A Mbalmayo c'è una prigione. Qualche anno fa alcuni volontari del COE, con in testa Gabriella, la moglie del ceramista Walter, hanno preso accordi con i responsabili della prigione per svolgere alcune attività di supporto e assistenza.
Per prima cosa hanno fatto pulizia, scrostando i muri e dandogli una mano di bianco. Soltanto questo ha migliorato di molto le condizioni igieniche.
Ma il trattamento resta ancora a un livello molto basso: nessuna dignità, poca pulizia, scarsi contatti con l'esterno, poco cibo. I carcerati hanno un pasto al giorno. Purtroppo vi sono anche ragazzi minorenni e donne, a volte in gravidanza. Entrambi avrebbero bisogno di una alimentazione migliore, magari anche soltanto in termini di quantità.
Sono scarse anche le possibilità di godere di un po' di aria: in pratica esiste una specie di corridoio al di fuori delle celle per poter fare un po' di movimento.
Anche l'assistenza medica è scarsa e, inoltre, bisogna potersela permettere: non è gratis.
Soprattutto i ragazzi minorenni (per la loro legislazione sotto i 21 anni) soffrono molto per l'ambiente, la mancanza di cibo e vestiti, la lontananza dei parenti.
Quest'ultimo aspetto è sovente non voluto: succede che i parenti non abbiano notizia del fatto che un giovane sia in prigione; o che non abbiano i mezzi o il tempo per andare a trovarlo o fargli avere notizie. Il giovane ne ricava l'impressione di essere stato abbandonato, magari per un "reato" di scarsa rilevanza.
Ma le regole della prigione prevedono il pagamento di "vitto e alloggio" e a volte la prigionia si prolunga perchè i conti non vengono saldati.
Una delle attività dei volontari COE è quella di dare assistenza ai minori e alle donne in carcere, occupandosi di tenere i rapporti con i familiari, di fornire i farmaci di base, di fornire un'istruzione pratica, finalizzata ad attività lavorative che permettano, a fine pena, di poter cercare un lavoro o di potersi mantenere senza tornare a delinquere.
Proprio a seguito di queste attività, c'è stata l'occasione di andare a trovare la famiglia di un carcerato giovane, che immaginava di essere stato abbandonato dalla sua famiglia per la vergogna procurata dal suo reato.
Gabriella si è quindi assunta il compito di andare a trovare la famiglia, ricucire i rapporti e riportare un po' di speranza sia a chi era in prigione, sia ai suoi parenti.
E abbiamo quindi avuto l'occasione di andare in un villaggio all'interno della foresta.
Le foto parlano molto più di quanto potrei raccontare io.
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