saggezza e preveggenza.

La maschera utilizzata dal guaritore (marabù)
durante i suoi riti.



Una statua bifronte: da un lato maschio, dall'altro femmina.
Perchè entrambi sono necessari e perchè entrambi sono presenti,
anche nella stessa persona, seppur con diversa predominanza.
Una interpretazione molto moderna e attuale.
Inoltre, il re ha bisogno della presenza femminile, sia per
garantire la successione, sia perchè la donna (o le donne)
hanno la possibilità di conoscere cose che al re
verrebbero nascoste.




Una stanza importante, sovrastata da una maschera
e dal simbolo del regno:
la doppia campana e la zanna d'elefante.
Durante tutta la visita, Paule è stata accompagnata dall'ospite che avevamo già conosciuto nella serata precedente: la scimmietta. Ha un mese di vita. E' stata trovata in foresta, abbandonata probabilmente dal cacciatore che ha preso la mamma e destinata a morte senza assistenza, cure e nutrizione. I bambini del villaggio l'hanno presa e l'hanno allevata, dandole il giusto cibo.
E lei (o lui? non l'abbiamo chiesto) è ormai totalmente integrata nel villaggio: fa i capricci quando i bambini vanno a scuola, perchè si sente abbandonata e va a cercare qualcun altro che le tenga compagnia.






La visita è proseguita, con tutte le spiegazioni fornite da Paule e relative alla funzione dei singoli ambienti e alla loro simbologia.
Il percorso seguito rappresenta le diverse tappe di "crescita" del Re: dalla sua scelta, da parte del predecessore e dei notabili, fino all'acquisizione, completa, del suo ruolo.
Il nuovo re viene indicato dal vecchio, ma questa notizia resta riservata allo stretto cerchio dei collaboratori del re. Alla sua morte, come da tradizione, tutti i parenti, amici e conoscenti vengono alle cerimonie del funerale e, in questa occasione, i notabili "comunicano" al prescelto il suo futuro ruolo. Non si tratta proprio di una comunicazione, quanto di una segregazione: il futuro re viene letteralmente "preso" e portato all'interno del palazzo reale, in una apposita stanza. Non è previsto rifiuto, ma è previsto un periodo di istruzione e apprendistato, che dura fino a nove anni. (e comprendiamo la battuta del re, che diceva di essere tale da non molto tempo: considerava soltanto il periodo dopo l'apprendistato e 18 anni sono pochi rispetto a quelli di durata standard di un periodo reale)  
Il nuovo re apprende tutto ciò che bisogna sapere per svolgere bene il proprio ruolo: ogni tappa del cammino è rappresentato dal passaggio in un nuovo ambiente, dove apprenderà nuove cose. Ogni volta che abbandona una stanza ed entra in quella successiva, il passaggio all'indietro viene chiuso: non puoi tornare sui tuoi passi, quindi valuta bene ciò che fai.
Ogni anno il tuo popolo ha il diritto di giudicarti e di esprimere critiche o apprezzamenti del tuo operato: non puoi perdere il tuo ruolo di re, perchè è stabilito dalla tua storia, ma potrebbero aumentare i tuoi amici o i tuoi nemici.

Durante il percorso di apprendimento, al re vengono consegnate due borse: una ben fatta e ben cucita, l'altra tutta sdrucita. Quando il re si sposta dal suo regno in altre zone, deve sempre portare le due borse: in quella ben fatta deve mettere tutto il bene del suo villaggio; ne deve avere cura e dalla borsa il bene non potrà uscire. Al suo ritorno, il bene lo accompagnerà e anche se sarà successo qualcosa di male al suo villaggio, lui riporterà il bene. Così, potrà mettere nella stessa borsa il bene che potrà trovare al di fuori del suo villaggio e portarlo all'interno.
Al contrario, nella borsa sdrucita metterà tutto il male, perchè possa essere abbandonato all'esterno del villaggio; se qualcuno gli consegnerà qualcosa di malvagio, lo metterà nella borsa sdrucita, al fine di non portarlo all'interno del villaggio.

In pratica, simbologia e insegnamenti tendono ad un unico obbiettivo: tu sei il re e sei potente. Ma la tua potenza deve avere un solo scopo: il bene del tuo regno e del tuo popolo.
E' vero che molto spesso la teoria è differente dalla pratica, ma queste tradizioni sono ancora molto vive e, forse, giustificano il rispetto che tuttora esiste verso l'autorità: che può essere criticata, ma alla quale bisogna comunque dare credito, anche perchè non sei mai al corrente di tutto ciò che, invece, l'autorità conosce.

Ad esempio, la "casa" del regno, quella più importante e quella che dovrebbe servire per le riunioni, apparentemente è mal costruita: infatti non esiste un'apertura, che sia porta o finestra.
La storia dice che la costruzione risultasse difficoltosa: le pareti erano costruite e intrecciate a terra e poi bisognava sollevarle e intrecciarle fra loro.
Non c'erano uomini sufficienti a fare questo lavoro e quindi il re chiese l'aiuto del re vicino, che arrivò con il suo (piccolo) esercito personale a dare una mano.
Quindi, qualcuno tirava e qualcun altro spingeva, finchè le pareti furono tutte e quattro in piedi e intrecciate fra loro. "Casualmente" risultò che il piccolo esercito del re vicino si trovò all'interno, chiuso e senza possibilità di uscire.
Il Re di Batoufam, allora, si rivolse al suo vicino e gli chiese sottomissione, altrimenti avrebbe dato fuoco alla casa appena costruita, con tutte le persone dentro. Il re vicino non ebbe alternative e dovette sottomettersi. La mancanza di porte e finestre non era quindi un errore, ma una precisa strategia, nota solo al Re.


La rappresentazione del villaggio e delle sue difese

Il fotografo non si accorge che, dietro di lui, qualcuno lo sta prendendo di mira.

Altri utensili da cucina. Le figure scolpite si riferiscono ad attività collegate: raccolta di erbe, trasporto, preparazione.



L'ingresso al museo reale





Dove sono raccolti (abbastanza alla rinfusa) cimeli antichi e moderni, regali e offerte.



Non è storta per caso: è stata costruita così, perchè
nella vita non tutto va sempre per il giusto verso.
 







La visita è terminata. 
Anche la nostra permanenza a Batoufam e la nostra vacanza.
Saluti, convenevoli, scambio di numeri telefonici, un veloce saluto da parte del Re, che stava uscendo per impegni e che, ovviamente, ci ha invitati a tornare.

Noi riprendiamo la strada per Mbalmayo. Obbiettivi: una piccola sosta culinaria a Makénéné e una lunga doccia al nostro arrivo a casa.
Primo obbiettivo raggiunto e soddisfatto.
Secondo obbiettivo: mancato! 
A casa non c'era acqua ed era finita anche la riserva. La nostra doccia si è tramutata in un lavaggio con la poca acqua rimasta nelle bottiglie.
Speriamo che domani l'acqua torni!!!

2 commenti:

  1. Bello e avvincente il testo; molto interessanti le numerose foto.
    Un abbinamento vincente: bravo Angelo!

    Giovanna sorella

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  2. Io ho lavorato vicino al confine con il Camerun, in Guinea Equatoriale. Ho conosciuto tanto Camerunesi Brava gente!
    Spero di tornarci presto in quelle zone... e scappare da questa terra dei canguri dove sono ora! :)

    Ciao!

    Riccardo

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