E dopo tre giorni la luce fu!
Senza alcun intervento divino, forse.
Martedì scorso, nel pomeriggio, è andata via la corrente. Ve
l’ho già detto altre volte, ogni tanto succede. Restiamo senza corrente 5
minuti, o mezz’ora, a volte un’ora o due. Ma come l’anno scorso, questa volta
la corrente non torna. A sera si incominciano a prendere un po’ di informazioni
e la verità viene subito a galla: è bruciato un trasformatore e tutto il
quartiere è senza energia elettrica. Incominciano a balenare le ipotesi: forse
domani, forse giovedì; è venuta una squadra di tecnici da Yaoundè, aspettano il
trasformatore nuovo.
Comunque: tutto fermo.
Il nostro complesso ha un gruppo elettrogeno, abbastanza
vecchio. Fino a non molto tempo fa tutte le strutture del Centro erano
collegate al gruppo: l’ospedale, le scuole, la Casa e il Foyer, il CAA. Ma l’ospedale
è cresciuto e ha esigenze che hanno ovviamente la precedenza su tutte le altre
strutture. Se la potenza fornita dal gruppo è insufficiente a sostenere tutte
le attività, è naturale che la scelta fra alimentare una sala operatoria o i
forni delle ceramiche è scontata, non si
pone neanche il problema. Allo stesso modo, le scuole funzionano fino alle
16,30, possono utilizzare la luce del giorno. Certo non funzionano i computer,
ma nella norma un paio d’ore senza computer non creano grossi problemi. Nelle
scuole. Leggermente diverso se computer e stampanti ti servono per lavori di
tipografia: bisogna telefonare subito ai clienti e rimandare la consegna dei
lavori.
Ma ci sono anche riflessi economici interni su tutta la
faccenda: un gruppo elettrogeno ha un costo non indifferente: gasolio prima di
tutto. È un motore diesel, di grande potenza, con un consumo medio di un litro
di gasolio all’ora ogni 3 KW di potenza. Sono dati tecnici, lo so, ma tanto per darvi
un’idea, a noi del CAA servirebbe un gruppo da 20 KW, cioè un po’ più di sei
litri di gasolio all’ora. Utilizzate pure il prezzo del gasolio in Italia e
avrete un’idea di quanto costa un gruppo elettrogeno ogni ora di funzionamento
a pieno regime. In proporzione, qui da noi il gasolio è più caro. Altro costo
non indifferente è la manutenzione: come per le auto, quanto più è vecchio,
tanto più costa.
A livello di economia interna al Centro, non c’è un calcolo
preciso di quanta energia consuma ogni struttura quando viene utilizzato il
gruppo: si va in percentuale sul consumo medio di energia elettrica e il costo
totale del gruppo viene ripartito in quel modo.
A inizio anno, però, ho fatto una banale considerazione:
perché il CAA deve assumersi un costo percentuale di utilizzo del gruppo, se
può utilizzare soltanto la luce dei diversi ambienti, ma non può far funzionare
tutti i macchinari, computer compresi? Non mi sono attirato molte simpatie, ma
il CAA ha preso la decisione di staccarsi completamente dal gruppo e non
partecipare alla divisione dei costi. In seguito, la stessa decisione è stata
presa anche dalle scuole.
Da un po’ di tempo si sta ragionando sulla possibilità di
sostituire il vecchio gruppo con uno più performante, che consenta ancora di
fornire un servizio completo a tutte le strutture del centro, ma i costi sono
molto elevati: solo per il CAA, occorrerebbe un investimento di una ventina di
milioni di franchi, circa 30.000 Euro. Per un uso presumibile, totale, di una
ventina di giorni all’anno. Ovvio che si vada molto con i piedi di piombo.
A parte queste considerazioni tecnico-economiche, la
gestione della mancanza di corrente è abbastanza semplice: si fanno i lavori
che non hanno bisogno di corrente. I ceramisti non usano i torni, non usano i
forni, non usano le pistole a spruzzo per smaltare, ma possono modellare a
mano, possono incidere (a mano) l’argilla fresca, possono dipingere con colori
e pennelli. I grafici, beh qui è un po’ più difficile: possono pensare a nuovi
disegni e usare carta e matita; possono fare ordine nei loro archivi cartacei;
insomma, possono fare ben poco. Anche in tipografia il lavoro senza corrente è
scarso: assemblaggio di lavori già pronti, con graffatura manuale, controllo
delle scorte di materiale e quasi nient’altro.
E il direttore? Ah, lui è in una situazione di privilegio:
usa un computer portatile a batteria e quando è scarico si trasferisce alla
Casa che è collegata al gruppo e ricarica il PC, continuando a lavorare. Deve
ricordarsi di tenere sempre il computer carico, altrimenti quando torna a casa
si ritrova senza possibilità d’uso.
Anche a casa siamo senza corrente: il secondo giorno abbiamo
fatto il trasferimento delle nostre derrate alimentari dal freezer domestico a
quello della Casa. Dobbiamo ricordarci di mettere sotto carica le lampade a
ricarica, altrimenti siamo completamente al buio e dobbiamo vivere con le
candele: molto romantico, ma di una scomodità!
E, finalmente, giovedì sera abbiamo avuto l’informazione che
il nuovo trasformatore era arrivato: forse venerdì, più probabilmente sabato,
avremmo avuto ancora la luce.
Quando il gruppo elettrogeno funziona, si sente: è il rumore
di un motore diesel, quasi senza fono assorbenza. Si sente a qualche centinaio
di metri di distanza.
E venerdì pomeriggio, naturalmente a fine orario di lavoro,
il rumore è cessato. Un attimo di suspense: riprende o torna la luce? È tornata
la corrente, il guasto è stato riparato, ricomincia una vita normale!!!
Ma, istruiti da precedenti esperienze, prima proviamo le
luci: reggono e sono normali. Allora possiamo accendere anche i computer e le
altre macchine. Sì, perché in una occasione simile nel recente passato, una
volta avevano invertito le fasi e un’altra volta avevano mandato corrente a
380W anziché 220W.
Ok, stavolta tutto bene. Fiat lux et lux fux, pardon, fuit.
È la rappresentazione delle carenze di questo Paese:
infrastrutture carenti e carenza, anche, di buoni tecnici.
Un trasformatore bruciato ha comportato la richiesta di quel
trasformatore a Douala (quasi 300 km), il trasporto fino a Mbalmayo, più di
mezza giornata data la situazione di traffico e strade, l’invio di operai
specializzati da Yaoundè e qualche altra piccolezza. Avere una scorta in loco
per eventualità del genere comporta costi che anche le aziende private stentano
a sostenere e quindi i tempi si allungano.
Poi ci sono anche gli interessi privati e particolari che si
mettono di mezzo.
Qualche giorno fa al CAA ci siamo accorti che mancava
l’acqua. Questa è una situazione frequentissima: tutti i giorni l’acqua manca
per qualche ora o anche di più. Se non esce acqua dai rubinetti, non vai a
pensare che ci sia un guasto sul tuo impianto. Ci pensi solo quando qualcuno ti
informa che i tuoi tubi stanno allagando la strada. Ed è ciò che è successo a
noi. Siamo andati subito a controllare e abbiamo visto che c’era un tubo rotto,
ma a monte del nostro contatore: quindi non ci riguarda personalmente, ma
abbiamo immediatamente informato l’azienda di distribuzione, perché riparasse
il danno.
Dopo neanche tre ore sono arrivati due tecnici: il danno
c’era, si era persa molta acqua e noi dovevamo riparare il danno e rimborsare
la perdita.
Sono caduto dalle nuvole: se il danno è a monte, perché devo
pagare io?
Questo è il regolamento, il cliente è ritenuto responsabile,
deve informare immediatamente l’azienda di ogni “stranezza” nella fornitura
d’acqua, altrimenti i danni ricadono tutti su di lui.
“ma possiamo riparare subito il danno, senza considerare la
perdita d’acqua e vi portiamo il conto”
E qui ho incominciato ad avere qualche dubbio e ho chiesto
un preventivo del lavoro, rimandando la decisione a dopo pranzo.
Contentissimi, i due tecnici hanno assicurato la loro
presenza subito dopo pranzo e che avrebbero riparato immediatamente il danno.
Nel frattempo, sono andato a cercare il contratto e ho
verificato, come immaginavo, che quei danni erano a carico dell’azienda e nulla
doveva essere chiesto al cliente, a meno che il danno non fosse stato procurato
da lui stesso.
Quando i tecnici sono tornati, ho chiesto il famoso
preventivo, ma l’ho chiesto su carta intestata dell’azienda e ho detto che
avrei pagato ciò che c’era da pagare, soltanto a presentazione di una regolare
fattura dell’azienda distributrice.
Apriti cielo! Non erano questi gli accordi, lei spenderà
molto di più, abbiamo testimoni che il danno è stato procurato da voi, sono
stati i ragazzini delle scuole intanto che tagliavano l’erba con il machete
(che hanno scavato sottoterra per 60 cm e hanno spaccato un tubo!).
Alla fine, sono andato all’ufficio locale dell’azienda e,
devo dire a fatica, sono riuscito a far valere le mie ragioni: danno riparato a
spese dell’azienda, nessun addebito (dovrò verificare sulla prossima bolletta),
testimoni scomparsi.
E anche questo, secondo me, è un freno allo sviluppo: il
prevalere dell’interesse personale sull’interesse della collettività. Ed è
soltanto la collettività che può determinare il cambiamento, rifiutandosi di
soddisfare gli interessi personali. Difficile e a volte rischioso. Anch’io, in
questa occasione, ho avuto il consiglio di lasciar perdere, accettare la
riparazione fatta in proprio dai due tecnici, e avere l’acqua subito. Ma avrei
rafforzato un’abitudine non solo scorretta, ma anche illegale.
È il vecchio sistema: paga qualcosa per ottenere subito ciò
che ti serve. E quando sono in tanti a adottare questo sistema, la corruzione
aumenta. Perché la corruzione prevede sempre due soggetti: corruttore e
corrotto.
E sarà nato prima l’uovo o la gallina?
P.S.: - 44 giorni
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