Una settimana in Cameroun.
In una situazione nuova e diversa, più difficile della
precedente.
Per iniziare a comprendere le difficoltà, può essere
sufficiente dire che il viaggio di ritorno è iniziato con la sveglia alle 6 di sabato
9 dicembre ed è terminato alle 21,30 di domenica 10 dicembre.
Per carità, in mezzo ci sono anche i tempi morti, le attese
in aeroporto o in stazione, i pranzi.
Ma sono comunque quasi due giorni!
Ma, dove eravamo?
Nella Regione Sud del Cameroun, a 2°40’ dall’equatore, a
pochi chilometri dal confine con il Gabon, nel comune di Mvangan e per
ulteriore precisione nella “frazione” Bimengue del villaggio Knolnyeng II (c’è
anche un Knolnyeng I).
Per arrivare a Mvangan e quindi a Bimengue ci sono due
strade possibili:
- da Yaoundè a Sangmélima e poi a Mvangan, per un
totale di 229 km e un tempo (previsto da Google Maps) di 3h 48m.
- da Yaoundè a Ebolowa e poi a Mvangan, per un
totale di 248 km e un tempo (previsto da Google Maps) di 4h 4m.
I tempi calcolati da Google sono abbastanza affidabili,
anche se un po’ più ottimistici della realtà.
Ebolowa e Sangmélima sono i due centri più vicini e
attrezzati: sono capoluoghi di distretto, entrambi sedi di diocesi e
prefettura, parificabili a nostri capoluoghi di provincia. Solo in queste due
città è possibile trovare supermercati e forniture di materiali di ogni tipo.
Per andare a Ebolowa bisogna percorrere circa 90 km, quasi
tutti su strada sterrata che, spesso, diventa una classica pista e per la quale
bisogna prevedere un paio d’ore di tempo.
Per Sangmélima i km sono soltanto 60, anche questi in
maggioranza sterrati o di pista. Il tempo necessario è poco meno di un’ora e
mezza.
Mvangan, invece, è il piccolo “capoluogo” di zona,
consistente in un centinaio di case compresi parecchi bar e qualche negozio di
vestiti o di chincaglieria. Un mercatino quotidiano di generi alimentari
freschi, quasi esclusivamente frutta e verdura, che due volte a settimana
diventa più grande e ricco.
Percorsi, tempi e dotazioni delle differenti città obbligano
ad una organizzazione abbastanza approfondita, sia per la vita domestica che
per quella delle strutture quali ospedale o scuola. In pratica, è meglio non
rischiare di restare senza gas per cucinare!
Qui, a Bimengue, è arrivato negli anni ’70 un prete
italiano, Gianni Allevi, che ha cominciato a impiantare un dispensario medico.
Con continui miglioramenti, oggi quel dispensario è un ospedale che serve tutto
il circondario.
La particolarità è il fatto che, godendo dell’attività di
medici volontari italiani, soprattutto chirurghi, è l’unico ospedale fino a
Ebolowa o Sangmélima dove si possano effettuare interventi anche di discreta
importanza. Purtroppo soltanto durante la presenza dei chirurghi italiani.
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Padre Giovanni Allievi |
L’obbiettivo è quello di rendere l’attività dell’ospedale
stabile e continua, per 365 giorni all’anno, con presenza continua di un medico
e presenza saltuaria (per ora) del chirurgo. Migliorare la dotazione
strumentale dell’ospedale e la sua organizzazione. Giusto per farvi un esempio,
prima del nostro arrivo è stato effettuato un parto cesareo e soltanto durante
l’intervento si è potuta verificare la presenza di gemelli. La mancanza di un
ecografo impedisce di valutare in anticipo lo stato di puerpera e nascituro.
Ma c’è anche da migliorare l’attività scolastica: è presente
una scuola di primo grado, che è arrivata ad avere nel passato circa 400
studenti all’anno. Con la crisi e la
riduzione delle donazioni, e la cronica mancanza di fondi statali, la scuola
non riesce più a sostenere l’internato e quindi molti allievi non possono
sobbarcarsi quotidianamente i chilometri necessari per arrivare dalle proprie
case fino a scuola. Nelle stagioni delle piogge spostarsi in questa zona è
estremamente difficile, a volte impossibile. Possono essere necessarie ore per
percorrere pochi chilometri.
Padre Allievi, ad esempio, sapeva perfettamente che durante
il mese di ottobre (picco della grande stagione delle piogge) era meglio non
spostarsi assolutamente da Bimengue e organizzarsi di conseguenza.
Anche quei pochi volontari che ogni tanto vengono qui hanno
dovuto subire, a volte, l’esperienza di passare la notte in foresta, chiusi in
macchina, per l’impantanamento dell’auto e l’attesa di persone di passaggio che
potessero aiutare a rimetterla in pista.
Oltre alla difficoltà di spostamento, c’è anche la carenza
di infrastrutture.
Delle strade abbiamo già parlato. Anche durante le stagioni
secche gli spostamenti non sono comodi: strade in terra battuta che, durante le
piogge si riempiono di buche e solchi, che restano anche nella stagione secca e
rendono molto difficile il viaggio. Occorre preventivare medie di spostamento
di 35/40 kmh, quando la strada è “buona”.
Anche l’elettricità è carente. La multinazionale Eneo
(anglo/statunitense) che ha in gestione l’erogazione dell’energia elettrica in
tutto il Cameroun, non ha ancora elettrificato tutti i villaggi della zona.
Bimengue è raggiunta dalla rete elettrica, ma la manutenzione è molto scarsa ed
ogni guasto viene riparato in tempi medi di qualche mese. Quando siamo arrivati,
non c’era energia già da due mesi. E non si avevano notizie di tempi di
ripristino. Ospedale e casa sono dotati di gruppo elettrogeno e di impianto
fotovoltaico, realizzati secondo le disponibilità economiche e in parte
insufficienti a garantire l’autonomia energetica. Inoltre, per quanto riguarda
il gruppo elettrogeno, bisogna fare i conti con il costo del gasolio e con il
suo trasporto a Bimengue.
L’acquedotto, invece, manca del tutto e si sopperisce con
pozzi, creati grazie all’attività di padre Allievi e all’intervento di altre
iniziative di solidarietà. Anche l’acqua è gestita da una multinazionale
estera.
Molti di questi pozzi si spingono soltanto a 12/15 metri di
profondità e l’acqua è quindi molto poco pulita e sicura. L’utilizzo a scopo
alimentare di questo tipo di acqua aumenta i problemi sanitari. Inoltre, anche
i pozzi, come ogni altro strumento meccanico, possono guastarsi e dovrebbero
essere riparati. Ma la difficoltà di raggiungere la zona, unita alle difficoltà
economiche, rende difficili interventi tempestivi che vengono invece procrastinati
nel tempo.
Le attività che si prospettano sono quindi molto diversificate
e molto difficili da realizzare.
Esistono già progetti in parte finanziati e in parte da
finanziare, ma bisognerebbe fermarsi sul posto almeno per qualche mese per
capire tutte le esigenze e definirne priorità, tempi e risorse necessarie.
Risorse sia economiche che umane.
E, per la situazione che ho in parte descritto, le
eventuali risorse umane devono prevedere una buona dose di sacrifici e
adattamento.
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