È arrivato, si è fermato poco più di un’ora ed è ripartito.
Sto parlando del nostro Presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella.
Detto così, sembra una cosa semplice e veloce: quasi il
tempo di salutarsi e bere un caffè, poi la vita riprende come prima.
Non è stato così semplice.
È un capo di stato estero in visita ufficiale in Cameroun,
quindi ci sono protocolli da rispettare e, naturalmente, precauzioni e regole
di sicurezza.
Cioè, i servizi di protocollo di entrambi i Paesi devono
conoscere, minuto per minuto, cosa succederà e quali ruoli le persone dovranno
svolgere.
Ma i servizi di protocollo di entrambi i Paesi devono anche
sentire e, nei limiti del possibile soddisfare, le esigenze e i desideri dei
rispettivi cittadini. Soprattutto le esigenze e le aspettative dei "notabili", che rappresentano la città, il territorio, la nazione. Oltre alle normali ambizioni di tali cittadini di
partecipare in prima persona, per quanto possibile, a questo importante
avvenimento.
Tutto è andato bene, i tempi sono stati rispettati, nel
limite del ragionevole; è stata una grande festa.
Però è anche vero che ci sono stati momenti di imbarazzo e
momenti anche di tensione fra i diversi appartenenti alla nostra associazione,
probabilmente determinati da differenti visioni di questa visita.
Per i volontari e i collaboratori italiani e anche per quegli
italiani che hanno scelto di vivere definitivamente qui, creandosi una
famiglia, era l’occasione di stringersi, anche soltanto per 5 minuti, intorno
al massimo rappresentante dell’Italia lontana; una conferma di essere italiani;
un sentimento che probabilmente è più facile sentire quando sei lontano. Ed è
anche più forte.
Il Presidente viene a trovarti! Allora contiamo qualcosa,
allora non siamo qui da soli, allora c’è qualcuno che si informa di ciò che
facciamo o cerchiamo di fare. E i difetti dell’Italia scolorano. Non sono
eliminati, non vengono nascosti, non sono immediatamente risolti con un colpo
di bacchetta magica. Da lontano, è più facile affiancarli ai pregi dell’Italia,
alle tante cose che vanno bene, alle altrettante che, pur ancora negative, sono
un pochino migliorate rispetto al recente passato. È più facile avere una
visione totale e quindi non limitarsi soltanto al negativo. E puoi anche fare confronti con la vita che vivi qui e scoprire che , certo, ci sono difetti e magagne in Italia, ma in alcuni posti è anche peggio!!
Ancora di più se, attorno a te, vedi i tuoi amici o soltanto
conoscenti che, in modi diversi, esprimono apprezzamento per l’Italia. E anche
un po’ di invidia.
Per i camerunesi, che non possono provare gli stessi
sentimenti nostri per il nostro Presidente, è forse più l’occasione di far
vedere che anche loro esistono, che sono bravi, che possono dimostrare il loro
valore, che sono in grado di intrattenere rapporti amichevoli, di affari e di
cultura con un Paese del ricco occidente. Anzi, per alcuni aspetti vogliono
dimostrare non solo di poter essere considerati alla pari, ma di essere anche
migliori. Vogliono una certificazione e un riconoscimento.
In poche parole: noi italiani volevamo avere l’occasione di
salutare e stringere la mano al rappresentante dell’Italia; gli amici
camerunesi volevano fare bella figura.
E credo che entrambe le aspettative siano lecite.
Questa doppia interpretazione è stata presente anche nei
colloqui/confronti fra i due protocolli, italiano e camerunese:
- la visita è una visita semi-privata, molto semplice e con pochi interventi istituzionali (Italia);
- saranno presenti tutte le autorità locali, civili e religiose, e tutte devono prendere la parola (Cameroun);
- il Presidente non ama lo sfarzo e le personalizzazioni: una sedia uguale a quella di tutti gli altri presenti (Italia);
- per il Presidente una poltrona particolare, con fregi dorati (Cameroun);
- sono sufficienti le bandiere nazionali e quella europea dietro alla sedia del Presidente (Italia);
- i bambini e ragazzi schierati all’arrivo del Presidente avranno le bandierine italiane e camerunesi (Cameroun);
- il Presidente arriva direttamente in macchina a pochi metri dal posto a lui assegnato, senza intervento del picchetto d’onore militare (Italia);
- il Presidente arriva all’ingresso del Centro e, fra due ali di militari schierati, percorre su passatoia rossa lo spazio di un centinaio di metri fino alla poltrona a lui assegnata, con picchetto militare che rende gli onori (Cameroun);
- il Presidente e il suo staff non bevono e non mangiano nulla, al massimo acqua fresca (Italia);
- bisogna predisporre bibite fresche alcoliche e non alcoliche, succhi di frutta, stuzzichini; i bicchieri per Presidente e accompagnatori “speciali” devono essere differenti da quelli di tutti gli altri (Cameroun);
- e così via, in un tira e molla diplomatico che aveva, ovviamente, riflessi pratici sull'organizzazione e ottiche differenti: rispetto delle richieste di chi viene in visita o rispetto di chi vuole accogliere il visitatore con tutti gli onori?
Il “pre-visita” è stato importante per Mbalmayo: la prima
visita di un capo di stato estero in tutta la storia di Mbalmayo! Strade
rifatte, case ripulite e ripitturate, maggior ordine nelle diverse e variegate
boutiques, eliminazione di alcune baracche sorte ai lati delle strade per
vendere qualsiasi cosa.
Fin dal confine del Dipartimento, sulla strada che da
Yaoundé porta a Mbalmayo, c’erano i segni di questa visita: una ventina di pali
bianchi ficcati sul ciglio della strada, da entrambi i lati, per esporre le
bandiere, alternate, italiana e camerunese. Anche a Yaoundé un proliferare di
striscioni e manifesti di benvenuto a Mattarella, in francese e in italiano.
E in città, sul percorso che l’auto (il corteo) presidenziale avrebbe
fatto per arrivare da noi, bandiere e striscioni. Folla in festa e bandierine
sventolate.
Da parte nostra, del nostro centro, una risistemata a giardini e siepi, una ripulitura dei muri, l’organizzazione di una mostra artistica, con quadri e sculture di artisti ormai noti, ex studenti o insegnanti presso il nostro Istituto di Formazione Artistica, la preparazione della visita fin nei minimi particolari.
È stato un lavoro complicato, ricco di decisioni e contro-decisioni,
di proposte accolte e proposte bocciate, di soddisfazioni e delusioni.
E sempre, come un’ombra onnipresente, la sicurezza.
Non quella che forse siamo abituati a “non vedere” in
occasioni simili nel nostro paese.
Soldati in assetto di guerra, sentinelle ad ogni nostro
cancello, esibizione di pass.
Il giorno prima della visita, una ventina di soldati hanno
percorso tutta la cinta esterna del nostro centro, fermandosi ad ogni casa,
chiedendo chi fossero gli abitanti, se nei giorni precedenti vi fossero stati
visitatori estranei, in alcuni casi
entrando a fare perquisizioni. Questa mattina, ad ora antelucana, militari
hanno perquisito il foyer (il dormitorio delle ragazze dell’internato e dei
volontari), entrando nelle diverse stanze e sollecitando gli occupanti ad
uscirne non più tardi delle 7,30 e a non rimettervi piede se non dopo la
partenza del Presidente. Primo piano vietato a tutti e pianterreno accessibile
soltanto ai possessori di regolare badge.
Direi che, quanto più si avvicinava il momento della visita,
tanto più ci sembrava di essere diventati prigionieri in casa nostra.
A volte è stato necessario essere decisi: questa porta non
deve essere chiusa! Ci serve come punto di appoggio per l’organizzazione! Ma la
sicurezza … La sicurezza può mettere due soldati qui davanti e se vuole anche
tre. Ma la porta resta aperta e noi dobbiamo poterci muovere secondo le nostre
necessità.
Ci siamo riusciti.
In termini di sicurezza, possiamo fare anche un salto a
ieri, venerdì 18 marzo.
A sera, per le 18, c’era un appuntamento in Ambasciata a
Yaoundé per tutti gli italiani residenti (temporaneamente o definitivamente) in
Cameroun, per un saluto del e al Presidente e un cocktail.
A occhio e croce c’erano circa trecento persone. Una serata
piacevole, un saluto caloroso del Presidente e un incontro con persone
conosciute o sconosciute che, comunque, parlavano italiano!
Arrivare all’Ambasciata non è stato facile: il Presidente
alloggia all’Hilton Hotel, sulla strada principale di Yaoundé, un asse
importante per la circolazione. Naturalmente totalmente bloccato all’accesso,
con il traffico deviato sulle strade parallele, più intasate del solito. Finchè
ci è venuto in mente che l’invito dell’Ambasciata poteva tornare utile: è
diventato un pass per entrare nella zona proibita e raggiungere in breve tempo
l’Ambasciata. Circondata da camionette dell’esercito, della polizia stradale e
della gendarmerie (simili ai nostri Carabinieri).
È stato quando l’incontro era ormai concluso che sono
cominciati i problemi: siamo usciti e ci siamo diretti alle macchine. Per
scoprire che non potevamo partire: prima doveva partire il corteo presidenziale
e soltanto dopo avrebbero lasciato muovere anche noi. Ci siamo armati di
pazienza (non puoi fare altrimenti, quando te lo chiedono con il mitra
imbracciato!) e abbiamo aspettato, ma ci hanno invitato ad aspettare in
macchina, non in piedi sulla strada!!!
E poi ci sono gli aspetti più “normali”, ma non meno
importanti.
La preparazione della documentazione, da rilasciare agli
ospiti e ai tanti giornalisti. I testi, da controllare e correggere; le stampe;
la scoperta che, nonostante i controlli, una stampa presenta gravi errori ed è
totalmente da rifare.
La preparazione dei regali: per il Presidente e per sua
figlia e per il vice ministro degli esteri, che ha la delega alla Cooperazione.
Fra i regali, anzi i primi fra questi, degli oggetti in
ceramica, realizzati espressamente da noi del CAA. E quando arriva il momento
della cottura finale delle ceramiche, le interruzioni di corrente, che
proseguono anche quando gli oggetti sono già nel forno: un’interruzione di
corrente in questo momento rischia di vanificare tutto il lavoro fatto: come
quando ti manca il gas quando la pizza è in forno.
Il piatto realizzato per il Presidente (42 cm)
I particolari che nessuno conosce: questi oggetti vanno
imballati in maniera adeguata. In un paese dove non esistono scatolifici, dove
è più facile trovare scatole di cartone di “seconda mano” che scatole nuove. E
se poi le cerchi di particolari misure, puoi star certo che non ci sono. E
allora le devi costruire, con pazienza, riducendo alle giuste misure cartoni
già utilizzati per altro. E che, quindi, devi anche provvedere a rivestire di
carta adeguata, per nascondere le scritte precedenti, i graffi, i pezzi di
scotch, le inevitabili rotture. Fatto anche questo e venuto anche bene. Tanto
bene che dimentichi anche di fare delle foto a futura memoria.
E la preparazione dei “generi di conforto”: bibite e magari
qualcosa da sgranocchiare. Ma con particolari attenzioni: per il Presidente, il
suo staff e i suoi accompagnatori, soltanto acqua o succhi di frutta naturali
(da preparare partendo dalla frutta fresca: e provate voi a farlo ipotizzando
che debbano servire per una cinquantina di persone).
Mentre, per altri invitati, coca cola, birra, bevande varie,
stuzzichini, olive eccetera.
Ma in quanti saranno a bere? Soltanto una cinquantina o tre
volte tanto? Abbiamo bicchieri a sufficienza? Forse sì, ma non tutti uguali. E
le caraffe per i succhi? Mancano anche quelle.
In pratica, la normale preparazione di un evento di questo
tipo. Con la sola differenza che qui non si trova tutto a portata di mano,
molto te lo devi costruire o lo compri per l’occasione, sapendo che
un’occasione così non capiterà un’altra volta. E con l’altra differenza che
comunque hai anche un normale lavoro quotidiano da svolgere: o resta indietro
uno o resta indietro l’altro.
L'attesa dell'arrivo
La passatoia
Non si deve calpestare la passatoia
Scolari in attesa: le bandierine sono ancora ammainate
E il “durante”? Come si è svolto?
Ci sono i link a due video dell’evento e potete
vedere/sentire l’arrivo, l’intervento del Presidente e la sua visita al centro.
Ci sono anche un po’ di foto.
Non credo siano necessari altri commenti.
Tutto si è svolto bene, non proprio secondo quanto era stato
previsto, ma nel complesso si sono rispettati gli argomenti più importanti.
Forse le tante personalità presenti hanno messo un po’ in secondo piano i
volontari e i civilisti italiani, ma per il COE il risultato è comunque ottimo.
La consegna dei fiori
Nessun risparmio nelle strette di mano
Anche sentire cantare l’inno di Mameli da una quindicina di
ragazzi neri, fra i quali anche una ragazza bianca, ma francese, procura una
certa emozione. Soprattutto se lo cantano bene, con la giusta intonazione, i
giusti ritmi e una pronuncia correttissima. Merito delle tante prove fatte:
andare a casa, la sera dopo cena, e sentire questi ragazzi che provavano: la
musica, le singole parole, le strofe intere. Le interruzioni, la voce del capo
coro che in francese evidenziava gli errori e le correzioni da fare, la ripresa
e di nuovo interruzioni, correzioni e via così.
E certamente un po’ di impressione io l’ho ricevuta anche da
un centinaio di ragazzini, ospiti del nostro centro, tutti in maglietta
neroazzurra dell’Inter. Perché COE e CSI (Centro Sportivo Italiano) hanno
creato il CSC (Centre Sportive Camerunais) e insieme al COE e alla Comunità di
Sant’Egidio l’Inter ha creato l’Inter Campus di Mbalmayo.
(forse non vinciamo tante Coppe dei Campioni o Champions
League, ma l’Inter la sua coppa del mondo la vince tutti gli anni in molti
paesi del cosiddetto terzo mondo)
E gli Chef tradizionali di Mbalmayo, cioè i Capi dei
villaggi, come vuole tradizione in abiti da cerimonia, che nominano Mattarella
Capo Onorario e gli consegnano il Bastone del Comando (lo scettro) e il trono
da Re, con una cerimonia collettiva di “intronizzazione”.
Gli interventi di saluto e presentazione del sindaco di
Mbalmayo, del vescovo e del vice presidente COE, Prashant Cattaneo.
Infine, l’intervento di Mattarella, centrato sulla
cooperazione, sul volontariato, sullo scambio delle culture e sulla
valorizzazione dei giovani attraverso arte e cultura.
E la visita alla mostra organizzata nell'apposita sala di IFA, con l'inaugurazione della targa ricordo della visita e il successivo incontro con il personale dell'ospedale.
Infine, i saluti ai volontari italiani e ai membri camerunesi del COE in Cameroun, con la consegna dei doni al Presidente.
E dopo? Cosa succederà? Cosa resterà? Quali saranno i
riflessi pratici di questa visita?
Certamente per un po’ di tempo resteranno le migliorie fatte
per accogliere il nostro Presidente; certamente per molto più tempo resterà il
ricordo dell’evento; certamente il COE avrà maggior notorietà in Cameroun e in
Italia.
Anche il movimento volontario avrà riflessi positivi e potrà
contare su un rinnovato interesse e maggiori adesioni.
E quindi, nonostante difficoltà, incomprensioni, malintesi,
impegni e sacrifici da parte di tutti, un risultato molto positivo.
Grazie della visita, signor Presidente.