domenica 22 giugno 2014

Pensieri di un anno

La prima volta che abbiamo messo piede in Cameroun è stato un po’ più di un anno fa, per la precisione il 17 aprile.
E ho cominciato a scrivere questo blog. Un po’ per raccontare ad amici e parenti ciò che succede qui, per tranquillizzare i più ansiosi, per condividere la nostra esperienza. E un po’ per ricordare, mettendo nero su bianco emozioni e impressioni.
Un anno in Cameroun. È vero, ci sono stati un paio di intervalli. Il primo è durato giugno e luglio del 2013, quando siamo tornati a casa per comunicare al COE che avevamo preso la decisione di tornare e fermarci, preparare la nostra partenza, sistemare e chiudere casa per tre anni. Il secondo a ottobre, per accogliere Nina, la nostra super-nipotina.
Ma sono stati degli intervalli. Siamo in Cameroun da metà aprile 2013 e ora è giugno 2014.
Cosa è successo nel frattempo?

sabato 7 giugno 2014

GRAZIE!!!!!

GRAZIE!!!!

Nel linguaggio delle comunicazioni internet scrivere in maiuscolo equivale a urlare. Non è educato.
Ma se l’urlo è di gioia, allora credo che sia permesso.
Un po’ di tempo fa, all’inizio di maggio, vi ho scritto una mail chiedendo aiuto.
E l’aiuto sta arrivando!!!!
Immagino già le vostre domande: quanto? Chi? E chi no?
E’ arrivato più di un euro, ma meno di un milione.
Avete contribuito tutti: chi praticamente, chi con la vicinanza, chi diffondendo il messaggio.
E noi, qui, abbiamo imparato ancora.
Abbiamo imparato che la solidarietà esiste ancora. Nonostante la crisi, nonostante i sacrifici, nonostante le polemiche, nonostante le tasse, nonostante la politica, nonostante la differente fede religiosa, nonostante il differente tifo calcistico, nonostante tutto.
Abbiamo imparato che la solidarietà si diffonde in silenzio, senza pubblicità, senza clamore. In apparenza è sopraffatta dalla violenza, dalla volgarità, dall'astio. Ma esiste, è diffusa, ha radici profonde, è duratura. E chi la applica lo fa, appunto, in silenzio, senza richiedere attestati di partecipazione. Ed è più duratura e resistente.

Abbiamo imparato cosa vuol dire vivere senza acqua. Per carità! È un “senza acqua” relativo, rispetto a chi è veramente senz’acqua.
Ma è diventata molto più comprensibile la fatica quotidiana di prendere i secchi, riempirli con la pompa a mano dalla cisterna di acqua piovana, portarseli in camera per gli utilizzi quotidiani. E magari fare il viaggio 3 o 4 volte per farsi una doccia. E lavare la biancheria a mano, senza ricordarsi (o aver mai saputo!) quale deve essere la giusta quantità di sapone per fare meno fatica a risciacquare, ma ottenendo la giusta pulizia.
E per noi è stato relativamente facile: cisterna a quattro passi da casa, una rampa di scale ed è tutto finito. E poi si sapeva che era un’emergenza: pochi giorni, o poche settimane, e tutto sarebbe tornato normale. Certo, c’era anche il “fastidio” di andare a comprare l’acqua minerale, ma potevamo farlo!
E chi non può farlo? E chi la pompa ce l’ha a qualche centinaio di metri di distanza? E chi sa che non è un’emergenza, ma la normalità di tutti i giorni e forse di tutta la vita?
Non si crea problemi: questa è vita. E sono contenti perché hanno il pozzo vicino, mentre prima era più lontano.
E tornano in mente le foto di “angoli caratteristici della vecchia Milano”: il Vico dei Lavandai. È più chiaro adesso, un po’ meno folcloristico, molto meno romantico. I famosi lavatoi sul naviglio, dove le donne portavano i cesti di panni sporchi e, in ginocchio, li lavavano a mano, utilizzando appunto l’acqua del naviglio. E, alla fine, se li riportavano a casa: inzuppati d’acqua e pesanti tre volte più che all’andata! Due o tre volte a settimana. Romantico? Facciamolo noi oggi e poi vediamo se è davvero romantico.
Qui si vedono abitualmente, sui fiumi, donne e ragazze che lavano inginocchiate sul greto del fiume. Anche nel nostro internato gli studenti (anche i maschi) dedicano il sabato alle pulizie: della casa, dei loro spazi e dei loro vestiti e lenzuola. Nonostante ci sia una lavatrice semi industriale. Gli studenti, qui, vanno a scuola in divisa: e la divisa deve essere in ordine e pulita tutte le mattine. 
Ma fate lavorare i ragazzi e i bambini? 
Certo che sì, nell'ambito della pulizia personale e domestica! E la pulizia domestica comprende anche la cura degli spazi esterni. È la normale educazione e formazione alla vita che devono e dovranno fare tutti i giorni. Per comprendere molte cose, bisogna partire da un dato di fatto: non esiste, ancora, un obbligo di scolarità minima e non esiste, ancora, un limite di età minima per il lavoro. Esiste un fortissimo spirito di famiglia, al cui interno tutti hanno il loro ruolo e il loro compito, anche i più piccoli. Ed esiste la consapevolezza che il lavoro è fatica: meglio allenarsi fin da subito.

Partendo dalla mancanza d’acqua siamo andati lontano, ma bastano due occhi sani, un grammo di cervello e due di cuore per fare certe associazioni di idee.
Devo fare una correzione a quello che ho detto prima: ho sempre parlato al plurale, ma io e Ica non abbiamo subito gli stessi disagi di tutti gli altri: un pochino sì, ma avendo la nostra casa, non abbiamo mai avuto problemi di acqua (e abbiamo prestato la nostra lavatrice agli altri volontari).
Ma la pompa adesso c’è! l’acqua è tornata in tutta la casa, si può bere, si può lavare, ci si può fare la doccia senza contare i bicchieri d’acqua che si consumano. E abbiamo festeggiato: brindisi con pura acqua (filtrata!) di pozzo e tiramisù (o quasi).

Anche le auto sono state riparate. Quella con i danni maggiori è ancora in attesa del radiatore nuovo: i pezzi di ricambio originali sono difficili da trovare. Per ora c’è una riparazione che ci permette di usare la macchina, con prudenza e attenzione, intanto che il meccanico cerca il radiatore nuovo.

La ricostruzione del muro procede ed è già a buon punto. Adesso sono fermi per due o tre giorni: il caposquadra, che è anche l’imprenditore, mi ha chiesto il permesso di interrompere i lavori durante il fine settimana, perché ha un attacco di malaria e non riesce a lavorare. Si è scusato, ma è certo di riprendere il lavoro lunedì, al massimo martedì. Non faccio commenti: pensateci voi.
Scottati dall'acqua calda, poi si ha paura anche dell’acqua fredda. Questa volta il muro non ha soltanto i contrafforti come prima, ma anche delle “chiavi” che lo ancorano al terreno. Oltre, naturalmente, a un canale di scolo delle acque piovane. E delle fondamenta un po’ più profonde dei 60 cm originari. Con il sistema delle “chiavi” è come se fosse stato fatto un muro dello spessore di un paio di metri!
Quando ho proposto di riaffidare il lavoro allo stesso imprenditore, appurato che il crollo non era imputabile a sua negligenza, avevo anche detto che il lavoro sarebbe stato migliore, per la volontà di dimostrare la sua capacità. Qualcuno si è messo a ridere, dandomi dell’illuso.
È bello avere ancora delle illusioni, soprattutto quando si realizzano.

Qualcuno mi ha detto: “ma sì, manda una mail. Qualcosa arriverà. Sempre meglio che niente.”
Ma in questo caso non erano illusioni, amicizia e fiducia non sono illusioni.


GRAZIE!!!!



La prima costruzione





Il crollo






La ricostruzione

Preparazione del canale di scolo delle acque piovane

La "chiave"

Ancora la "chiave"

 Il rinforzo dello scarico acqua


L'elevazione del muro. Si vedono i "barbacane" per far scorrere l'acqua