domenica 20 marzo 2016

Prima, durante e dopo.

È arrivato, si è fermato poco più di un’ora ed è ripartito.

Sto parlando del nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Detto così, sembra una cosa semplice e veloce: quasi il tempo di salutarsi e bere un caffè, poi la vita riprende come prima.

Non è stato così semplice.

È un capo di stato estero in visita ufficiale in Cameroun, quindi ci sono protocolli da rispettare e, naturalmente, precauzioni e regole di sicurezza.
Cioè, i servizi di protocollo di entrambi i Paesi devono conoscere, minuto per minuto, cosa succederà e quali ruoli le persone dovranno svolgere.
Ma i servizi di protocollo di entrambi i Paesi devono anche sentire e, nei limiti del possibile soddisfare, le esigenze e i desideri dei rispettivi cittadini. Soprattutto le esigenze e le aspettative dei "notabili", che rappresentano la città, il territorio, la nazione.  Oltre alle normali ambizioni di tali cittadini di partecipare in prima persona, per quanto possibile, a questo importante avvenimento.

Tutto è andato bene, i tempi sono stati rispettati, nel limite del ragionevole; è stata una grande festa.

Però è anche vero che ci sono stati momenti di imbarazzo e momenti anche di tensione fra i diversi appartenenti alla nostra associazione, probabilmente determinati da differenti visioni di questa visita.

Per i volontari e i collaboratori italiani e anche per quegli italiani che hanno scelto di vivere definitivamente qui, creandosi una famiglia, era l’occasione di stringersi, anche soltanto per 5 minuti, intorno al massimo rappresentante dell’Italia lontana; una conferma di essere italiani; un sentimento che probabilmente è più facile sentire quando sei lontano. Ed è anche più forte.

Il Presidente viene a trovarti! Allora contiamo qualcosa, allora non siamo qui da soli, allora c’è qualcuno che si informa di ciò che facciamo o cerchiamo di fare. E i difetti dell’Italia scolorano. Non sono eliminati, non vengono nascosti, non sono immediatamente risolti con un colpo di bacchetta magica. Da lontano, è più facile affiancarli ai pregi dell’Italia, alle tante cose che vanno bene, alle altrettante che, pur ancora negative, sono un pochino migliorate rispetto al recente passato. È più facile avere una visione totale e quindi non limitarsi soltanto al negativo. E puoi anche fare confronti con la vita che vivi qui e scoprire che , certo, ci sono difetti e magagne in Italia, ma in alcuni posti è anche peggio!!
Ancora di più se, attorno a te, vedi i tuoi amici o soltanto conoscenti che, in modi diversi, esprimono apprezzamento per l’Italia. E anche un po’ di invidia.

Per i camerunesi, che non possono provare gli stessi sentimenti nostri per il nostro Presidente, è forse più l’occasione di far vedere che anche loro esistono, che sono bravi, che possono dimostrare il loro valore, che sono in grado di intrattenere rapporti amichevoli, di affari e di cultura con un Paese del ricco occidente. Anzi, per alcuni aspetti vogliono dimostrare non solo di poter essere considerati alla pari, ma di essere anche migliori. Vogliono una certificazione e un riconoscimento.

In poche parole: noi italiani volevamo avere l’occasione di salutare e stringere la mano al rappresentante dell’Italia; gli amici camerunesi volevano fare bella figura.
E credo che entrambe le aspettative siano lecite.

Questa doppia interpretazione è stata presente anche nei colloqui/confronti fra i due protocolli, italiano e camerunese: 
  • la visita è una visita semi-privata, molto semplice e con pochi interventi istituzionali (Italia);
  • saranno presenti tutte le autorità locali, civili e religiose, e tutte devono prendere la parola (Cameroun);
  • il Presidente non ama lo sfarzo e le personalizzazioni: una sedia uguale a quella di tutti gli altri presenti (Italia);
  • per il Presidente una poltrona particolare, con fregi dorati (Cameroun);
  • sono sufficienti le bandiere nazionali e quella europea dietro alla sedia del Presidente (Italia);
  • i bambini e ragazzi schierati all’arrivo del Presidente avranno le bandierine italiane e camerunesi (Cameroun);
  • il Presidente arriva direttamente in macchina a pochi metri dal posto a lui assegnato, senza intervento del picchetto d’onore militare (Italia);
  • il Presidente arriva all’ingresso del Centro e, fra due ali di militari schierati, percorre su passatoia rossa lo spazio di un centinaio di metri fino alla poltrona a lui assegnata, con picchetto militare che rende gli onori (Cameroun);
  • il Presidente e il suo staff non bevono e non mangiano nulla, al massimo acqua fresca (Italia);
  • bisogna predisporre bibite fresche alcoliche e non alcoliche, succhi di frutta, stuzzichini; i bicchieri per Presidente e accompagnatori “speciali” devono essere differenti da quelli di tutti gli altri (Cameroun);
  • e così via, in un tira e molla diplomatico che aveva, ovviamente, riflessi pratici sull'organizzazione e ottiche differenti: rispetto delle richieste di chi viene in visita o rispetto di chi vuole accogliere il visitatore con tutti gli onori?

Il “pre-visita” è stato importante per Mbalmayo: la prima visita di un capo di stato estero in tutta la storia di Mbalmayo! Strade rifatte, case ripulite e ripitturate, maggior ordine nelle diverse e variegate boutiques, eliminazione di alcune baracche sorte ai lati delle strade per vendere qualsiasi cosa.
Fin dal confine del Dipartimento, sulla strada che da Yaoundé porta a Mbalmayo, c’erano i segni di questa visita: una ventina di pali bianchi ficcati sul ciglio della strada, da entrambi i lati, per esporre le bandiere, alternate, italiana e camerunese. Anche a Yaoundé un proliferare di striscioni e manifesti di benvenuto a Mattarella, in francese e in italiano.
E in città, sul percorso che l’auto (il corteo) presidenziale avrebbe fatto per arrivare da noi, bandiere e striscioni. Folla in festa e bandierine sventolate.


Da parte nostra, del nostro centro, una risistemata a giardini e siepi, una ripulitura dei muri, l’organizzazione di una mostra artistica, con quadri e sculture di artisti ormai noti, ex studenti o insegnanti presso il nostro Istituto di Formazione Artistica, la preparazione della visita fin nei minimi particolari.

















È stato un lavoro complicato, ricco di decisioni e contro-decisioni, di proposte accolte e proposte bocciate, di soddisfazioni e delusioni.
E sempre, come un’ombra onnipresente, la sicurezza.
Non quella che forse siamo abituati a “non vedere” in occasioni simili nel nostro paese.
Soldati in assetto di guerra, sentinelle ad ogni nostro cancello, esibizione di pass.



Il giorno prima della visita, una ventina di soldati hanno percorso tutta la cinta esterna del nostro centro, fermandosi ad ogni casa, chiedendo chi fossero gli abitanti, se nei giorni precedenti vi fossero stati visitatori estranei,  in alcuni casi entrando a fare perquisizioni. Questa mattina, ad ora antelucana, militari hanno perquisito il foyer (il dormitorio delle ragazze dell’internato e dei volontari), entrando nelle diverse stanze e sollecitando gli occupanti ad uscirne non più tardi delle 7,30 e a non rimettervi piede se non dopo la partenza del Presidente. Primo piano vietato a tutti e pianterreno accessibile soltanto ai possessori di regolare badge.
Direi che, quanto più si avvicinava il momento della visita, tanto più ci sembrava di essere diventati prigionieri in casa nostra.
A volte è stato necessario essere decisi: questa porta non deve essere chiusa! Ci serve come punto di appoggio per l’organizzazione! Ma la sicurezza … La sicurezza può mettere due soldati qui davanti e se vuole anche tre. Ma la porta resta aperta e noi dobbiamo poterci muovere secondo le nostre necessità.
Ci siamo riusciti.

In termini di sicurezza, possiamo fare anche un salto a ieri, venerdì 18 marzo.
A sera, per le 18, c’era un appuntamento in Ambasciata a Yaoundé per tutti gli italiani residenti (temporaneamente o definitivamente) in Cameroun, per un saluto del e al Presidente e un cocktail.
A occhio e croce c’erano circa trecento persone. Una serata piacevole, un saluto caloroso del Presidente e un incontro con persone conosciute o sconosciute che, comunque, parlavano italiano!
Arrivare all’Ambasciata non è stato facile: il Presidente alloggia all’Hilton Hotel, sulla strada principale di Yaoundé, un asse importante per la circolazione. Naturalmente totalmente bloccato all’accesso, con il traffico deviato sulle strade parallele, più intasate del solito. Finchè ci è venuto in mente che l’invito dell’Ambasciata poteva tornare utile: è diventato un pass per entrare nella zona proibita e raggiungere in breve tempo l’Ambasciata. Circondata da camionette dell’esercito, della polizia stradale e della gendarmerie (simili ai nostri Carabinieri).
È stato quando l’incontro era ormai concluso che sono cominciati i problemi: siamo usciti e ci siamo diretti alle macchine. Per scoprire che non potevamo partire: prima doveva partire il corteo presidenziale e soltanto dopo avrebbero lasciato muovere anche noi. Ci siamo armati di pazienza (non puoi fare altrimenti, quando te lo chiedono con il mitra imbracciato!) e abbiamo aspettato, ma ci hanno invitato ad aspettare in macchina, non in piedi sulla strada!!!


E poi ci sono gli aspetti più “normali”, ma non meno importanti.
La preparazione della documentazione, da rilasciare agli ospiti e ai tanti giornalisti. I testi, da controllare e correggere; le stampe; la scoperta che, nonostante i controlli, una stampa presenta gravi errori ed è totalmente da rifare.
La preparazione dei regali: per il Presidente e per sua figlia e per il vice ministro degli esteri, che ha la delega alla Cooperazione.
Fra i regali, anzi i primi fra questi, degli oggetti in ceramica, realizzati espressamente da noi del CAA. E quando arriva il momento della cottura finale delle ceramiche, le interruzioni di corrente, che proseguono anche quando gli oggetti sono già nel forno: un’interruzione di corrente in questo momento rischia di vanificare tutto il lavoro fatto: come quando ti manca il gas quando la pizza è in forno.

Il piatto realizzato per il Presidente (42 cm)

I particolari che nessuno conosce: questi oggetti vanno imballati in maniera adeguata. In un paese dove non esistono scatolifici, dove è più facile trovare scatole di cartone di “seconda mano” che scatole nuove. E se poi le cerchi di particolari misure, puoi star certo che non ci sono. E allora le devi costruire, con pazienza, riducendo alle giuste misure cartoni già utilizzati per altro. E che, quindi, devi anche provvedere a rivestire di carta adeguata, per nascondere le scritte precedenti, i graffi, i pezzi di scotch, le inevitabili rotture. Fatto anche questo e venuto anche bene. Tanto bene che dimentichi anche di fare delle foto a futura memoria.

E la preparazione dei “generi di conforto”: bibite e magari qualcosa da sgranocchiare. Ma con particolari attenzioni: per il Presidente, il suo staff e i suoi accompagnatori, soltanto acqua o succhi di frutta naturali (da preparare partendo dalla frutta fresca: e provate voi a farlo ipotizzando che debbano servire per una cinquantina di persone).
Mentre, per altri invitati, coca cola, birra, bevande varie, stuzzichini, olive eccetera.
Ma in quanti saranno a bere? Soltanto una cinquantina o tre volte tanto? Abbiamo bicchieri a sufficienza? Forse sì, ma non tutti uguali. E le caraffe per i succhi? Mancano anche quelle.
In pratica, la normale preparazione di un evento di questo tipo. Con la sola differenza che qui non si trova tutto a portata di mano, molto te lo devi costruire o lo compri per l’occasione, sapendo che un’occasione così non capiterà un’altra volta. E con l’altra differenza che comunque hai anche un normale lavoro quotidiano da svolgere: o resta indietro uno o resta indietro l’altro.

L'attesa dell'arrivo
 La passatoia
Non si deve calpestare la passatoia 
 Scolari in attesa: le bandierine sono ancora ammainate
Ultimi accordi

E il “durante”? Come si è svolto?
Ci sono i link a due video dell’evento e potete vedere/sentire l’arrivo, l’intervento del Presidente e la sua visita al centro.
Ci sono anche un po’ di foto.
Non credo siano necessari altri commenti.
Tutto si è svolto bene, non proprio secondo quanto era stato previsto, ma nel complesso si sono rispettati gli argomenti più importanti. Forse le tante personalità presenti hanno messo un po’ in secondo piano i volontari e i civilisti italiani, ma per il COE il risultato è comunque ottimo.

La consegna dei fiori
 Nessun risparmio nelle strette di mano

La consegna di diplomi agli studenti più meritevoli


Anche sentire cantare l’inno di Mameli da una quindicina di ragazzi neri, fra i quali anche una ragazza bianca, ma francese, procura una certa emozione. Soprattutto se lo cantano bene, con la giusta intonazione, i giusti ritmi e una pronuncia correttissima. Merito delle tante prove fatte: andare a casa, la sera dopo cena, e sentire questi ragazzi che provavano: la musica, le singole parole, le strofe intere. Le interruzioni, la voce del capo coro che in francese evidenziava gli errori e le correzioni da fare, la ripresa e di nuovo interruzioni, correzioni e via così.
E certamente un po’ di impressione io l’ho ricevuta anche da un centinaio di ragazzini, ospiti del nostro centro, tutti in maglietta neroazzurra dell’Inter. Perché COE e CSI (Centro Sportivo Italiano) hanno creato il CSC (Centre Sportive Camerunais) e insieme al COE e alla Comunità di Sant’Egidio l’Inter ha creato l’Inter Campus di Mbalmayo.
(forse non vinciamo tante Coppe dei Campioni o Champions League, ma l’Inter la sua coppa del mondo la vince tutti gli anni in molti paesi del cosiddetto terzo mondo)




E gli Chef tradizionali di Mbalmayo, cioè i Capi dei villaggi, come vuole tradizione in abiti da cerimonia, che nominano Mattarella Capo Onorario e gli consegnano il Bastone del Comando (lo scettro) e il trono da Re, con una cerimonia collettiva di “intronizzazione”.




Gli interventi di saluto e presentazione del sindaco di Mbalmayo, del vescovo e del vice presidente COE, Prashant Cattaneo.
Infine, l’intervento di Mattarella, centrato sulla cooperazione, sul volontariato, sullo scambio delle culture e sulla valorizzazione dei giovani attraverso arte e cultura.



E la visita alla mostra organizzata nell'apposita sala di IFA, con l'inaugurazione della targa ricordo della visita e il successivo incontro con il personale dell'ospedale.
Infine, i saluti ai volontari italiani e ai membri camerunesi del COE in Cameroun, con la consegna dei doni al Presidente.












E dopo? Cosa succederà? Cosa resterà? Quali saranno i riflessi pratici di questa visita?
Certamente per un po’ di tempo resteranno le migliorie fatte per accogliere il nostro Presidente; certamente per molto più tempo resterà il ricordo dell’evento; certamente il COE avrà maggior notorietà in Cameroun e in Italia.
Anche il movimento volontario avrà riflessi positivi e potrà contare su un rinnovato interesse e maggiori adesioni.
E quindi, nonostante difficoltà, incomprensioni, malintesi, impegni e sacrifici da parte di tutti, un risultato molto positivo.

Grazie della visita, signor Presidente.

sabato 5 marzo 2016

Arrivi eccellenti

Finalmente si può dire!
Il prossimo 19 marzo avremo una visita eccellente.
Sono in corso i preparativi, ogni settimana e anche più volte alla settimana ci sono riunioni per definire programmi, attività, incontri, invitati, documentazione, eccetera.
Siamo tutti elettrizzati e impazienti.
Chi arriva?
Sergio Mattarella.
Sì, proprio lui, il nostro Presidente della Repubblica.
In visita ufficiale in Cameroun, farà una visita anche al nostro Centro di Mbalmayo.
Come riconoscimento dell’attività che il COE svolge in Africa ormai da quasi 50 anni.
Come omaggio simbolico all’attività di tutti i volontari italiani in ogni parte del mondo.
Come incitamento a proseguire in questa attività di volontariato.
Come certificazione che “aiutiamoli nel loro paese” non può e non deve essere soltanto un modo di dire per liberarsi la coscienza, nascondendo altre più egoistiche pulsioni.

Almeno, io ci vedo queste motivazioni.

Ma, al di là delle motivazioni reali o presunte, la visita del Presidente della Repubblica d’Italia è un evento eccezionale e come tale provoca reazioni eccezionali.

Anche i camerunesi del nostro quartiere sono felicissimi dell’arrivo. Parteciperanno alla festa? No. Stringeranno la mano al Presidente? No. Saranno liberi di circolare in quella giornata? No.
E allora, che cosa hanno da essere felicissimi?
Rifanno 5 chilometri di strade!!!
La decisione è stata presa la settimana scorsa e in due giorni si sono visti i tecnici prendere misure e scattare foto e i primi mezzi a scavare, spostare terra, spianare le strade. I 5 chilometri devono essere rifatti in poco più di dieci giorni.

Un po’ di logistica.
Il nostro Centro è all’interno di un vasto terreno, al quale si accede attraverso una strada di un centinaio di metri che si diparte da una strada di quartiere più grande e di passaggio. In pratica, dal nostro Centro si percorrono quei cento metri e poi si può scegliere se andare a destra o a sinistra: a destra è la strada più breve per andare in centro città e verso Yaoundé; a sinistra è la direzione per uscire da Mbalmayo verso la foresta.
Ormai da quasi un anno il percorso obbligato era verso sinistra, perché la strada a destra era ormai impraticabile: neanche le moto si arrischiavano più a farla.
Ma anche la direzione a sinistra stava diventando sempre peggio: un paio di chilometri, forse meno, durante i quali anche i pick-up a ruote alte difficilmente riuscivano a inserire la seconda marcia.
Ieri, dopo i primi lavori di preparazione, ho addirittura inserito la terza!
E ti chiedi: ma se è stato sufficiente un giorno di lavoro per ottenere questo risultato, perché non l’hanno fatto prima? Domanda senza risposta.
Naturalmente hanno incominciato a lavorare anche a destra: le strade per arrivare al Centro, come ho detto, sono due. Non puoi rimetterne a posto soltanto una, perché se poi, per un motivo qualsiasi, ti serve anche la seconda, che figura fai?
E quindi questa mattina, visto che dovevo andare in centro, mi sono trovato con la strada sbarrata: alla fine dei fatidici cento metri i lavori erano in corso. Non potevo andare né a destra, né a sinistra. Ma avevo qualche speranza che, in un paio d’ore, un passaggio ci sarebbe stato.
Quasi fossi un pensionato, mi sono messo a guardare i lavori. Camion che portavano terra e un’enorme ruspa, a ruote snodabili, che la distribuiva su tutta la carreggiata, provvedendo nello stesso tempo, con il proprio peso, a compattarla. Due ragazzi seguivano la ruspa e, a mano, levavano rami o radici che erano stati scaricati con la terra.
Nella direzione di destra, un camion era fermo in mezzo alla strada, con il ribaltabile sollevato e un grosso mucchio di terra appena scaricato. Fermo, immobile, senza conducente. In panne e in attesa (forse oggi, forse domani, forse lunedì) del meccanico per la riparazione.
Per fortuna, di fianco al camion restava uno spazio, ristretto ma appena sufficiente, per lasciar passare un’auto. Con molta attenzione, sfiorando con il fianco il camion e dall’altra parte sfiorando il canale di scolo. 5 cm più a destra e ti rifacevi la fiancata; 5 cm più a sinistra e finivi nel fosso.
Poi, alla fine della strada, il solito nastro bianco e rosso a impedire il passaggio per “lavori in corso”. Ma ci vedono, siamo bianchi, siamo italiani, abitiamo lì: abbiamo il permesso di passare.
Disagi, senza dubbio. Ma la certezza, ormai, che fra due settimane riavremo delle strade buone e percorribili senza problemi.

Poi ci sono i problemi veri.
È un capo di stato estero, tutti vogliono fare bella figura, ma ci sono anche ovvi e naturali problemi di sicurezza. Due strade, perché non può essercene soltanto una: sarebbe una “trappola”.
Ci saranno molte vetture: dove si mettono? E allora bisogna predisporre un parcheggio di emergenza e un accesso adeguato.
Quante persone ci saranno?
Il Presidente e il suo staff, l’Ambasciatrice e qualcuno del suo ufficio, le troupe giornalistiche italiane, qualche autorità camerunese e le troupe giornalistiche del Cameroun. Naturalmente i servizi di sicurezza, italiani e camerunesi. Oltre a noi, ovviamente. Sarà senza dubbio una folla.
Tappeti rossi e moquette: dove? Per quali percorsi? Per ossequiosità? In piccola parte sì. Ma per identificare un percorso e tenerlo sotto costante controllo.
E la disposizione fisica delle persone, secondo ruolo e importanza.
E i tempi!
Importantissimi. Chi deve parlare deve limitare i tempi, tutto deve svolgersi calcolando minuti e forse secondi.
Non soltanto per rispettare il tempo totale che il Presidente ci può concedere, ma anche per ragioni di sicurezza.
Quindi:
chi parla e per quanto tempo;
chi si muove e come si muove;
quali percorsi verranno fatti;
chi sono i presenti: nomi, cognomi e curriculum vitae.
Nei prossimi giorni verranno fatte anche delle simulazioni: tutti i protagonisti e i partecipanti dovranno sapere quale sarà il loro posto, che cosa potranno/dovranno fare e che cosa non potranno/non dovranno fare.
Anche tutti gli studenti delle nostre scuole: circa 700 fra bambini, bambine, ragazzi e ragazze fra i 5 e i 20 anni.

Sabato 19 marzo sarà una giornata importante. In Africa, dove vige ancora la tradizione orale, che identifica i tempi in funzione degli avvenimenti, il 19 marzo 2016 diventerà “il giorno della visita del Presidente italiano” e tutto il resto sarà avvenuto prima o dopo, finchè un altro avvenimento, più importante o più significativo o forse soltanto più recente, prenderà il posto di questo.

E questo è il primo arrivo eccellente.
Poi ce ne sarà un altro, senza folla, senza misure di sicurezza, importante soltanto per due/tre persone, senza tappeti rossi, senza bandiere e inni. Almeno esteriormente.
Per due persone però con la stessa e anzi maggiore importanza (non ce ne voglia il Presidente!). Due persone che aspettano con impazienza e trepidazione il 29 marzo, quasi con la stessa impazienza di quarant’anni fa, quando è nato.
Il 29 marzo arriva Giorgio.

Abbiamo iniziato questa esperienza con la visita di Giovanni; la terminiamo con la visita di Giorgio.
In pratica, anche questa esperienza è stata un affare di famiglia.