giovedì 14 aprile 2016

Una vacanza da Re

Dopo la giornata del Presidente, ma soprattutto per ben accogliere Giorgio, che è venuto a trovarci per dieci giorni, abbiamo deciso di prenderci qualche giorno di ferie: da giovedì 31 marzo fino a lunedì 4 aprile.
Per stare un po’ con lui, senza gli impegni legati a lavoro e altro, e per fargli vedere un po’ di questo Paese, che continua a sorprendere noi e immagino abbia sorpreso anche lui.
Prima del suo arrivo e anche su una sua proposta, eravamo indecisi se trascorrere cinque giorni di totale riposo andando al mare o, al contrario, sobbarcarci trasferte un po’ più impegnative e culturali.

Alla fine, complice anche la stagione delle piogge, abbiamo deciso per la cultura: se piove, puoi sempre rifugiarti in un museo. Ma al mare, se piove ti resta soltanto il bar o il ristorante!
A parte questa marginale considerazione, Ica e io eravamo quasi sicuri che a Giorgio sarebbe piaciuto molto di più un giro “cultural-naturalistico”; e anche noi lo gradivamo molto di più.

Quindi: in viaggio verso l’Ovest per visitare qualche “chefferie”!
Che cosa è una chefferie?
Secondo Stefano Nori (autore di Guida Cameroun):
Le chefferies sono micro-stati precoloniali. La maggior parte delle chefferies del Camerun Occidentale furono costituite nel XVI secolo. Tutte sono organizzate intorno alla figura dello “chef”, la cui denominazione cambia a seconda della regione del paese: Fo, Mfon, Lamido o Mey. Nei regni musulmani, i regnanti portano spesso il titolo di sultano. Lo chef esercita funzioni politiche e spirituali, mediatore tra il mondo dei vivi e quello degli antenati. Il Capo è circondato e coadiuvato da una stretta gerarchia di grandi e fedeli servitori, di assistenti e società segrete. Il centro simbolico del potere si identifica nel palazzo. Le “chefferies” giocano ancora un ruolo fondamentale nella vita culturale del Camerun. Lo Stato centrale riconosce l’autorità morale degli “Chef” e la maggior parte dei camerunesi associa la chefferie ad un luogo d’identificazione e rifugio naturale della collettività.

Ancora oggi gli chef (Fon, Roi, Sultan, … ) hanno alcuni compiti che per noi (e anche per un certo numero di camerunesi) risultano anacronistici e in contrasto con principi di democrazia e uguaglianza. Lo stesso concetto di trasferimento del potere assoluto di padre in figlio (molto, molto raramente in "figlia") è quanto di meno democratico possa esserci. Eppure questa usanza vive ancora oggi, ormai da secoli.
Ascoltando ciò che dicevano le guide e leggendo qualcosa sulle chefferies, mi tornavano in mente quelle prime nozioni di storia del medioevo italiano relative al feudalesimo e alla gerarchia verticistica e piramidale che partiva dai servi della gleba per passare ai contadini liberi, ai soldati, ai valvassori, ai vassalli e arrivare infine al re, che accentrava tutto il potere in una sola persona. E ogni grado gerarchico riconosceva un tributo a quelli superiori. quindi chi era in cima assommava su di sè una parte dei tributi di tutta la piramide sottostante.
E non era una gerarchia politica/economica esclusivamente italiana, perché presente in quasi tutti i paesi europei e, più tardi, anche in Giappone con il sistema dello Shogun. 
Ancora oggi il sistema prevede (e pensate alle similitudini) chefferie di primo grado, che possono fregiarsi di questo titolo se controllano almeno due chefferie di secondo grado, che a loro volta sono tali se controllano un certo numero di chefferie di terzo grado.

Naturalmente, per tutti questi Re o Chef (e reucci o vice capi) era necessario dimostrare la propria importanza e il proprio potere: per incutere timore e rispetto. E allora, la costruzione del palazzo reale (la Chefferie) o della Casa del Villaggio, che assumeva il ruolo di sede del “Parlamento”, dove i nobili e i “saggi” si riunivano per prendere le decisioni riguardanti tutto il popolo, diventava l'ostentazione del potere, anche nei confronti dei "pari grado" vicini di territorio. Ma leggerete più avanti che non si è trattato soltanto di potere fine a se stesso, ma di qualcosa di molto più complesso. Qualcosa che in certi aspetti e particolari può anche generare un po' di rimpianto o di invidia.

Ecco spiegato, in parte, il titolo del post: Una vacanza da Re. Abbiamo fatto un giro verso le chefferie più note dell’Ovest Cameroun, imbattendoci anche in piacevoli sorprese.

Il viaggio per andare all’Ovest ve l’ho già raccontato quando siamo andati a Foumban (sede di una delle più importanti e note chefferie): da Mbalmayo a Yaoundé e a Bafoussam. Questa volta, grazie a san Google, vi faccio vedere anche la cartina. Sulla quale è indicato il chilometraggio e il tempo: da Yaoundé a Bafoussam sono 307 chilometri, per un tempo di 4 ore e 54 minuti.
Se non incontrate camion, posti di blocco, mercati, dossi e controdossi, le buche rimaste e se non vi viene fame, sete o non vi scappa la pipì. O se non volete fermarvi a fare quattro foto. Ecco, con questi optionals il tempo può anche allungarsi a 7/8 ore.

Il tragitto Yaoundé-Bafoussam
E già nell’avvicinamento a Ovest c’è stata la prima novità.
Dopo la sosta sul ponte della Sanaga (forse il fiume più importante del Cameroun, lungo quasi 1000 chilometri e, al ponte, largo almeno 600 metri) la strada diventava tutte buche, costringendo le auto a frequentissime gimcane per evitarle. Le hanno riparate!!! Non proprio tutte, ma quasi. Adesso ci sono le toppe, per cui non viaggi mai liscio, ma almeno puoi tenere il volante dritto.


Giorgio (e anche noi, per la seconda volta) osservava il cambiamento della natura circostante: dalla piena foresta equatoriale poco per volta si passa ad una vegetazione meno folta e più bassa che, quanto più vai verso ovest (e nord) diventa anche più rada.

Tappa obbligata a Makénéné, dove c’è sempre un ricchissimo mercato e dove ci si può fermare a mangiare qualcosa: street food, cioè spiedini alla brace, carne alla brace, pesce alla brace, verdure alla brace, pannocchie di mais alla brace. In pratica, brace in tutte le varianti!
Puoi essere sicuro dell’igiene: il fuoco sterilizza. E’ quando il cibo esce dal fuoco che possono cominciare i dubbi: non ci sono piatti, eccetto che per il pesce. Ma non soffermatevi a guardare come vengono lavati dopo l'uso. Il resto viene servito su carta: fogli di giornale, pagine di quaderno (usate), fatture inservibili. Poi vai a cercarti le bevande, guardando prima se il negozio possiede un frigorifero. Per noi, infatti, acqua e soprattutto birra a temperatura ambiente non sono molto gradevoli. E anche quando chiedi una birra ben ghiacciata, è soltanto fresca e in cinque minuti si adegua alla temperatura circostante.
È una cosa che mi ha sempre lasciato perplesso: i camerunesi, nella generalità, non amano le bevande fredde; ma se hanno l’aria condizionata, è difficile che superino i 17/18 gradi.

Boutiques e posti di ristoro si susseguono su entrambi i lati per quasi mezzo chilometro
La frutta: ananas, arance, cocco, angurie


Anche plantines e prunes si fanno alla griglia
Quasi tutti i macellai sono musulmani
Carne di bue, di zebù, di pollo, trippa. Assente il maiale.
Dopo la sosta, abbiamo proseguito per Bafoussam, fermandoci però a Bantou dove, sulla strada, si vedeva la tipica costruzione di accesso ad una chefferie.
Entrati, abbiamo rigorosamente posteggiato appena oltre il portone, aspettando che il guardiano andasse a informare dell’arrivo di visitatori/turisti.
Siamo stati accolti dalla moglie dello Chef, che si è dichiarata spiacente di non poterci fa vedere nulla, perché il marito era fuori e senza il suo permesso non era possibile accedere ad alcun locale o spazio (l'importanza dello chef!). Qualche foto degli esterni e poi, ripresa la strada, deviazione verso Bafang, che sarebbe stata la nostra prima tappa, e ricerca dell’albergo per la notte.

I muri delle chefferies sono sempre decorati.
Quei disegni blu e bianchi sono tipici dell'Ovest
La moglie del capo ci comunica l'impossibilità della visita
Il complesso abitativo
Giorgio, il fotografo con strumento professionale
Sua mamma, fotografa con strumento hobbistico 
L'ingresso, anzi in questo caso l'uscita.
Le lamiere hanno sostituito le coperture in paglia, da sostituire ogni due anni.
C'è anche un'altra strada, più lunga di soli 80 km ma due ore in più.
Da evitare l'aereo, perchè non si sa mai a che ora si parte davvero.
Se mai doveste venire a fare un viaggio qui, dovete prima decidere se amate il rumore e il chiasso, o se preferite la quiete. In quest’ultimo caso, cercate un albergo periferico, meglio se fuori città. In città, grande o piccola che sia, bar e negozi attirano la clientela a suon di musica. E devono contrastare, in volume, la musica del vicino. E i camerunesi adorano far tardi la notte, naturalmente in compagnia della musica e dei canti, a massimo volume.
Abbiamo trovato il nostro albergo: pulito, ordinato, con camere dignitose. Anche negli alberghi, però, ci sono sempre alcune contraddizioni.
Fuori dal bagno ci sono quasi sempre delle ciabatte infradito, per permettervi di fare la doccia in tutta tranquillità, senza bagnare dappertutto. Difficilmente c’è la tenda della doccia e, a volte, non c’è neanche l’acqua. E allora, a cosa servono ‘ste benedette ciabatte? Soprattutto (e questo è molto frequente) è difficilissimo trovare un appendino qualsiasi, dove attaccare i vestiti. Anche gli armadi sono dotati di ripiani, ma quasi mai di grucce. Ho esaminato attentamente le pareti di molte stanze d’albergo, alla spasmodica ricerca di un chiodo!
Ma siamo stati bene ugualmente. Ica, come d’abitudine, ha contrattato sul prezzo delle due camere, ottenendo un discreto sconto.
Tutto si contratta, anche le multe sulla strada!

Hotel Dubai. Il nome evoca alberghi di lusso di quel paese. E c’era anche il desiderio di apparire allo stesso livello: copriletti arabescati in colore fosforescente e in finta seta cinese, con copri cuscini a forma di cuore. E nei bagni, sanitari a forma di conchiglia, con fregi dorati sui bordi. È l’ennesima conferma: lo stile prevalente è il barocco/kitsch, dove l’apparenza è ancora molto importante, spesso più della sostanza.

Servizio navette, per i turisti che arrivano all'aeroporto di Bafoussam.
Appunto!
Immancabili i secchi, per la scorta di acqua
Cena discreta in una trattoria vicina, a buon prezzo e buona qualità, ma con birra semi calda.
Programma per domani: colazione nella stessa trattoria e poi ricerca della cascata di Ekom Kam, a una ventina di chilometri (soltanto 2 o 3 su pista!). La cascata è forse la più bella di tutto il Cameroun: è quella dove sono state girate le scene di uno dei tanti film su Tarzan, Greystocke.

3 commenti:

  1. Se c è un seguito , lo aspetto ! Beato Giorgio che si è goduto tutto di persona !
    Giovanna sorella

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  2. Risposte
    1. Devi aver fatto una fatica a fare tutti quei chilometri!!!!

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