Per noi, al CAA, è normale mettere assieme acqua e fuoco:
l’argilla fresca è piena d’acqua, poi si asciuga e con l’aiuto del fuoco (in
verità i forni sono elettrici, ma va bene lo stesso!) saltano fuori i nostri
oggetti artistici.
E, se si parla d’acqua, bisogna dire che siamo nella
stagione delle “piccole” piogge.
Uno si immagina che “piccola pioggia” sia la pioggerellina
autunnale. Invece qui il piccolo è riferito al fatto che questa stagione di
piogge è più breve dell’altra (grandi piogge) e le piogge hanno generalmente
durata breve e sono concentrate in una fase abbastanza delimitata della
giornata, normalmente il tardo pomeriggio. Per il resto della giornata, un gran
sole caldo!
Ma quando piove, piove davvero.
Si incominciano a sentire i tuoni in lontananza, e a vedere
i fulmini. Poi tutto si avvicina, compreso il vento. E infine, ecco il
temporale. Esagerato, forte, stimolato dal vento che fa arrivare l’acqua di
traverso, quasi parallela a terra. L’uso dell’ombrello è sconsigliato: si rompe.
Come ho già detto altre volte: bisogna armarsi di pazienza e aspettare che
finisca.
Domenica scorsa, prima di cena, gran temporale. Eravamo già
pronti a starcene a casa senza andare a cena al Centro. Ma il temporale è
durato poco e siamo usciti. Naturalmente, durante la cena ha ricominciato a
piovere, molto forte, di traverso. Abbiamo pazientato e aspettato una tregua
per affrettarci a casa, prima che rinforzasse di nuovo: i tuoni continuavano a
girare sulla testa.
E siamo arrivati a casa giusto in tempo: ha ricominciato con
tutte le forze.
Naturalmente, è mancata la corrente: accendi le pile per
accendere le candele e per scoprire che, durante la nostra assenza e con le
finestre semi aperte, gran parte della casa si era allagata: acqua per terra,
da poterla raccogliere con la paletta; acqua sul mobile della cucina, proprio
sotto una finestra; acqua sul letto, a un metro di distanza dalla finestra.
Devo dire che la pazienza incominciava a venir meno.
Raccogliere l’acqua, asciugare per terra, stendere i calzoni abbandonati sulla
poltrona, rifare il letto, tutto a lume di candela con il cane che, spaventato
dai tuoni, girava per casa (fradicio anche lui!), ti fa veramente perdere la
pazienza!
Quando, all’alba delle dieci e mezza, abbiamo finito di
mettere a posto tutto, è tornata anche la luce.
E qui comincia la parte riservata al fuoco.
La luce è tornata, ma non sembrava molto convinta.
Tremolava, un po’ si abbassava, poi si rialzava, alla fine ha preso finalmente
vigore e si è stabilizzata, anche troppo: brillava troppo, una lampadina da 75
watt sembrava illuminare il doppio del solito. Stacca tutti gli apparecchi
sensibili, prima che brucino! È già successo che rimandassero corrente a 380V,
anziché 220V.
Ed ecco che suona il mio telefono. Una telefonata alle dieci
e mezza di sera è del tutto anormale, come se a voi suonasse il telefono alle 2
di notte: o è un “burlone” o è una disgrazia.
Appunto, la seconda.
Magloire, il capo tipografo, mi dice trafelato che al CAA
c’è il fuoco.
Rivestiti in fretta e furia, infila un paio di scarpe che
forse poi butterai via, recupera un poncho impermeabile (mica aveva smesso di
piovere!), prendi la pila e assicurati di avere le chiavi in tasca. Corri al
CAA. Credo meno di cinque minuti (tantissimi!) per arrivare e vedere una sorta
di fuochi d’artificio, insieme a lingue di fuoco, alzarsi dall’angolo dove sono
situati i contatori della luce, cioè il punto di collegamento dell’impianto di
distribuzione con l’impianto del CAA.
Contemporaneamente arriva anche Magloire.
Il CAA è una costruzione a U, su due piani. Al piano
superiore ci sono l’atelier di ceramica, quello di grafica, il mio ufficio e
quelli dell’amministrazione.
Al piano inferiore su un lato della U c’è la tipografia,
sull’altro lato ci sono tre stanze, attualmente occupate dal nostro volontario
giapponese, Tsugu, e dall’altro volontario italiano, Angelo anche lui, arrivato
da poco.
Sul muro esterno della stanza occupata da Angelo erano
sistemati i contatori, all’estremità del lato della U.
La forte pioggia arrivata di traverso e probabilmente una
sovratensione arrivata dalla rete elettrica hanno generato un corto circuito e
acceso l’incendio.
E adesso, cosa si fa?
Le fiamme stanno minacciando la stanza di Angelo.
Non puoi certo usare acqua per spegnere incendi su cavi
elettrici scoperti.
Cerca della sabbia. Che naturalmente è fradicia. Cerca di
buttarla all’interno della cassa di metallo che protegge i contatori. E si
sviluppano altre enormi scintille. E il fuoco aumenta. E ormai mezzo soffitto
del portico è nero. E si è radunata un po’ di gente.
E nessuno che mi dice che in amministrazione ci sono due
estintori!!!
Ma vado in amministrazione per cercare le chiavi
dell’armadio dei contatori: se riusciamo ad aprirlo, sarà più facile
intervenire sulle fiamme che buttare la sabbia cercando di centrare le due
feritoie lasciate per la lettura.
E fortunatamente vedo gli estintori. Corri in basso, attiva
gli estintori (mai usato uno in vita mia!) e, finalmente, le fiamme cessano.
Merito degli estintori o del fatto che non c’era più nulla da bruciare? Forse
tutte e due le cose, però abbiamo evitato che le fiamme si propagassero alla
finestra in legno della stanza di Angelo, perché allora sarebbe stato molto
peggio.
Da quell’armadietto di metallo si vedeva, però, che sul
fondo qualcosa brillava ancora. Siamo riusciti finalmente a buttare dentro un
bel po’ di sabbia che questa volta, anche bagnata, ha soffocato qualsiasi altra
brace ancora viva.
E la nottata, finalmente, è finita. Sembrava tanto tempo, ma
alle 11 e mezza, dopo i commenti, le prime analisi, il “vedremo domani” e i
saluti, ero di nuovo a casa, con il poncho e i capelli bagnati, pieni di
polvere di estintore e di fuliggine.
Lunedì mattina si è trattato di valutare i danni e calcolare
le conseguenze.
I danni, quelli visibili, sono qui.
quello che resta dei due contatori
La domanda più importante era: perché?
Facile affibbiare tutta la colpa all’azienda elettrica. Ma,
da parte nostra, che responsabilità c’erano?
E altre domande: se l’azienda elettrica non è totalmente
affidabile, quali altri danni possono verificarsi?
Le nostre macchine, i forni, le stampanti, la rete
informatica che stiano realizzando, sono sufficientemente protette?
Dovesse bruciarsi, per un sovraccarico di tensione, un
forno, non avremmo risorse per sostituirlo.
Lo stesso vale per la stampante offset.
Quindi: aumentare i livelli di protezione, salvaguardare
macchine e posti di lavoro.
Innanzitutto, ripristinare la corrente chiedendo all’azienda
elettrica la sostituzione dei contatori.
Ripristinare il collegamento fra impianto e rete di
distribuzione.
Proteggere i contatori dalle intemperie.
Allontanarli quanto più possibile dall’edificio o almeno da
stanze abitate.
Aumentare le protezioni a monte di ogni macchina sensibile.
Martedì sera il lavoro è ricominciato: contatori nuovi,
allacciamento rifatto.
Mercoledì sera le protezioni dalle intemperie erano state
costruite: due muri a chiusura dei portici e su questi muri, naturalmente all’interno,
verranno posti i contatori e gli allacciamenti, ulteriormente protetti da
armadi.
Sdoppiamento della linea: una a servizio della ceramica, l’altra
a servizio di tipografia e grafica, per dimezzare il rischio che un incidente
blocchi tutto il CAA. Nel caso, almeno una delle due linee produttive potrà
continuare a lavorare.
Un regolatore di tensione a valle dei contatori.
Una miglior taratura degli interruttori a monte di ogni
macchina sensibile, che scattino in presenza di segnali di pericolo e
salvaguardino le macchine stesse.
Poi, ovviamente, ci sono anche gli aspetti marginali:
ricostruzione delle parti di muro cotte dall’incendio e ripitturazione.
Un primo preventivo parla di circa 2.500 euro, la maggior
parte dei quali per il regolatore di tensione.
In termini “europei”, sembra un impegno abbastanza limitato:
molto meno di un semplice pranzo di nozze!
In termini “camerunesi”, bisogna fare il rapporto con lo
stipendio medio di un impiegato del CAA, che si aggira intorno ai 150 euro al
mese (a detta di tutti, i nostri
stipendi sono nella fascia medio/alta!).
Per noi, quindi, l’impegno finanziario diventa pari alla
somma degli stipendi mensili di un’azienda con 17 dipendenti.
Se vi venisse qualche “strana” idea, qui trovate i
riferimenti per realizzarla: http://www.coeweb.org/index.php?txt=sostenere
Fate riferimento a “incendio Mbalmayo”.
Acqua e fuoco non possono averla vinta contro “strane” idee!
Grazie e a presto.
Urca leggo solo ora...mi spiace! dai che settimana prossima dovrei passare da Yaoundé...il regolatore che tu menzioni é uno stabilizzatore? io l'ho utilizzato sia in Madagascar (stesso problema) che in roulotte in montagna. Se ne prendete uno buono dovrebbe garantirvi un minimo di sicurezza in più. Courage!!
RispondiEliminaSì, è uno stabilizzatore. qui preferiamo chiamarlo regolarizzatore, perchè agisce su range di variabilità piuttosto elevati! A presto.
EliminaDio perdona sempre , l ' uomo qualche volta , la natura mai .Gio . Vediamo se mi viene un' idea strana ....
RispondiEliminaMa se la natura risponde a Dio, non dovrebbe crearsi un circolo virtuoso? O forse l'uomo, situato lì in mezzo, crea un "corto circuito" e rompe il circolo virtuoso?
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