domenica 19 gennaio 2014

Feste di lavoro

Quanto tempo dall’ultimo post! Era prima di Natale.
E che Natale strano e diverso. Anche tutto il periodo delle feste è stato strano e diverso. A casa (in Italia) stacchi completamente, almeno un paio di giorni: Natale e Santo Stefano prima, la sera dell’ultimo dell’anno e il primo gennaio poi. E poi arriva l’Epifania, che tutte le feste si porta via.
A casa (qui) non si riesce a staccare mai del tutto. C’è sempre qualcosa da fare. Anche se decidi di prenderti una giornata per portare Giovanni in capitale e fargli conoscere un pochino il paese dove viviamo, c’è sempre la richiesta: già che vai a Yaoundè, puoi comprarmi …..

E poi qui le feste sono completamente diverse. Santo Stefano non è inteso come un prolungamento naturale del Natale; per molti è un giorno di lavoro come tutti gli altri. I nostri cantieri erano aperti e gli operai lavoravano. E il “direttore lavori” ha dovuto fare il suo solito giro d’ispezione!
L’Epifania non esiste come festa. Nessuno sa cosa sia la Befana. È vero, ci sono le vacanze a scuola, che durano da 6 giorni prima di Natale a cinque/sei giorni dopo il primo dell’anno. Ma non sono vacanze collegate al Natale. È la chiusura del primo trimestre di scuola e quindi c’è un periodo di riposo. Lo stesso succede alla fine del secondo trimestre.
Cenoni di fine anno? Ma cosa sono? Feste per l’arrivo dell’anno nuovo? Certamente! Botti, fuochi d’artificio e simili? Non sanno neanche cosa siano. Il Natale è il 25 dicembre: qualcuno ha dei regali, molti altri no. La preparazione nei negozi incomincia solo una quindicina di giorni prima: si trova qualche addobbo in qualche supermercato, ma nulla di più. Il 31 sera si fa festa, per sperare in un anno nuovo migliore del precedente. Molti ne approfittano per una sbronza, altri perché è un’altra occasione per suonare e cantare. Il Primo è festa, ma non più di tanto. Se il Primo è un giovedì, non è previsto il “ponte” fino al lunedì successivo. Venerdì si lavora.
Comunque, il 27 siamo andati a Yaoundè, con Giovanni. E ci siamo andati per controllare se il nostro permesso di soggiorno definitivo era ormai pronto. Cioè: gita turistica e di lavoro. Il permesso provvisorio ce l’hanno rilasciato il 30 maggio 2013, con validità fino al 31 dicembre 2013. Entro quella data avrebbero dovuto darci il permesso definitivo. Definitivo si fa per dire: validità 2 anni. Eravamo già passati dallo stesso ufficio a ottobre (o era già novembre?) e in un paio di minuti ci avevano detto: “è presto, passate verso la fine dell’anno”. E così abbiamo fatto. Questa volta, due ore di attesa (con Giovanni) per poi avere un timbro che proroga la validità del provvisorio fino al 30 marzo 2014.
Un’attesa di due ore in questo ufficio (chiamiamolo così) caotico e disordinato: stanze dentro le stanze, sedie di attesa a fianco delle scrivanie degli impiegati (tutti militari della Gendarmerie): in un locale di cinque metri per cinque tre scrivanie e relative sedie per due addetti a scrivania; un armadio a muro, aperto, trasformato in cabina per fototessere, scaffali pieni di pratiche, due panche per i “visitatori” in attesa, pile di pratiche e registri sulle scrivanie e per terra, il ripiano di un altro armadio a muro con secchio dell’acqua e sapone per lavarsi le mani dopo aver rilasciato le impronte digitali.
Ma c’è anche una “sala d’attesa”: esterna, nel cortile di questo ufficio ministeriale che si occupa di immigrazione ed emigrazione, in pratica di import/export. All’aperto, in parte sotto una tettoia, alcune panche dove le persone si siedono e aspettano che venga chiamato il loro nome. Nello stesso posto c’erano anche due banchetti, ciascuno con una fotocopiatrice, per la riproduzione di documenti e permessi. Ma non erano impiegati dell’ufficio. Erano due privati che lì avevano trovato il loro business: pochi franchi e ti facevano la fotocopia che l’ufficio richiedeva. Molto comodo: non c’era necessità di uscire, andare a cercare un negozio di fotocopie e tornare indietro; perfetta espressione dello spirito commerciale: non aspettare che i clienti vengano da te, vai tu da loro.
E poi, bastava girare l’angolo del muro e, sempre all’interno di questo edificio ministeriale, due baracche in legno con qualche sedia e una cucina improvvisata: un piatto di riso, uova sode, panini con verdura, altro. Se l’attesa si prolunga, ecco i generi di conforto!
Beh, Giovanni si è fatto una chiara idea che se la burocrazia in Italia è un problema, qui è peggio, ma si possono anche fare affari.
Alla fine, dopo due ore e un timbro da dieci secondi, siamo finalmente usciti e siamo andati a mangiare su una terrazza ristorante sopra il supermercato dove dovevamo fare spesa.
Altra piacevole sorpresa: Ica e io c’eravamo già stati a luglio, per caso e insieme a Paolo e Chiara. Siamo tornati alla fine di dicembre e il proprietario ci ha accolti con grandi sorrisi e strette di mano, come fossimo clienti di tutti i giorni: ci ha consigliato il tavolo migliore (senza fatica, a quell’ora eravamo gli unici avventori), ha riacceso gli scaldavivande (è una specie di ristorante a buffet) e ci ha serviti con estrema cordialità. Ricordarsi di due persone viste una volta sola e dopo sei mesi! poi abbiamo capito: siamo bianchi!
Fatta la spesa, l’idea era quella di portare Giovanni a vedere qualcosa, ma ormai erano quasi le cinque, ora di punta nel traffico. E poi bisognava arrivare fino a Mbalmayo, solo 45 chilometri, ma meglio farli con la luce che col buio e il buio arriva, immancabile e puntuale, alle 18,30.
Quindi, rinvio a un altro giorno del giro turistico e via nel traffico. Avevo paura di essere stato eccessivo nei miei commenti sul traffico di Yaoundè, ma il commento di Giovanni mi ha rassicurato: “Napoli è un paradiso!”
Ho rubato qualche foto fatta da Giovanni: ha colto alcuni aspetti particolari che non avete mai visto.

A breve qualche racconto ancora delle nostre feste di lavoro.










7 commenti:

  1. Davvero spiritosi :D e che dire, è proprio un altro Paese!
    Per quanto riguarda le feste, forse anche noi dovremmo reimparare ad essere più "spartani", ad eccezione dei giorni che ci permettono di staccare da questa vita frenetica e dimenticare anche per poco di avere un orologio che corre inesorabilmente. Ma tantè, la nostra società è basata sul consumismo: si vive per consumare e non si consuma per vivere. Già abbiamo sentito i lamenti di questi mesi per il calo degli acquisti che rallentano la ripresa economica. C'era grande speranza per il periodo natalizio ed ora si spera nei saldi, peraltro anticipati... La gente comune non si può più permettere una piccola vacanza o un pranzo al ristorante.
    Certo, siamo come un cane che si morde la coda. Senza il lavoro o questa vita, non ci si può permettere tantissime cose, compresa una casa decente, il mezzo di trasporto, l'abbigliamento e tanti oggetti hi-tech.
    Osservando le foto (belle, Giovanni ha saputo cogliere certi aspetti davvero singolari e anacronistici) siamo sicuri che loro vorrebbero avere altrettanto, con tutto lo stress che comunque ciò comporta?
    Per noi sarebbe ormai impensabile avere quelle strade sterrate, il traffico caotico, gli ambulanti improvvisati sulla strada, il pesce trasportato senza l'ombra di un frigo (per quanto simpatico) e, a quanto sembra, incuranti tutti delle più elementari norme di igiene e sicurezza.
    Certo, molti di loro vorrebbero una possibilità che purtroppo il loro Paese non può dare e per questo cercano altrove. Sono però sempre felici di poter tornare nella loro terra con quel poco che hanno accumulato per una vita semplice, ma con qualche comodità in più. Come dar loro torto?


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  2. Che bello vedervi, anche se solo in fotografia, felici e sorridenti. Ci mancate e spero di riabbracciarvi presto.
    Noi tutto bene, i bimbi crescono e la nostra routine quotidiana continua. Il lavoro procede bene anche se non vi nascondo che lavorare con il pubblico sta diventando giorno dopo giorno sempre più difficile. Tra due settimane mi recherò nuovamente negli Usa per riunioni varie. E' un periodo in cui sono spesso a zonzo, mi pesa un po' perchè non vedo i miei cuccili per qualche giorno, ma allo stesso tempo mi piace. I bambini proseguono il loro percorso didattico, Sofia a Settembre inizierà ad andare a scuola e Leonardo inizierà l'asilo. Per Sofia tenteremo l'iscrizione alla Montessori, ma non sarà facile poichè ci sono 25 posti ed una richiesta di più di 200. Speriamo che l'estrazione ci sia favorevole! Ilaria per il momento è a casa, continua la sua collaborazione saltuaria nell'associazione Ostetriche che però le permette di portare a casa un piccolo "stipendio" aggiuntivo. Un grosso abbraccio da noi tutti. Paolo, Ilaria, Sofia e Leonardo

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  3. belle foto! e bel macello... non oso immaginare se ci fosse anche il traffico delle "compere di natale"

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  4. Mi scusi signore, sono un ragazzo nigeriano e vivo in Italia da tanti anni per studio, sono capitato per caso nel suo blog e lo sto leggendo incuriosito ma anche un po’ infastidito. Sa, finché lei vede un NOI e un LORO, un BIANCO e un NERO, un SUPERIORE e un INFERIORE, credo non riuscirà mai ad integrarsi. E nei supermercati non ci facciamo più tutte queste domande sui BIANCHI, ormai siamo abituati a vedervi. Magari la guardano per altri motivi. E ogni tanto leggo che chiama NERA la persona cha ha vicina (collega, moglie di, collaboratore, etc.), leggo un po’ di discriminazione, credo debba cambiare un po’ la sua prospettiva da “patron”. Stia un po’ più attento, perché io nel leggerla spesso mi sento offeso. Saluti, John Michael.

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  5. Le differenze tra lì e qui, parlando del Natale, sono davvero tante, soprattutto, credo, nel profondo sentire che informa di conseguenza le esteriorità. Sarebbe interessante poter leggere le impressioni, sullo stesso argomento, di un Camerounese (?) che si trovasse in Italia per un tempo significativamente lungo.
    Vorrei sottolineare che differenze non significa mai "meglio" o "peggio".
    Belle davvero le foto, soprattutto quella di voi tre!
    Giovanna

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  6. Grazie Angelo per lo spaccato di vita che ci offri. Ti leggo sempre con molta avidità perchè in questo modo mi sembra di essere un pochino fuori dal mio solito ambiente e immaginare quello che spesso avrei voluto fare e che per vari motivi non ho mai trovato il coraggio di fare. Belle le foto, ma volevo sapere i tuoi capelli che fine hanno fatto? buon proseguimento a te e a Ica. Rosella

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    1. I capelli di Angelo sono finiti sotto le grinfie di forbici poco abili! ;)
      Ma almeno così avrà il tempo di cercare da chi farseli fare la prossima volta...

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