Carissimo John Michael,
questo post è indirizzato a lei e spero che lei lo legga,
anche se mi ha detto che i miei post un po’ le danno fastidio. Perché parlo di
NOI e LORO, di BIANCO e NERO, di SUPERIORE e INFERIORE. E che ogni tanto legge
che chiamo NERA la persona che ho vicina.
Se le ho creato fastidio o l’ho offesa, le chiedo scusa. Perché
molto probabilmente non sono riuscito a esprimermi bene e ho generato un po’ di
incomprensione.
Ma mi sono anche meravigliato, perché lei ha letto “un po’
di discriminazione” nei miei interventi.
E sono andato a rileggermi tutti i post che ho scritto, per
vedere in quali punti posso aver ingenerato un senso di discriminazione o ho
mostrato un senso di superiorità nei confronti di quelli che oggi sono i miei
compagni di strada.
E immagino che il post più incriminato, forse l’unico, sia
quello dell’8 settembre scorso: “Cosa dire di nuovo?”.
Se è stato questo che, soprattutto, l’ha infastidita e
offesa, probabilmente è soltanto un grande equivoco.
In quel post uso molte virgolette: inserisco i vocaboli e le
parole fra virgolette e questo fornisce (almeno per me e per molti dei miei
lettori abituali) un significato particolare a quel vocabolo. Lo sto scrivendo
apposta così, per evidenziare che è sbagliato, che non dovrebbe essere così,
che non si dovrebbe usare in quel modo. Anche la ipotetica scena del
supermercato fa vedere (o almeno questa era l’intenzione) che è sufficiente un’interpretazione
errata di comportamenti normali per creare diffidenza. E la diffidenza reciproca
genera sospetto e genera paura.
Vorrei ripetere qui la frase centrale e per me più
importante di tutto il post:
“E incominci a
guardarti attorno in modo diverso, più diffidente. E “loro” (che magari
stavano pensando a tutt’altro) se ne accorgono e ti ricambiano la stessa
diffidenza. E la diversità aumenta e si fa palpabile.
Ecco, da un pacchetto
di spaghetti incomincia a nascere la presunta incompatibilità, il presunto
senso di superiorità (o inferiorità), la paura reciproca.”
Per me era ovvio che stavo raccontando una scena ipotetica e
un po’ surreale. Ma che voleva trasmettere il messaggio che, a volte, sono cose
molto marginali (in quella storia un pacchetto di spaghetti) a creare
artificiosamente disagi, diffidenze, paure. Purtroppo, dalla paura all’odio il
passo è molto breve e, secondo me, bisogna incominciare a pensare che nessuno
di noi è superiore o inferiore. E a comportarsi di conseguenza. Nel post: la presunta incompatibilità,
il presunto senso di superiorità o inferiorità.
Non c’è mai, nel post, un NOI fra virgolette. C’è, più di
una volta “loro”: perché questa definizione è sbagliata, perché genera steccati,
perché crea clan contrapposti. L’ho usata apposta, per sottolinearne la
scorrettezza. Forse, nell’altro mio post IO PUZZO, trova una conferma di quanto
io sia lontano dalla discriminazione e quanto sia lontano dal sentirmi “superiore”.
Vado spesso nei supermercati del Cameroun (altrimenti dove
vado a fare la spesa? Soprattutto con il mio francese zoppicante?) e non mi
ricordo di aver visto sguardi strani nei miei confronti. Anche se a volte mi
sono sentito gridare dietro “Blanc!”, ma erano bambini.
Lei vive in Italia da alcuni anni e si sarà accorto che gli
italiani sono specialisti nel creare gruppi contrapposti: fra tifosi di calcio,
fra gente di paese e gente di città, fra abitanti di paesi vicini, fra “noi” e “loro”, fra fazioni politiche, fra “nordisti” e “terroni”. Quest'ultima divisione è ancora presente, anche se è ormai superata da quella fra "italiani" e "extracomunitari". Non ho mai condiviso l'idea di una differenza fra "nordisti" e "terroni", merito forse degli insegnamenti di mia mamma, nata a Genova da un papà siciliano e una mamma calabrese. E che aveva sposato un milanese, i cui genitori erano della terra del riso, la Lomellina. E io ho sposato una donna nata a Milano, ma con i genitori uno toscano e l'altra nata ad Alessandria d'Egitto. Anche in modo pratico: come faccio a definire chi è "noi" e chi è "loro"? Quale dei tanti rivoli seguo: quello del nord o quello del sud? Dove trovo le mie radici: nella terra del riso o in quella delle arance? Ma, soprattutto, perchè devo preoccuparmi di fare delle distinzioni? Ho queste origini e ne sono orgoglioso. Ma non per questo mi sento superiore a chi è nato nel Veneto o in Abruzzo o in Trentino. Forse sono differente, come tutti lo siamo, per fortuna. Che noia enorme, se fossimo tutti uguali! E che piacere scoprire le differenze, anche se non tutte possono piacere. Sono curioso, assaggio i piatti delle cucine differenti dalla mia: e non tutti mi piacciono. Ma non mi piacciono anche piatti della mia cucina. ma credo che tutti debbano essere liberi di mangiare quello che gradiscono. E nessuno deve obbligare altri a mangiare quello che non gradiscono.
Evidentemente, preferisco spiegarmi con argomenti gastronomici.
Spero di essermi fatto capire e, ancora, mi scuso se le ho
dato un’impressione sbagliata, perché non è lei che ha frainteso, ma sono io
che non sono stato capace di spiegarmi bene.
Ma vorrei chiudere con una nota in parte allegra, in parte
seria e drammatica. Molti anni fa, veramente molti, bisogna arrivare a poco più
della metà del secolo scorso, avevo imparato una storiella che voleva essere
divertente. Si parlava di quando in Italia la discriminazione razziale era un
po’ più evidente di adesso e, soprattutto, era palese. Gliela racconto.
“ma tu lo sai che al tempo del fascismo anche i preti erano
razzisti?”
“e come lo dimostri?”
“perché su molti portoni delle chiese c’era un cartello che
diceva: vietato l’ingresso a ebrei, negri e calzolai.”
E qui, in teoria, finiva la storiella. Solo che l’interlocutore,
quasi sempre, faceva la solita domanda: “perché anche i calzolai?” Dimostrando
che comprendeva il divieto per ebrei e persone di colore (lo giustificava? Lo condivideva?
Lo approvava?), ma lo sorprendeva il divieto per altri, che non fosse motivato
da una differenza razziale.
La saluto con molta cordialità e spero che torni a leggermi,
anche superando il fastidio che prova. Se ci frequentiamo più spesso, forse io
imparo a esprimermi meglio e forse lei prova un po’ meno fastidio.
Mille auguri per i suoi studi, John Michael.
Caro John Michael, intanto complimenti per (posso permettermi il “tu”?) il tuo italiano che è sicuramente migliore di tanti miei connazionali.
RispondiEliminaAngelo non ha bisogno di avvocati difensori, lo sa fare da solo, ma mi è piaciuto il tuo intervento e vorrei dare anche la mia opinione.
Dal post di Angelo avrai capito che qui in Italia e, penso, anche in qualunque altro Paese, il Noi ed il Voi o Loro si usino in forma soprattutto campanilistica ed è entrato ormai nel gergo comune. Noi italiani, noi milanesi, noi romani; Voi: non italiani (svizzeri, norvegesi, americani, camerunesi, nigeriani, oppure – più in piccolo – Voi: non della nostra città o paesino).
Un certo disagio si sente quando c’è un riferimento al colore della pelle e ben ci sta la precisazione di Angelo, che conosco abbastanza bene. Credo fermamente che non è stata sua intenzione mancare di rispetto alle persone; è semmai una estensione di quel “campanilismo” di cui sopra. Così come un certo atteggiamento paternalistico che però fa parte del DNA caratteriale di ciascuno di noi.
Angelo e sua moglie Ica sono due bravissime persone che i casi della vita e per loro scelta, hanno lasciato il proprio Paese e i loro cari per aiutare concretamente mettendo a disposizione la loro conoscenza ed esperienza.
Ricevi anche i miei cordiali saluti ed auguri per una buona vita.