Sono passati più di dieci giorni dall'ultimo post. Ma incominciamo a non accorgerci del tempo che passa, fra lavoro ordinario e straordinario. Le giornate sono piene, anche quando sembra che non ci sia niente da fare. E si fanno nuove conoscenze, o si approfondiscono quelle appena fatte.
Qui a Mbalmayo ci sono due aziende che lavorano il legno, di origine italiana. Occupano parecchi operai e impiegati e sono una importante risorsa per tutta la città.
Visto che trattano legname, vanno nella foresta a scegliere gli alberi da tagliare: tutti di legno più o meno pregiato, tutti con diametro del tronco di almeno un metro; e per ognuno di essi deve essere richiesta apposita e regolare autorizzazione all'Agenzia Governativa per la Tutela della Foresta. Non vi è disboscamento massivo e indiscriminato, ma attento e selezionato. Ma su un territorio nel quale gli alberi di quelle caratteristiche si contano a decine di migliaia, se non centinaia, gli esemplari tagliati fanno sì che per le strade siano frequenti camion piuttosto imponenti, che trasportano tronchi lunghi una ventina di metri e larghi da un metro in su. Altrettanto frequenti sono i posti di blocco destinati a controllare le autorizzazioni sul trasporto e sul preventivo taglio.
Ho saputo tutte queste cose (e altre) proprio da uno degli italiani che lavorano in queste aziende e che, dopo una fila d'anni, sa tutto su alberi, foreste e popolazione. Sono in genere anche molto disponibili con noi e se possono non si tirano indietro per darci una mano.
Questa però è una divagazione rispetto al titolo del post: le ceramiche.
So di avervene già accennato. E' una parte del principale lavoro che mi è stato affidato: riorganizzare e dare impulso a questa attività, con l'obiettivo di renderla economicamente autosufficiente.
Qui non facciamo né piatti, né tazzine da caffè. La Ceramique (nome attuale dell'azienda) fa parte del Centro d'Arte Applicata, sempre struttura del COE. E' la normale e logica prosecuzione di una delle due scuole superiori del nostro centro, l'Istituto di Formazione Artistica, che insegna pittura, scultura, grafica, design e, appunto, ceramica. Ci sono anche laboratori di pittura e scultura, ma la ceramica è quella che ha ottenuto maggior sviluppo.Certamente anche grazie all'intervento di Walter Pasqui, che ha insegnato tecnica e arte, al punto che giornalmente si producono oggetti unici.
"Giornalmente" è termine un po' eccessivo. La creazione (fabbricazione è riduttivo) di ognuno di questi oggetti richiede parecchie giornate di lavoro, mai meno di un paio di settimane, ma si arriva facilmente anche a sei o otto. Dipende dalla complessità dell'oggetto e dalle sue dimensioni.
Prima si immagina, come fa ogni artista, forma e decorazione dell'oggetto. Poi si incomincia a lavorare l'argilla: quasi sempre con il tornio, a volte semplicemente con le mani, se si tratta per esempio di figure. Ottenuta la forma voluta, si deve lasciar asciugare l'argilla. Ma non completamente: deve essere ancora lavorabile, per incidere disegni o fare intarsi. Si lavora con le mani, appunto, e con punte, coltellini, raschietti e tanto, tanto occhio.
Alla fine, dopo la forma, si ottiene anche il disegno. Quindi arriva il momento della prima cottura in forno, a una temperatura che può variare tra i 600 e
i 900 gradi, a seconda di ciò che dovrà essere fatto in seguito. E' la cosiddetta "fase biscotto": la ceramica esce dal forno con un bel color biscotto, appunto, ed è pronta per essere colorata. E potete immaginare che, a seconda del disegno ideato in precedenza, i colori possono anche essere tanti, ognuno dei quali richiede tempo di realizzazione e tempi di asciugatura. E anche qui si lavora con pistola a spruzzo (la mano di fondo) e poi con pennelli e pennellini.
Finalmente arriva il momento della cottura definitiva, quella che serve a fissare gli smalti. A volte, in funzione delle particolari caratteristiche del decoro e degli smalti, le cotture possono essere anche più di una.
In questi giorni ho visto una fase di lavorazione di un vaso di forma quasi sferica, sul quale l'artigiano stava incidendo una ragnatela con il relativo ragno. Il diametro del vaso è di circa 40 centimetri. Prima ha incominciato a fare i tratti verticali della ragnatela: partendo dal polo di questa sfera, si dirigono in basso, verso il diametro, formando degli spicchi. Naturalmente a mano, senza centimetro. Alla fine, tutti questi spicchi erano di larghezza uniforme, sia in partenza che all'arrivo. Poi (nei giorni seguenti) è passato ai tratti orizzontali, fra i lati degli spicchi, a formare la ragnatela. In questo caso si aiutava con un bastoncino, che gli permetteva di incidere un tratto diritto per ogni spicchio. Ma non ha mai preso alcuna misura. Terminato ogni tratto, faceva girare il vaso sul suo supporto, per affrontare il tratto successivo. L'ultimo (di una trentina di tratti) coincideva perfettamente con il primo! Alla fine, quella ragnatela era altrettanto precisa di quelle naturali. E si trattava, per ogni segno, di fare due incisioni, in modo da togliere un triangolino di argilla e lasciare un minuscolo solco, nel quale depositare, poi, il colore.
Ho cercato di descrivere al meglio il lavoro, ma le foto possono dimostrare meglio il lavoro che viene fatto.
E non può essere fatto in serie. Ogni pezzo, proprio per questo motivo, è un pezzo unico, anche quando viene realizzato in più esemplari per qualche speciale (purtroppo rara) ordinazione.
Le foto presentano alcuni oggetti della nostra sala di esposizione, ma molti altri sono stati fatti. E non ci si limita a vasi o vassoi o figure. Una delle chiese più importanti di Yaoundè ha la facciata decorata da un grande mosaico fatto da noi, alcuni anni fa.
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