Le ultime settimane sono state ricche di avvenimenti di
vario tipo.
Il lavoro procede abbastanza bene, fra alti e bassi come
avviene normalmente. Sembra sempre che tutto fili liscio secondo i tuoi
programmi, ma ti dimentichi sempre che da qualche parte spunta il classico
sassolino che ti si infila nella scarpa o, peggio, ti si infila negli
ingranaggi. Sempre nello stile delle famosissime Leggi di Murphy.
Se negli anni passati era il settore ceramiche ad andare a
traino della tipografia, quest’anno che la ceramica sembra andare meglio, la
tipografia ha rallentato e quindi si continua a viaggiare con il freno a mano
tirato e con il fiato sospeso. Ma continuiamo a viaggiare.
Sono arrivati i “civilisti”. Termine gergale per indicare i
giovani che svolgono servizio civile, inviati dall’Italia nei paesi in via di
sviluppo. Il loro incarico dura un anno e il COE ne ha avuti in carico ben sei:
quattro ragazze e due ragazzi. Tutti ampiamente sotto i 30 anni, provengono da Piemonte, Lazio, Toscana, Lombardia, Marche e Puglia. Quello che arriva dalla Puglia è italiano a
tutti gli effetti, si chiama Adamà ed è nero, nato in Burkina Faso.
Oltre a questi sei, c’è un’altra ragazza, francese. Anche
lei svolge una specie di servizio civile per la Francia, ma il suo accordo è
diretto con il COE, è meno intermediato dal ministero (come avviene per i
civilisti italiani) e il suo servizio durerà due anni.
I sei italiani sono (erano) destinati a Yaoundè, Mbalmayo e
Garoua. A Garoua doveva (dovrebbe) andare anche Charlotte, la francese.
Come forse sapete, Garoua è diventata meta difficile e poco
prudente: l’ambasciata italiana aveva inviato a tutti gli italiani residenti
nel nord Cameroun un pressante invito ad allontanarsi dalle zone di confine,
abbandonare i villaggi e rientrare in Italia o, in alternativa, spostarsi nelle
grandi città. Tutto ciò poco prima del rapimento di due preti italiani e di una
suora canadese proprio nella zona di Garoua.
Naturalmente, i “civilisti” con destinazione Garoua sono
stati per ora parcheggiati da noi qui a Mbalmayo, in attesa che il Ministero
degli Esteri italiano dia il suo benestare a spostarsi in quella zona. Secondo
un mio personalissimo parere, non credo che questo benestare arriverà. E questo
anche secondo l’ambasciatore italiano che ha detto, letteralmente: “credo che
per qualche anno dobbiate dimenticarvi di quelle zone”. Il confine con la
Nigeria è molto esteso e la situazione nigeriana è tutt’altro che tranquilla,
soprattutto con i guerriglieri/banditi di Boko Haram che ogni tanto sconfinano
in Cameroun (a proposito e per chi non lo sapesse: Boko Haram, nella lingua di
quella etnia nigeriana, significa più o meno “l’educazione occidentale è
peccato”). Come sempre, le valutazioni di questi gruppi sono contrastanti. C’è
chi li definisce “liberatori” e chi “banditi”. Una cosa è certa: la Nigeria è
diventata una delle prime potenze economiche dell’Africa e le sue ricchezze e
materie prime fanno gola a molti gruppi di potere che molto spesso utilizzano
le religioni o il razzismo per i propri interessi.
Comunque: per ora a Mbalmayo ci sono le due “civiliste” già
destinate qui. Sono Elisa e Chiara e i loro compiti sono previsti all’interno
dei complessi scolastici. Poi ci sono gli altri due italiani, Valentina e
Nicola, già destinati a Garoua, dove avrebbero dovuto occuparsi delle Maison des
Jeunes (se volete saperne di più, andate a cercare fra i post del maggio
scorso); e Charlotte, anche lei destinata ad occuparsi delle Maison des Jeunes.
Ora vedremo se potranno fare qualcosa di simile qui o se arriverà il permesso
di spostarsi a Garoua, o se svolgeranno i loro compiti a distanza.
Vi ho accennato delle dichiarazioni dell’ambasciatore. Eh
sì, perché, come direttore del CAA, sono stato invitato, con gentile consorte,
a un cocktail a casa sua (insieme a un centinaio d’altre persone, tanto per non
montarmi la testa!) per la presentazione del IV rapporto di una speciale
Impresa Sociale che qui in Cameroun si chiama IMSOFER, ovvero IMpresa SOciale
FERrero. Già, proprio la Ferrero della Nutella e degli ovetti Kinder, che ha
aperto una fabbrica a Yaoundè nel 2007 e ora ne apre un’altra nella zona di
Douala, così come ha fatto in India e in Sudafrica. Qui in Cameroun utilizza i
prodotti locali, cacao, olio di palma, cocco, nocciole e frutta per fare
prodotti per il mercato locale. Non è quindi il classico caso di
delocalizzazione, ma proprio un nuovo mercato, con utilizzo delle materie prime
locali e la produzione di prodotti simili ai nostri, ma adattati ai gusti e
alle condizioni climatiche locali. Attualmente impiegano circa 250 dipendenti a
Yaoundè (80% donne) e altrettanti sono previsti a Douala e l’indotto dà lavoro
ad altre 5000 persone. Una parte degli utili viene accantonata e ogni tre anni
viene destinata ad opere sociali: finora una scuola in Sudafrica, un centro
d’accoglienza per bambini orfani in India, un reparto pediatrico in un ospedale
a Yaoundè. Certamente hanno anche il loro interesse, ma contemporaneamente
sviluppano l’economia locale.
Ed ecco spiegato il cocktail: bevande alcoliche e non,
accompagnate da prodotti Ferrero (e anche prodotti ottimi della cucina
dell’ambasciatore!), sacchettino regalo a tutti gli intervenuti contenente
ovetti Kinder (qui si chiamano Kinder Joy), Ferrero Rocher, Pocket Coffee, cioccolatini
al cocco, eccetera. E un bicchiere di Nutella riservato al direttore del CAA,
perché ha invitato il direttore generale della IMSOFER a fare un giro a vedere
le nostre ceramiche, che potrebbero essere validi contenitori per confezioni
regalo. Anch’io devo fare gli interessi della impresa sociale che per ora
dirigo. Chissà mai che un giorno possiate trovare la Nutella in un bicchiere di
ceramica camerunese!!!
I cantieri dei lavori di manutenzione straordinaria sono
chiusi! Evviva!!!
Alt. Ecco il sassolino. Anzi, è un macigno.
Nell’ultimo mese ha piovuto come non ho mai visto in vita
mia. Più o meno tutte le sere, un paio d’ore se non tutta la notte. A scrosci,
a cascate d’acqua, a torrenti per le strade. Non servono ombrelli o mantelle.
L’unico rimedio è un tetto e aspettare.
Ma l’acqua ha fatto crollare 25 metri di muro di cinta
appena rifatto.
Controllati i materiali e le tecniche utilizzate: è
risultato tutto ben fatto, ma l’acqua è stata veramente fuori misura anche
secondo gli standard locali e il risultato è che quel lavoro è tutto da rifare.
Anche l’imprenditore era decisamente contrariato (eufemismo, bisognerebbe
scriverlo con due zeta), perché per lui è comunque pubblicità molto negativa.
Ma sarà ancora lui a rifare il lavoro, partecipando in parte alle spese.
E per un mese si ricomincia.
Come è stato costruito.
In mezzo a tutto ciò, metteteci anche il rilascio, finalmente,
del permesso di soggiorno definitivo e la scoperta che su questo tesserino
plastificato risulto aver cambiato sesso (mi chiamo AngelA) e mi hanno
invecchiato di due anni, facendomi nascere nel 47. E quindi sballottamenti da
un ufficio all’altro, sempre a Yaoundè e sempre in giornate differenti, fino ad
avere la soluzione definitiva. Il rifacimento del tesserino? Nooo, scade l’anno
prossimo (ottobre 2015), non ne vale la pena! Dovrò viaggiare e spostarmi con
un foglio di carta, pieno di timbri e firme, che dichiara che la persona
indicata sul permesso di soggiorno, quella indicata sul passaporto e quella
indicata sulla patente di guida internazionale sono in effetti la stessa
persona. Un “documento di individualità”!
E allora, dopo tutto ciò, non ci meritavamo 4 giorni di
ferie?
Certo che sì! E infatti siamo andati al mare, a Kribi, dove
ero stato già un mesetto fa. Ma andarci per ferie e non per lavoro e
soprattutto andarci con Ica è stato certamente meglio.
Un bel po’ di foto le avete già viste, adesso ve ne aggiungo
ancora un po’.
Questa volta siamo riusciti anche a vedere un villaggio di
pigmei, ed è stato piuttosto imbarazzante per noi. Il villaggio è reale, con
capanne di paglia e fuochi e tronchi per sedersi. Ma l’impressione è stata
quella di andare allo zoo: i turisti che vanno a vedere gli ultimi selvaggi nel
loro habitat naturale. Selvaggi che si aspettano regali (riso, biscotti,
dolciumi, soldi), che intonano canti di ringraziamento, che si siedono in
gruppo per farsi fotografare. E qualche foto l’ho fatta, poi ho smesso perché
mi sentivo veramente in imbarazzo. Ecco ci sono le foto del villaggio nella
foresta, con capanne di paglia, nella migliore e abusata tradizione africana.
Con i bambini seminudi. Purtroppo nelle foto non si vedono, ma per terra
c’erano anche svariati sacchettini di plastica, naturalmente vuoti, contenitori
di gin e altri liquori. Perché comunque la loro vita è a metà: ancora nella
foresta, ma a stretto contatto con la “civiltà”. In una contrapposizione che
credo difficile da sopportare e da vivere e che forse cercano di combattere o
di annegare nell’alcol.
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L'arrivo al villaggio |
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La capanna |
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Altra capanna |
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Il mortaio per preparare l'olio di palma |
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La cottura dell'olio di palma |
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La popolazione del villaggio |
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I maschi del villaggio |
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I bambini |
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Giocano |
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O dormono |
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Cantano tutti assieme |
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Si gioca con niente |
Ma arrivare al villaggio è stato un viaggio piacevole: una
mezz’ora di piroga sul fiume Lobè, che poi sfocia nel mare di Kribi con le
cascate che vi ho già fatto vedere. A un certo punto, in mezzo al fiume, un
isolotto di una cinquantina di metri quadri, piuttosto piatto e con un paio di
alberelli. E’ l’isola di Yannick Noah. Ve lo ricordate? Un tennista piuttosto
famoso negli anni ’80, poi cantante. Noah è camerunese e ogni tanto torna qui,
se ne va sull’isola e ci resta tutto il giorno e la notte, da solo, a riposarsi
e meditare.
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Il nostro barcaiolo |
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L'isolotto di Yannick Noah |
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L'isolotto e un'altra piroga di turisti. Milanesi! |
E la permanenza a Kribi è stata altrettanto piacevole. Un
alberghetto senza pretese, con qualche intoppo tecnico (sciacquone non
funzionante, rubinetti intasati dalla sabbia e dal calcare, doccia che manda
acqua da tutte le parti tranne che dove vuoi tu), ma con aria condizionata,
vista sul mare, spiaggia quasi in camera, sciabordio delle onde a cullarti
durante la notte.
Tanto, fresco, buono, ben cucinato.
Siamo andati al mercato del pesce, dove arrivano le piroghe
appena tornate dalla pesca e dove, naturalmente, ti vendono pesci di tutte le
qualità e taglie, oltre a gamberi, aragoste e altre leccornie della stessa
razza.
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Il porto |
A fianco del mercato del pesce ci sono una ventina di box,
uno a fianco dell’altro, ciascuno con una cucina all’aperto e quattro/cinque
tavoli. Aperti e funzionanti da mattina a sera. Ordini quello che vuoi
(prodotti del mare, ovviamente) e te lo cucinano al momento.
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Ristorante e cucina |
La terza volta che ci siamo andati e oramai avevamo fatto
amicizia con cuoco e cuoca, quest’ultima ci ha accompagnati ai banchi vendita
del pesce e lì abbiamo scelto cosa farci cucinare: scelto, preso, portato in
cucina e messo sulla griglia. Un chilo e mezzo per due pesci: Ica ha optato per
una orata da 6 etti, io mi sono affidato all’esperienza della cuoca, che mi ha
consigliato un “dossu” (o qualcosa del genere). Era veramente ottimo. E tanto.
Così come sono stati ottimi i gamberi, presi in due altre occasioni: una sempre
al mercato del pesce e l’altra durante il tour in piroga e questa volta i
gamberi erano di fiume. La porzione standard è a peso o a numero: mezzo chilo o
60.
Solo per creare un po’ di sana invidia: in euro, un pranzo
di pesce o gamberi (nelle porzioni che vi ho detto prima), accompagnato da
birra, patate fritte e/o plantines fritte, viaggia fra i 6 e i 7 euro. Se si
vuole anche la frutta, ci sono gli ambulanti che passano fra i tavoli e vendono
banane e manghi: tre banane 200 franchi (35 centesimi); 2 manghi 100 franchi
(15 centesimi).
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Gamberi per due |
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La cuoca |
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Orata |
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Parte del "dossu" |
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Patatine e plantines |
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Gamberi e contorno |
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Barcaiolo e nell'occasione cuoco |
Naturalmente, essendo Pasqua, abbiamo seguito anche la funzione religiosa del sabato sera, presso la Cattedrale di Kribi. E' a fianco del porto dei pescatori ed è nello stile di un popolo di pescatori. La Messa del sabato sera è stata un po' fuori dalle nostre abitudini e non siamo riusciti a comprendere tutto, perchè le letture (ben nove!) sono state fatte in francese (una), in inglese (un'altra) e in dialetti locali (le altre sette). Inoltre c'erano anche i battesimi dei nuovi cristiani, una mezza dozzina di giovani. In pratica, la funzione è iniziata alle otto di sera ed è proseguita fino a mezzanotte.
E poi, purtroppo, il ritorno. Con tanti venditori, sulla
strada, di “viande de brousse”, cioè carne di foresta o selvaggina: serpenti,
porcospini, antilopi, pangolini e, questa volta, anche un coccodrillo. Non
abbiamo preso niente, sia perché non vogliamo alimentare questo tipo di
commercio, non solo illegale ma molto dannoso per l’ecosistema, sia perché non
abbiamo l’attrezzatura adatta per cucinare un coccodrillo! E neanche le
conoscenze per pulirlo o tirar via bene la pelle per farne scarpe o borsette!
Come al solito l'ho letto in un fiato. Foto che mi fanno sognare e spesso invidiare. Ica la trovo in forma smagliante, tu anche , ma basta perdere chili, ormai hai raggiunto il peso forma. Continuate a regalarci questi momemti così diversi dalla nostra quotidinità. Un abbraccio a tutti voi, Rosella.
RispondiEliminap.s. adesso che siete stati all'ambasciata non montatevi la testa!