domenica 16 novembre 2014

Usi e costumi

Nel mese di ottobre c’è stato qualche avvenimento di rilievo, almeno per noi. Non so se sarà interessante anche per voi, ma ve lo racconto ugualmente.

Se vi ricordate, vi avevo già detto che durante il mese di agosto era comparsa, inaspettata, una delegazione di parlamentari in visita al CAA.

sabato 1 novembre 2014

Fiat lux

E dopo tre giorni la luce fu!
Senza alcun intervento divino, forse.
Martedì scorso, nel pomeriggio, è andata via la corrente. Ve l’ho già detto altre volte, ogni tanto succede. Restiamo senza corrente 5 minuti, o mezz’ora, a volte un’ora o due. Ma come l’anno scorso, questa volta la corrente non torna. A sera si incominciano a prendere un po’ di informazioni e la verità viene subito a galla: è bruciato un trasformatore e tutto il quartiere è senza energia elettrica. Incominciano a balenare le ipotesi: forse domani, forse giovedì; è venuta una squadra di tecnici da Yaoundè, aspettano il trasformatore nuovo.
Comunque: tutto fermo.
Il nostro complesso ha un gruppo elettrogeno, abbastanza vecchio. Fino a non molto tempo fa tutte le strutture del Centro erano collegate al gruppo: l’ospedale, le scuole, la Casa e il Foyer, il CAA. Ma l’ospedale è cresciuto e ha esigenze che hanno ovviamente la precedenza su tutte le altre strutture. Se la potenza fornita dal gruppo è insufficiente a sostenere tutte le attività, è naturale che la scelta fra alimentare una sala operatoria o i forni delle ceramiche  è scontata, non si pone neanche il problema. Allo stesso modo, le scuole funzionano fino alle 16,30, possono utilizzare la luce del giorno. Certo non funzionano i computer, ma nella norma un paio d’ore senza computer non creano grossi problemi. Nelle scuole. Leggermente diverso se computer e stampanti ti servono per lavori di tipografia: bisogna telefonare subito ai clienti e rimandare la consegna dei lavori.
Ma ci sono anche riflessi economici interni su tutta la faccenda: un gruppo elettrogeno ha un costo non indifferente: gasolio prima di tutto. È un motore diesel, di grande potenza, con un consumo medio di un litro di gasolio all’ora ogni 3 KW di potenza.  Sono dati tecnici, lo so, ma tanto per darvi un’idea, a noi del CAA servirebbe un gruppo da 20 KW, cioè un po’ più di sei litri di gasolio all’ora. Utilizzate pure il prezzo del gasolio in Italia e avrete un’idea di quanto costa un gruppo elettrogeno ogni ora di funzionamento a pieno regime. In proporzione, qui da noi il gasolio è più caro. Altro costo non indifferente è la manutenzione: come per le auto, quanto più è vecchio, tanto più costa.
A livello di economia interna al Centro, non c’è un calcolo preciso di quanta energia consuma ogni struttura quando viene utilizzato il gruppo: si va in percentuale sul consumo medio di energia elettrica e il costo totale del gruppo viene ripartito in quel modo.
A inizio anno, però, ho fatto una banale considerazione: perché il CAA deve assumersi un costo percentuale di utilizzo del gruppo, se può utilizzare soltanto la luce dei diversi ambienti, ma non può far funzionare tutti i macchinari, computer compresi? Non mi sono attirato molte simpatie, ma il CAA ha preso la decisione di staccarsi completamente dal gruppo e non partecipare alla divisione dei costi. In seguito, la stessa decisione è stata presa anche dalle scuole.
Da un po’ di tempo si sta ragionando sulla possibilità di sostituire il vecchio gruppo con uno più performante, che consenta ancora di fornire un servizio completo a tutte le strutture del centro, ma i costi sono molto elevati: solo per il CAA, occorrerebbe un investimento di una ventina di milioni di franchi, circa 30.000 Euro. Per un uso presumibile, totale, di una ventina di giorni all’anno. Ovvio che si vada molto con i piedi di piombo.

A parte queste considerazioni tecnico-economiche, la gestione della mancanza di corrente è abbastanza semplice: si fanno i lavori che non hanno bisogno di corrente. I ceramisti non usano i torni, non usano i forni, non usano le pistole a spruzzo per smaltare, ma possono modellare a mano, possono incidere (a mano) l’argilla fresca, possono dipingere con colori e pennelli. I grafici, beh qui è un po’ più difficile: possono pensare a nuovi disegni e usare carta e matita; possono fare ordine nei loro archivi cartacei; insomma, possono fare ben poco. Anche in tipografia il lavoro senza corrente è scarso: assemblaggio di lavori già pronti, con graffatura manuale, controllo delle scorte di materiale e quasi nient’altro.
E il direttore? Ah, lui è in una situazione di privilegio: usa un computer portatile a batteria e quando è scarico si trasferisce alla Casa che è collegata al gruppo e ricarica il PC, continuando a lavorare. Deve ricordarsi di tenere sempre il computer carico, altrimenti quando torna a casa si ritrova senza possibilità d’uso.
Anche a casa siamo senza corrente: il secondo giorno abbiamo fatto il trasferimento delle nostre derrate alimentari dal freezer domestico a quello della Casa. Dobbiamo ricordarci di mettere sotto carica le lampade a ricarica, altrimenti siamo completamente al buio e dobbiamo vivere con le candele: molto romantico, ma di una scomodità!
E, finalmente, giovedì sera abbiamo avuto l’informazione che il nuovo trasformatore era arrivato: forse venerdì, più probabilmente sabato, avremmo avuto ancora la luce.
Quando il gruppo elettrogeno funziona, si sente: è il rumore di un motore diesel, quasi senza fono assorbenza. Si sente a qualche centinaio di metri di distanza.
E venerdì pomeriggio, naturalmente a fine orario di lavoro, il rumore è cessato. Un attimo di suspense: riprende o torna la luce? È tornata la corrente, il guasto è stato riparato, ricomincia una vita normale!!!
Ma, istruiti da precedenti esperienze, prima proviamo le luci: reggono e sono normali. Allora possiamo accendere anche i computer e le altre macchine. Sì, perché in una occasione simile nel recente passato, una volta avevano invertito le fasi e un’altra volta avevano mandato corrente a 380W anziché 220W.
Ok, stavolta tutto bene. Fiat lux et lux fux, pardon, fuit.

È la rappresentazione delle carenze di questo Paese: infrastrutture carenti e carenza, anche, di buoni tecnici.
Un trasformatore bruciato ha comportato la richiesta di quel trasformatore a Douala (quasi 300 km), il trasporto fino a Mbalmayo, più di mezza giornata data la situazione di traffico e strade, l’invio di operai specializzati da Yaoundè e qualche altra piccolezza. Avere una scorta in loco per eventualità del genere comporta costi che anche le aziende private stentano a sostenere e quindi i tempi si allungano.
Poi ci sono anche gli interessi privati e particolari che si mettono di mezzo.
Qualche giorno fa al CAA ci siamo accorti che mancava l’acqua. Questa è una situazione frequentissima: tutti i giorni l’acqua manca per qualche ora o anche di più. Se non esce acqua dai rubinetti, non vai a pensare che ci sia un guasto sul tuo impianto. Ci pensi solo quando qualcuno ti informa che i tuoi tubi stanno allagando la strada. Ed è ciò che è successo a noi. Siamo andati subito a controllare e abbiamo visto che c’era un tubo rotto, ma a monte del nostro contatore: quindi non ci riguarda personalmente, ma abbiamo immediatamente informato l’azienda di distribuzione, perché riparasse il danno.
Dopo neanche tre ore sono arrivati due tecnici: il danno c’era, si era persa molta acqua e noi dovevamo riparare il danno e rimborsare la perdita.
Sono caduto dalle nuvole: se il danno è a monte, perché devo pagare io?
Questo è il regolamento, il cliente è ritenuto responsabile, deve informare immediatamente l’azienda di ogni “stranezza” nella fornitura d’acqua, altrimenti i danni ricadono tutti su di lui.

“ma possiamo riparare subito il danno, senza considerare la perdita d’acqua e vi portiamo il conto”

E qui ho incominciato ad avere qualche dubbio e ho chiesto un preventivo del lavoro, rimandando la decisione a dopo pranzo.
Contentissimi, i due tecnici hanno assicurato la loro presenza subito dopo pranzo e che avrebbero riparato immediatamente il danno.
Nel frattempo, sono andato a cercare il contratto e ho verificato, come immaginavo, che quei danni erano a carico dell’azienda e nulla doveva essere chiesto al cliente, a meno che il danno non fosse stato procurato da lui stesso.
Quando i tecnici sono tornati, ho chiesto il famoso preventivo, ma l’ho chiesto su carta intestata dell’azienda e ho detto che avrei pagato ciò che c’era da pagare, soltanto a presentazione di una regolare fattura dell’azienda distributrice.
Apriti cielo! Non erano questi gli accordi, lei spenderà molto di più, abbiamo testimoni che il danno è stato procurato da voi, sono stati i ragazzini delle scuole intanto che tagliavano l’erba con il machete (che hanno scavato sottoterra per 60 cm e hanno spaccato un tubo!).
Alla fine, sono andato all’ufficio locale dell’azienda e, devo dire a fatica, sono riuscito a far valere le mie ragioni: danno riparato a spese dell’azienda, nessun addebito (dovrò verificare sulla prossima bolletta), testimoni scomparsi.

E anche questo, secondo me, è un freno allo sviluppo: il prevalere dell’interesse personale sull’interesse della collettività. Ed è soltanto la collettività che può determinare il cambiamento, rifiutandosi di soddisfare gli interessi personali. Difficile e a volte rischioso. Anch’io, in questa occasione, ho avuto il consiglio di lasciar perdere, accettare la riparazione fatta in proprio dai due tecnici, e avere l’acqua subito. Ma avrei rafforzato un’abitudine non solo scorretta, ma anche illegale.
È il vecchio sistema: paga qualcosa per ottenere subito ciò che ti serve. E quando sono in tanti a adottare questo sistema, la corruzione aumenta. Perché la corruzione prevede sempre due soggetti: corruttore e corrotto.
E sarà nato prima l’uovo o la gallina?

P.S.: - 44 giorni

sabato 6 settembre 2014

38! 39! 40?

Incomincio a dare i numeri? Il caldo o la troppa pioggia mi hanno dato alla testa? Oltre ad aver perso un po’ di chili sto perdendo anche gli anni e ringiovanisco (magari!)?
Perché due numeri con il punto esclamativo e l’ultimo interrogativo?
Perché i primi due sono certi, l’altro è futuro e quindi probabile, quasi certo, atteso, cercato, ma non ancora definitivo.
Ok, questo post è abbastanza personale, ma è qualcosa che voglio condividere con voi.
6 settembre 1975.

giovedì 4 settembre 2014

Solo un'informazione

Per chi ama la musica.
Per chi ama la musica rock.
Per chi vuole sapere cosa si muove in questo campo.
Per chi è attento a cosa nasce di nuovo.
Per chi, domani, potrà dire: io li ho visti crescere.
Per chi vuole passare una domenica diversa.
Per chi pensa che anche a Milano c'è qualcosa che non è soltanto business.
Per chi conosce il Parco Nord e per chi non l'ha mai visto.
Per chi ha sentito parlare del Legend Club.
Per chi è curioso di sapere cosa è il Legend Club.
Per chi pensa che "i giovani sono soltanto attaccati a facebook".
Per chi è convinto che si può essere giovani anche oltre gli "anta".
Per chi pensa che oltre gli "anta" si è vecchi.
Insomma, per tutti.
E anche per chi conosce o per chi vuole conoscere il COE.


sabato 16 agosto 2014

La visita dell'ambasciatrice

Dicevo: è un periodo di quasi riposo.
Infatti, oggi, ecco la visita ufficiale del nuovo ambasciatore italiano in Cameroun. Anzi, l’ambasciatrice. Una donna gentile, cordiale, attenta alle necessità o ai desideri sia dei suoi connazionali, sia dei cittadini del paese che l’ospita. Sembra quasi una signora dell’alta società in visita di cortesia. Sembra!
Ma se si viene a sapere che la sua precedente sede, nei passati 4 anni, era l’Afghanistan, si può ben pensare che dietro quella facciata di sorrisi e gentilezze ci deve essere anche una scorza dura abbastanza da sostenere il ruolo in un teatro di guerra, in cui imperversano le “grandi potenze”.
Anche qui, non credo che abbia un ruolo facile. Non è soltanto il massimo rappresentante del governo italiano in Cameroun, ma anche in Centrafrica, in Guinea Equatoriale e in Ciad.

venerdì 15 agosto 2014

Periodo di riposo

O quasi. Le scuole sono chiuse per le vacanze estive, insegnanti e altri impiegati sono in ferie, ragazzi e ragazze non si vedono.
C’è una relativa calma, anche se il nostro lavoro continua, soprattutto al CAA.
Ed è strano, almeno per me, che il periodo di vacanze annuali corrisponda a quello del resto del mondo.
Perché la stagione non è delle migliori per un periodo di ferie: siamo ancora nella coda della stagione delle piogge, il cielo è più spesso coperto che sereno, non ci sono più gli acquazzoni di poche settimane fa, ma ogni tanto scende quella pioggerellina stupida che non è tale da spingerti  a fermarti sotto un riparo, in attesa che smetta; ma alla lunga ti bagna lo stesso. O rallenta alcuni lavori.

venerdì 18 luglio 2014

Allora, come va?

È la domanda più frequente che ci arriva da parenti, amici e conoscenti, soprattutto quando passa troppo tempo fra un post e l’altro.
In effetti, è passato poco meno di un mese, quindi sto mantenendo la media.
E, comunque, giusto per rispondere alla vostra domanda inespressa, va bene. Tutto procede normalmente, più il tempo passa e più ci si abitua alle diversità di questo paese.
Ogni tanto mi arrivano notizie da altri amici che, come noi, sono in giro per il mondo a vivere le stesse esperienze.
E, a volte, li invidio per ciò che raccontano: esperienze in villaggi della foresta, corse notturne in macchina alla ricerca disperata di dottori e ospedali per cercare di salvare una vita (e riuscirci!), costruzione di scuole o ospedali, condivisione vera e profonda e quotidiana degli enormi problemi di vita che ci sono in alcuni paesi. In pratica, tutto ciò che è presente nell’immaginario collettivo riguardo all’Africa, ai volontari o ai missionari.

domenica 22 giugno 2014

Pensieri di un anno

La prima volta che abbiamo messo piede in Cameroun è stato un po’ più di un anno fa, per la precisione il 17 aprile.
E ho cominciato a scrivere questo blog. Un po’ per raccontare ad amici e parenti ciò che succede qui, per tranquillizzare i più ansiosi, per condividere la nostra esperienza. E un po’ per ricordare, mettendo nero su bianco emozioni e impressioni.
Un anno in Cameroun. È vero, ci sono stati un paio di intervalli. Il primo è durato giugno e luglio del 2013, quando siamo tornati a casa per comunicare al COE che avevamo preso la decisione di tornare e fermarci, preparare la nostra partenza, sistemare e chiudere casa per tre anni. Il secondo a ottobre, per accogliere Nina, la nostra super-nipotina.
Ma sono stati degli intervalli. Siamo in Cameroun da metà aprile 2013 e ora è giugno 2014.
Cosa è successo nel frattempo?

sabato 7 giugno 2014

GRAZIE!!!!!

GRAZIE!!!!

Nel linguaggio delle comunicazioni internet scrivere in maiuscolo equivale a urlare. Non è educato.
Ma se l’urlo è di gioia, allora credo che sia permesso.
Un po’ di tempo fa, all’inizio di maggio, vi ho scritto una mail chiedendo aiuto.
E l’aiuto sta arrivando!!!!
Immagino già le vostre domande: quanto? Chi? E chi no?
E’ arrivato più di un euro, ma meno di un milione.
Avete contribuito tutti: chi praticamente, chi con la vicinanza, chi diffondendo il messaggio.
E noi, qui, abbiamo imparato ancora.
Abbiamo imparato che la solidarietà esiste ancora. Nonostante la crisi, nonostante i sacrifici, nonostante le polemiche, nonostante le tasse, nonostante la politica, nonostante la differente fede religiosa, nonostante il differente tifo calcistico, nonostante tutto.
Abbiamo imparato che la solidarietà si diffonde in silenzio, senza pubblicità, senza clamore. In apparenza è sopraffatta dalla violenza, dalla volgarità, dall'astio. Ma esiste, è diffusa, ha radici profonde, è duratura. E chi la applica lo fa, appunto, in silenzio, senza richiedere attestati di partecipazione. Ed è più duratura e resistente.

Abbiamo imparato cosa vuol dire vivere senza acqua. Per carità! È un “senza acqua” relativo, rispetto a chi è veramente senz’acqua.
Ma è diventata molto più comprensibile la fatica quotidiana di prendere i secchi, riempirli con la pompa a mano dalla cisterna di acqua piovana, portarseli in camera per gli utilizzi quotidiani. E magari fare il viaggio 3 o 4 volte per farsi una doccia. E lavare la biancheria a mano, senza ricordarsi (o aver mai saputo!) quale deve essere la giusta quantità di sapone per fare meno fatica a risciacquare, ma ottenendo la giusta pulizia.
E per noi è stato relativamente facile: cisterna a quattro passi da casa, una rampa di scale ed è tutto finito. E poi si sapeva che era un’emergenza: pochi giorni, o poche settimane, e tutto sarebbe tornato normale. Certo, c’era anche il “fastidio” di andare a comprare l’acqua minerale, ma potevamo farlo!
E chi non può farlo? E chi la pompa ce l’ha a qualche centinaio di metri di distanza? E chi sa che non è un’emergenza, ma la normalità di tutti i giorni e forse di tutta la vita?
Non si crea problemi: questa è vita. E sono contenti perché hanno il pozzo vicino, mentre prima era più lontano.
E tornano in mente le foto di “angoli caratteristici della vecchia Milano”: il Vico dei Lavandai. È più chiaro adesso, un po’ meno folcloristico, molto meno romantico. I famosi lavatoi sul naviglio, dove le donne portavano i cesti di panni sporchi e, in ginocchio, li lavavano a mano, utilizzando appunto l’acqua del naviglio. E, alla fine, se li riportavano a casa: inzuppati d’acqua e pesanti tre volte più che all’andata! Due o tre volte a settimana. Romantico? Facciamolo noi oggi e poi vediamo se è davvero romantico.
Qui si vedono abitualmente, sui fiumi, donne e ragazze che lavano inginocchiate sul greto del fiume. Anche nel nostro internato gli studenti (anche i maschi) dedicano il sabato alle pulizie: della casa, dei loro spazi e dei loro vestiti e lenzuola. Nonostante ci sia una lavatrice semi industriale. Gli studenti, qui, vanno a scuola in divisa: e la divisa deve essere in ordine e pulita tutte le mattine. 
Ma fate lavorare i ragazzi e i bambini? 
Certo che sì, nell'ambito della pulizia personale e domestica! E la pulizia domestica comprende anche la cura degli spazi esterni. È la normale educazione e formazione alla vita che devono e dovranno fare tutti i giorni. Per comprendere molte cose, bisogna partire da un dato di fatto: non esiste, ancora, un obbligo di scolarità minima e non esiste, ancora, un limite di età minima per il lavoro. Esiste un fortissimo spirito di famiglia, al cui interno tutti hanno il loro ruolo e il loro compito, anche i più piccoli. Ed esiste la consapevolezza che il lavoro è fatica: meglio allenarsi fin da subito.

Partendo dalla mancanza d’acqua siamo andati lontano, ma bastano due occhi sani, un grammo di cervello e due di cuore per fare certe associazioni di idee.
Devo fare una correzione a quello che ho detto prima: ho sempre parlato al plurale, ma io e Ica non abbiamo subito gli stessi disagi di tutti gli altri: un pochino sì, ma avendo la nostra casa, non abbiamo mai avuto problemi di acqua (e abbiamo prestato la nostra lavatrice agli altri volontari).
Ma la pompa adesso c’è! l’acqua è tornata in tutta la casa, si può bere, si può lavare, ci si può fare la doccia senza contare i bicchieri d’acqua che si consumano. E abbiamo festeggiato: brindisi con pura acqua (filtrata!) di pozzo e tiramisù (o quasi).

Anche le auto sono state riparate. Quella con i danni maggiori è ancora in attesa del radiatore nuovo: i pezzi di ricambio originali sono difficili da trovare. Per ora c’è una riparazione che ci permette di usare la macchina, con prudenza e attenzione, intanto che il meccanico cerca il radiatore nuovo.

La ricostruzione del muro procede ed è già a buon punto. Adesso sono fermi per due o tre giorni: il caposquadra, che è anche l’imprenditore, mi ha chiesto il permesso di interrompere i lavori durante il fine settimana, perché ha un attacco di malaria e non riesce a lavorare. Si è scusato, ma è certo di riprendere il lavoro lunedì, al massimo martedì. Non faccio commenti: pensateci voi.
Scottati dall'acqua calda, poi si ha paura anche dell’acqua fredda. Questa volta il muro non ha soltanto i contrafforti come prima, ma anche delle “chiavi” che lo ancorano al terreno. Oltre, naturalmente, a un canale di scolo delle acque piovane. E delle fondamenta un po’ più profonde dei 60 cm originari. Con il sistema delle “chiavi” è come se fosse stato fatto un muro dello spessore di un paio di metri!
Quando ho proposto di riaffidare il lavoro allo stesso imprenditore, appurato che il crollo non era imputabile a sua negligenza, avevo anche detto che il lavoro sarebbe stato migliore, per la volontà di dimostrare la sua capacità. Qualcuno si è messo a ridere, dandomi dell’illuso.
È bello avere ancora delle illusioni, soprattutto quando si realizzano.

Qualcuno mi ha detto: “ma sì, manda una mail. Qualcosa arriverà. Sempre meglio che niente.”
Ma in questo caso non erano illusioni, amicizia e fiducia non sono illusioni.


GRAZIE!!!!



La prima costruzione





Il crollo






La ricostruzione

Preparazione del canale di scolo delle acque piovane

La "chiave"

Ancora la "chiave"

 Il rinforzo dello scarico acqua


L'elevazione del muro. Si vedono i "barbacane" per far scorrere l'acqua

martedì 20 maggio 2014

Che titolo metto?

Usciamo un po’ dalla vita quotidiana, dalle avventure/disavventure camerunesi, dall'abitudine di questo blog che sembra più un resoconto turistico che il diario di un’esperienza unica, dura, esaltante, a volte deprimente o scoraggiante, tutti i giorni nuova, diversa e stimolante.
Anch'io, come una moltitudine di altre persone in tutto il mondo, faccio parte della “social - community” di Facebook. Qui più che in Italia.
Perché qui, pur avendo un ottimo televisore, collegato a un lettore di DVD e a due ottime casse per sentire musica (siamo in Africa, mica fuori dal mondo!), ci è un po’ passata la pigrizia di sederci sul divano, spaparanzati davanti al televisore ad ascoltare ciò che il “mostro sacro” ci offre.

domenica 27 aprile 2014

Le ultime settimane

Le ultime settimane sono state ricche di avvenimenti di vario tipo.
Il lavoro procede abbastanza bene, fra alti e bassi come avviene normalmente. Sembra sempre che tutto fili liscio secondo i tuoi programmi, ma ti dimentichi sempre che da qualche parte spunta il classico sassolino che ti si infila nella scarpa o, peggio, ti si infila negli ingranaggi. Sempre nello stile delle famosissime Leggi di Murphy.
Se negli anni passati era il settore ceramiche ad andare a traino della tipografia, quest’anno che la ceramica sembra andare meglio, la tipografia ha rallentato e quindi si continua a viaggiare con il freno a mano tirato e con il fiato sospeso. Ma continuiamo a viaggiare.

sabato 29 marzo 2014

Tour di lavoro (e non solo)

Tornato. Fatti i previsti 1000 chilometri, viste le persone che dovevamo vedere, presi alcuni accordi, aperte alcune possibilità. Insomma, un viaggio tutto sommato positivo e incoraggiante per le attività del CAA.
Anche i 1000 chilometri non hanno pesato più di tanto. Capisco perfettamente che qualcuno stia pensando: “1000 km in 6 giorni, cosa vuoi che siano? Neanche 200 in media al giorno!”.
È vero, ma condizioni del traffico e delle strade sono completamente differenti: la velocità media che si può tenere, quando tutto va bene, non supera i 60/65 km all’ora; sulle “autostrade” (chiamate così solo perché si paga il pedaggio) si può incappare in un camion stracarico che in salita non riesce a superare i 20 km e tu resti dietro di lui per parecchio tempo per mancanza della visibilità necessaria per un sorpasso. Naturalmente, secondo una delle leggi di Murphy, quando non puoi superare non passa nessuno nell’altro senso; quando invece le condizioni di visibilità sono ottime, la corsia opposta è intasata.
Ma abbiamo viaggiato bene, con una berlina presa a nolo e quindi non con il solito pick-up: più comodi, con qualche confort in più e con qualche spesa in meno.

giovedì 20 marzo 2014

E' ora di argilla

Certo! Al CAA (Centro d’Arte Applicata o, in francese, Centre d’Art Appliqué) sapete tutti che facciamo oggetti in ceramica. Belli, e non lo dico soltanto io, a volte solo decorativi, più spesso decorativi e utili.
Vi ho già fatto vedere qualche foto e anche il resoconto della nostra partecipazione al Salone dell’Artigianato.
Ma per fare tutti quegli oggetti occorre assolutamente la materia prima: l’argilla.
Che non si compra al mercato. Almeno, non qui.
Certamente in altri posti i ceramisti si rivolgono a grossisti o direttamente alle imprese estrattrici e ordinano i quantitativi che gli sono necessari.
Qui è ancora tutto libero: ti serve l’argilla? Vai al fiume e prendila. In teoria è proprietà dello stato, ma l’utilizzo dell’argilla è talmente limitato e riservato a pochissimi soggetti, che impostare un servizio di controlli, permessi, pesi e misure, pagamenti e ricevute, costerebbe molto di più del guadagno che si potrebbe ricavare.

giovedì 13 marzo 2014

Dopo la tristezza, la speranza

Forse mi sbaglio, ma ho l'impressione che non sempre i lettori dei blog leggano anche i commenti.
Il post precedente parlava di tristezza, ma Don Gino ci ha insegnato fiducia e speranza e i commenti su questo blog, o che mi sono arrivati in privato, o anche su facebook, dimostrano che è la speranza a prevalere.
E questo post riporta i commenti, in modo tale che siano di conforto, conoscenza e sguardo sul futuro per tutti. 
Spero che nessuno si offenderà se ricopio le sue parole e le pubblico. E nessuno si offenderà se non pubblico il suo nome.

martedì 11 marzo 2014

Tristezza

Don Gino è morto.
Fisicamente non c’è più, ma certamente il suo pensiero, molto più del suo ricordo, vive tuttora in tutti quelli che l’hanno conosciuto anche soltanto una volta.
Che, prima o poi, dovesse morire, lo sapeva molto bene anche lui. E, senza mai dirlo apertamente, lo sapevamo anche tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo.
D’altronde, che muoia un uomo di 93 anni non è strano, non è insolito, non è una sorpresa.
Se poi si conosce anche la vita, certamente non facile e comoda, vissuta da Don Gino, viene naturale pensare che altri sarebbero scomparsi prima.
Ma probabilmente la sua serenità nell’affrontare la vita di tutti i giorni l’ha tenuto con noi fino a ieri.

domenica 9 marzo 2014

LE SIARC

Il Cameroun è il paese delle sigle. Ogni ufficio, attività, ministero, evento, manifestazione o qualsiasi altra cosa vi venga in mente, è rappresentato da una sigla. Anche nel nostro piccolo mondo non scherziamo: abbiamo il CED, il CFAS, il CPS, il CEFPROMAT, il CASS, il CAA (questo dovreste ricordarvelo!). Prima o poi vi spiegherò anche il significato delle altre sigle.
Per ora, limitiamoci a quella del titolo: le SIARC, ovvero il Salone Internazionale dell’Artigianato Camerunese. Un po’ come il nostro Artigiano in Fiera.

domenica 16 febbraio 2014

Feste di lavoro - 2

Allora? Continuiamo con le feste di lavoro?
Anche Giovanni si è fatto prendere dallo spirito della casa. Si è messo in cucina, si è fatto spiegare dove trovare ingredienti e attrezzi, ha trovato un assistente e ha preparato la pasta fresca all’uovo. C’è voluta qualche ora, anche perché i commensali erano 14! Il suo papà, cioè io, ha “aggiustato” il ragù preparato dalla cuoca e il risultato finale è stato molto apprezzato. Sia per il gusto, sia per la quantità. Con 2 chili e mezzo di farina se ne fa di pasta fresca!!! Quasi tutti sono riusciti a fare il bis! E noi abbiamo guadagnato un assistente cuoco che ha imparato a fare la pasta. Prima o poi lo rimetteremo alla prova.





Come detto, eravamo in 14: 3 della famiglia Bocca; l’assistente cuoco, Elvis; Monica; Pina (82 anni, un braccio rotto, ma ancora una buona forchetta); per finire, 8 Clown.
(Foto by Giovanni)

I Clown sono un’associazione i cui membri vanno in giro per il mondo a fare animazione sociale, soprattutto durante le feste. Gli 8 che sono venuti a Mbalmayo (è il secondo anno) sono italiani provenienti da tutta Italia: Milano, Modena, Bologna, Roma, Latina e non mi ricordo più da quali altre città. Sono ragazzi e ragazze (si fa per dire) dai 25 ai 54 anni. Fanno giochi di animazione, intrattengono grandi e piccini con canti e musica, portano una giornata di allegria in prigione, fanno qualche sketch utilizzando palle colorate, birilli, cerchi, nastri e, soprattutto, tanta allegria e tanta buona volontà.
Hanno tutti un soprannome e preferiscono essere chiamati con quello che con il loro vero nome. Portano sempre il classico naso rosso da pagliaccio appeso al collo, segno distintivo della loro associazione e della loro attività. Il loro motto è racchiuso in una sigla: VIP. Cioè Vivi In Positivo.
Sono arrivati il 28 dicembre e sono ripartiti il 10 gennaio. Sono stati una boccata di freschezza e di allegria e hanno coinvolto anche Giovanni in alcune loro attività.
Purtroppo hanno avuto un paio di disavventure. Sono stati vittime di un furto, avvenuto proprio nella casetta dove metà di loro dormiva. Inizialmente pensavamo di essere sulla strada giusta per scoprire il ladro, ma poi purtroppo la pista si è rivelata sbagliata.
L’altra disavventura, meno grave, è stata la mancanza di luce nella casetta: c’era corrente nelle prese, ma non nelle lampade a soffitto. Accendevano la luce e dopo qualche minuto scattava il salvavita e restavano al buio. Dopo una giornata di ricerca del guasto, l’elettricista non era ancora arrivato a capo di nulla. Quindi preparazione di lampade volanti da inserire nelle prese e soluzione di emergenza fino a che non si fosse trovato il guasto. Ci sono voluti quattro giorni, naturalmente secondo le disponibilità dell’elettricista e secondo i giorni lavorativi: in mezzo c’erano anche domeniche e primi dell’anno. Alla fine tutto è stato risolto: per gli ultimi due giorni della loro permanenza hanno potuto usare le lampade a soffitto!!!
È uno dei possibili inconvenienti che capitano quando si fanno grossi lavori di manutenzione: ciò che è andato bene per una fila d’anni, improvvisamente dimostra tutti i suoi acciacchi e i difetti determinati da una serie di “aggiustamenti” e “sistemazioni” precedenti. E in quel momento bisogna ripercorrere tutti i cambiamenti avvenuti nel passato di anni e scoprire dove era stato commesso l’errore.

(Foto by Giovanni)

Ma con Giovanni siamo andati a vedere anche il Parco delle Scimmie. A pochi chilometri da Mbalmayo, in mezzo alla foresta, una associazione inglese ha comperato una bella fetta di territorio e ha creato degli spazi protetti nei quali ha radunato parecchie specie di scimmie, dalle più piccole fino agli oranghi. Vita pericolosa quella delle scimmie! Sono apprezzate come selvaggina e, anche se vi è un espresso divieto, sono molti i bracconieri che le cacciano ugualmente e le propongono come cibo. Ancora vengono cacciate per sostentamento alimentare. Quindi gli spazi sono “protetti” per difendere le scimmie dall’azione dell’uomo. Sono recinti elettrificati che racchiudono una piccola porzione di foresta. All’interno i primati hanno veramente tanto spazio. Dall’esterno è quasi impossibile vedere tutti i lati del recinto.
La nostra gita è stata in due tappe: il primo giorno siamo arrivati alla deviazione sulla “autostrada” Mbalmayo-Yaoundè  e, con l’aiuto di un motociclista che ci ha fatto strada, abbiamo percorso la mezza dozzina di chilometri necessari per arrivare al parco: circa mezz’ora di pista. Per scoprire che c’era stata una rottura nel recinto degli oranghi e che quindi l’accesso al parco era chiuso. Ci hanno consigliato di tornare l’indomani mattina, intorno alle 8 perché è l’ora migliore per vedere tutto molto bene.
Rifatta la pista al contrario, ci siamo consolati andando a mangiare al “Lion d’Or”, ristorante di Mbalmayo dove si mangia abbastanza bene: carne e pesce alla brace, plantines fritte, patate, verdure crude, riso, birra, ananas (niente caffè), più o meno per l’equivalente di 10 euro. È considerato abbastanza caro.
La mattina dopo, senza bisogno della moto come guida, siamo finalmente arrivati al parco delle scimmie e un giovane laureato in zoologia (che si prepara al dottorato in primatologia e botanica) ci ha portato a fare il tour, spiegando le caratteristiche di ogni famiglia di scimmie e come vivono in quegli ambienti: in pratica, hanno già cominciato a fare tutto ciò che serve per evitarne il depauperamento e l’estinzione. Era evidente come questo giovane fosse innamorato non soltanto del suo lavoro, ma proprio delle scimmie. Gli oranghi, che non avevano intenzione di mettersi in mostra, hanno poi risposto ai suoi richiami e sono arrivati ai bordi della recinzione.
Per darvi un’idea dello “spazio protetto”, il tour ha richiesto un paio d’ore.
È sorprendente scoprire che in questa nazione vi sono particolarità interessantissime da vedere, magari proprio dietro l’angolo di casa, ma poco pubblicizzate e difficilmente accessibili.
  

giovedì 23 gennaio 2014

Per John Michael

Carissimo John Michael,
questo post è indirizzato a lei e spero che lei lo legga, anche se mi ha detto che i miei post un po’ le danno fastidio. Perché parlo di NOI e LORO, di BIANCO e NERO, di SUPERIORE e INFERIORE. E che ogni tanto legge che chiamo NERA la persona che ho vicina.
Se le ho creato fastidio o l’ho offesa, le chiedo scusa. Perché molto probabilmente non sono riuscito a esprimermi bene e ho generato un po’ di incomprensione.
Ma mi sono anche meravigliato, perché lei ha letto “un po’ di discriminazione” nei miei interventi.
E sono andato a rileggermi tutti i post che ho scritto, per vedere in quali punti posso aver ingenerato un senso di discriminazione o ho mostrato un senso di superiorità nei confronti di quelli che oggi sono i miei compagni di strada.
E immagino che il post più incriminato, forse l’unico, sia quello dell’8 settembre scorso: “Cosa dire di nuovo?”.
Se è stato questo che, soprattutto, l’ha infastidita e offesa, probabilmente è soltanto un grande equivoco.
In quel post uso molte virgolette: inserisco i vocaboli e le parole fra virgolette e questo fornisce (almeno per me e per molti dei miei lettori abituali) un significato particolare a quel vocabolo. Lo sto scrivendo apposta così, per evidenziare che è sbagliato, che non dovrebbe essere così, che non si dovrebbe usare in quel modo. Anche la ipotetica scena del supermercato fa vedere (o almeno questa era l’intenzione) che è sufficiente un’interpretazione errata di comportamenti normali per creare diffidenza. E la diffidenza reciproca genera sospetto e genera paura.
Vorrei ripetere qui la frase centrale e per me più importante di tutto il post:
“E incominci a guardarti attorno in modo diverso, più diffidente. E “loro” (che magari stavano pensando a tutt’altro) se ne accorgono e ti ricambiano la stessa diffidenza. E la diversità aumenta e si fa palpabile.
Ecco, da un pacchetto di spaghetti incomincia a nascere la presunta incompatibilità, il presunto senso di superiorità (o inferiorità), la paura reciproca.”
Per me era ovvio che stavo raccontando una scena ipotetica e un po’ surreale. Ma che voleva trasmettere il messaggio che, a volte, sono cose molto marginali (in quella storia un pacchetto di spaghetti) a creare artificiosamente disagi, diffidenze, paure. Purtroppo, dalla paura all’odio il passo è molto breve e, secondo me, bisogna incominciare a pensare che nessuno di noi è superiore o inferiore. E a comportarsi di conseguenza.  Nel post: la presunta incompatibilità, il presunto senso di superiorità o inferiorità.
Non c’è mai, nel post, un NOI fra virgolette. C’è, più di una volta “loro”: perché questa definizione è sbagliata, perché genera steccati, perché crea clan contrapposti. L’ho usata apposta, per sottolinearne la scorrettezza. Forse, nell’altro mio post IO PUZZO, trova una conferma di quanto io sia lontano dalla discriminazione e quanto sia lontano dal sentirmi “superiore”.
Vado spesso nei supermercati del Cameroun (altrimenti dove vado a fare la spesa? Soprattutto con il mio francese zoppicante?) e non mi ricordo di aver visto sguardi strani nei miei confronti. Anche se a volte mi sono sentito gridare dietro “Blanc!”, ma erano bambini.
Lei vive in Italia da alcuni anni e si sarà accorto che gli italiani sono specialisti nel creare gruppi contrapposti: fra tifosi di calcio, fra gente di paese e gente di città, fra abitanti di paesi vicini, fra “noi” e “loro”, fra fazioni politiche, fra “nordisti” e “terroni”. Quest'ultima divisione è ancora presente, anche se è ormai superata da quella fra "italiani" e "extracomunitari". Non ho mai condiviso l'idea di una differenza fra "nordisti" e "terroni", merito forse degli insegnamenti di mia mamma, nata a Genova da un papà siciliano e una mamma calabrese. E che aveva sposato un milanese, i cui genitori erano della terra del riso, la Lomellina. E io ho sposato una donna nata a Milano, ma con i genitori uno toscano e l'altra nata ad Alessandria d'Egitto. Anche in modo pratico: come faccio a definire chi è "noi" e chi è "loro"? Quale dei tanti rivoli seguo: quello del nord o quello del sud? Dove trovo le mie radici: nella terra del riso o in quella delle arance? Ma, soprattutto, perchè devo preoccuparmi di fare delle distinzioni? Ho queste origini e ne sono orgoglioso. Ma non per questo mi sento superiore a chi è nato nel Veneto o in Abruzzo o in Trentino. Forse sono differente, come tutti lo siamo, per fortuna. Che noia enorme, se fossimo tutti uguali! E che piacere scoprire le differenze, anche se non tutte possono piacere. Sono curioso, assaggio i piatti delle cucine differenti dalla mia: e non tutti mi piacciono. Ma non mi piacciono anche piatti della mia cucina. ma credo che tutti debbano essere liberi di mangiare quello che gradiscono. E nessuno deve obbligare altri a mangiare quello che non gradiscono.
Evidentemente, preferisco spiegarmi con argomenti gastronomici.
Spero di essermi fatto capire e, ancora, mi scuso se le ho dato un’impressione sbagliata, perché non è lei che ha frainteso, ma sono io che non sono stato capace di spiegarmi bene.
Ma vorrei chiudere con una nota in parte allegra, in parte seria e drammatica. Molti anni fa, veramente molti, bisogna arrivare a poco più della metà del secolo scorso, avevo imparato una storiella che voleva essere divertente. Si parlava di quando in Italia la discriminazione razziale era un po’ più evidente di adesso e, soprattutto, era palese. Gliela racconto.
“ma tu lo sai che al tempo del fascismo anche i preti erano razzisti?”
“e come lo dimostri?”
“perché su molti portoni delle chiese c’era un cartello che diceva: vietato l’ingresso a ebrei, negri e calzolai.”
E qui, in teoria, finiva la storiella. Solo che l’interlocutore, quasi sempre, faceva la solita domanda: “perché anche i calzolai?” Dimostrando che comprendeva il divieto per ebrei e persone di colore (lo giustificava? Lo condivideva? Lo approvava?), ma lo sorprendeva il divieto per altri, che non fosse motivato da una differenza razziale.
La saluto con molta cordialità e spero che torni a leggermi, anche superando il fastidio che prova. Se ci frequentiamo più spesso, forse io imparo a esprimermi meglio e forse lei prova un po’ meno fastidio.

Mille auguri per i suoi studi, John Michael.

domenica 19 gennaio 2014

Feste di lavoro

Quanto tempo dall’ultimo post! Era prima di Natale.
E che Natale strano e diverso. Anche tutto il periodo delle feste è stato strano e diverso. A casa (in Italia) stacchi completamente, almeno un paio di giorni: Natale e Santo Stefano prima, la sera dell’ultimo dell’anno e il primo gennaio poi. E poi arriva l’Epifania, che tutte le feste si porta via.
A casa (qui) non si riesce a staccare mai del tutto. C’è sempre qualcosa da fare. Anche se decidi di prenderti una giornata per portare Giovanni in capitale e fargli conoscere un pochino il paese dove viviamo, c’è sempre la richiesta: già che vai a Yaoundè, puoi comprarmi …..