lunedì 23 dicembre 2013

Un Natale lontano e vicino

Anche qui è Natale!
Meno chiassoso, più intimo e personale. Non ci sono luminarie per le strade. I negozi non sono addobbati e nelle vetrine non ci sono riferimenti a regali di vario tipo né, tantomeno, proposte di menù particolari o offerte di servizi di catering, o esotici viaggi in località turistiche.
Non tutti lo festeggiano: ad esempio gli appartenenti a religioni non cristiane; o quelli che proprio non riescono a distinguere un giorno di festa da tutti gli altri.
Ma in tutte le chiese o luoghi di raduno religioso (cristiani) è un fiorire di incontri, di preparazione al Natale, di prove di canti e suoni. E tamburi e canti risuonano spesso fino a tardi.

venerdì 13 dicembre 2013

Viaggio a Douala

Mercoledì scorso siamo andati a Douala, circa 260 chilometri a est di Yaoundè. Io e un mio collaboratore, che sta diventando, poco alla volta, il responsabile commerciale del Centro d’Arte Applicata.
Quindi: 45 km a nord fino a Yaoundè e poi 256 a est.
Prima dovevamo fermarci a Edea, una sessantina di km prima di Douala, per visitare un nostro punto di vendita delle ceramiche.
Fra me e me avevo pensato: “circa tre ore per arrivare a Edea, un paio d’ore per quello che dobbiamo fare lì, un’oretta scarsa per arrivare a Douala, il tempo per mangiare qualcosa, un altro paio d’ore per sbrigare gli affari a Douala. Se iniziamo il ritorno verso le 17, siamo di ritorno a casa per l’ora di cena o poco dopo. Partenza alle 7 di mattina e dovremmo farcela.”

martedì 26 novembre 2013

Scene di vita quotidiana

Provate un po’ a immaginare questo ambiente. Non dal punto di vista della natura, ma dal punto di vista dei vostri compagni di tutti i giorni.
Durante la giornata questo centro è frequentato da più di 1000 persone, fra studenti, insegnanti, impiegati, personale dell’ospedale, giardinieri, tipografi, ceramisti e attualmente operai dei lavori di ristrutturazione.
Di italiani ci siamo io, Ica, Monica e Sara (che andrà via fra 4 giorni!). Tre giorni alla settimana viene un’altra volontaria italiana, Giovanna, che è qui da parecchi anni, tanto che ha messo su famiglia. È sposata con un nero e ha una figlia e parenti camerunesi. Ma, residenti qui con gli altri 1000 siamo in tre: le classiche (è proprio il caso di dirlo) mosche bianche.

lunedì 25 novembre 2013

Io puzzo

È strano come, in due località distanti circa 7000 chilometri, si possa parlare degli stessi problemi. Naturalmente con visioni molto differenti, a volte opposte.
L’altro giorno, curiosando su facebook, mi sono fermato a leggere quell’articolo de La Provincia Pavese, che denunciava il comportamento tenuto dall’autista di un autobus pubblico nei confronti di una passeggera di colore. Non appena quest’ultima è salita sull’autobus, l’autista l’ha “invitata” a sedersi negli ultimi posti: “Per come puzzi, puoi sederti soltanto in fondo!”.

giovedì 14 novembre 2013

Il ritorno

E infine siamo tornati, qui a Mbalmayo, nell’altra nostra temporanea e provvisoria casa.
Siamo stati in Italia, ben tre settimane! Il tempo necessario (e insufficiente) per accogliere il nuovissimo, piccolissimo, simpaticissimo membro del nostro clan. In effetti, è una simpaticissimA bimbA, quanto può esserlo una bimba appena nata, della quale si scruta e si cerca di analizzare (indovinare?) ogni più piccolo movimento, ogni più piccola tendenza, ogni minimo segno di crescita e di buona salute. Nina (così si chiama) è già diventata la persona più importante del nostro clan familiare. Ma ogni genitore che legge queste righe sa perfettamente cosa intendo e quali difficoltà ci possono essere ad esprimere in modo completo sentimenti, speranze, auguri che si accompagnano ad ogni nascita.
Anche qui Nina è conosciuta: non in tutto il Cameroun (per ora!), non esageriamo. Ma nel nostro Centro tutti hanno chiesto notizie, hanno guardato foto, si sono complimentati.
E noi siamo contenti. Naturalmente un po’ dispiaciuti di non poterla vedere tutti i giorni, di non poter assaporare le sue prime piccole conquiste, di non poter condividere con i genitori gioie e preoccupazioni. Ma il legame profondo che c’è nella nostra famiglia è tale che non può certo essere sminuito dalla lontananza. Anzi, serve a rafforzarlo ancora di più.

venerdì 11 ottobre 2013

Abbattimento e potatura

Vi ho già detto, qualche post indietro, che una delle attività che mi hanno affidato è quella della supervisione delle opere di manutenzione straordinaria che dobbiamo fare nel Centro: sistemazione di tetti dei diversi edifici, delle finestre e porte, di pavimenti, muri eccetera. Ma prima di tutto, abbattimento e potatura di parecchi alberi.
Molti sono da abbattere perché troppo vicini a muri di edifici e le loro radici stanno minando la stabilità delle murature stesse.
Sono alberi di dimensioni importanti: alti da 15 a 30 metri, con tronchi di diametro variabile da uno a due metri e chiome che si allargano anche a 15/20 metri. Ho provato un enorme dispiacere ad approvarne l’abbattimento e ho cercato tutti i sistemi possibili per limitarne il numero. Ma una quindicina di questi alberi è purtroppo da eliminare.
Quindi: 15 alberi da abbattere (e da sradicare, per evitarne la ricrescita) e altrettanti da potare drasticamente.
E qui possiamo cominciare a fare qualche confronto di tipo economico.
Il compenso richiesto per questo lavoro, che occuperà circa 8 persone e due settimane di tempo, è stato di 1.000.000 di Franchi. Tradotto nella nostra moneta: 1.524 euro. Comprensivi di materiale, attrezzatura e mano d’opera. Quest’ultima incide per il 25%. Cioè, per un lavoro difficile e complesso, della durata di 15 giorni, ogni lavoratore riceverà (in media) circa 2.000 franchi al giorno. Più o meno 3 euro.
Il costo della mano d’opera (che è all’incirca lo stesso anche per altri lavori) è talmente basso che gli imprenditori non hanno alcuna convenienza a dotarsi di attrezzature e macchine che possano velocizzare il lavoro. Tanto per fare un esempio: per tagliare i rami più alti, non conviene utilizzare piattaforme di sollevamento, ma basta arrampicarsi sull’albero. Non si usano motoseghe, ma soltanto il machete. L’acquisto o il noleggio di queste attrezzature è molto, molto più costoso del prezzo della mano d’opera e verrebbe recuperato in tempi troppo lunghi. Quindi si resta ai sistemi tradizionali, evitando possibili innovazioni e progresso.
Perché dotarsi di scale, magari leggere, snodabili e sicure, quando con quattro pezzi di legno e qualche chiodo puoi costruire al momento la scala che ti serve?
In pratica, ci si deve augurare che il costo della mano d’opera aumenti. Allora diventerà conveniente rivolgersi a sistemi innovativi e stimolare, in parte, il progresso.
Le poche foto che vi allego vi fanno vedere, nella pratica, come si è svolto il lavoro di abbattimento degli alberi.
Fra le altre difficoltà, c’è stata anche quella delle formiche. Alcuni alberi erano diventati dimora abituale di milioni di formiche. Che pizzicavano e mordevano. Quindi chi si arrampicava e cominciava a tagliare i rami, ogni tanto interrompeva il proprio lavoro e si dava grandi manate su tutto il corpo, sopra e sotto i vestiti, per allontanare/ammazzare le formiche! Poi, fortunatamente, è arrivato anche l’insetticida e il lavoro è diventato più “semplice” (!!!).

P.S.: Bella accoglienza che ci avete riservato per il nostro temporaneo ritorno! Non potevate fare in modo di farci trovare un tempo più clemente?

https://plus.google.com/photos/100328113798454055311/albums/5933425649748505569?authkey=CPCAkNq-95Ka-gE


lunedì 30 settembre 2013

Rientro

Eccoci qua, quasi sul punto di partire. Manca una settimana.
Impazienza di tornare in Italia. Voglia di rivedere la famiglia, tutta. Attesa di accogliere la nipotina.
Ma anche: preoccupazione di interrompere un percorso. Necessità di organizzare l’assenza. Ansia dell’”Andrà tutto bene?”.
Ed è in quest’ultima domanda che si nascondono le insidie. In fondo, lavoro con persone adulte, tutte con un certo grado di esperienza (chi più, chi meno), abbiamo avuto tempo di conoscerci, ho avuto tempo per impostare un certo tipo di organizzazione. Perché non dovrebbe andare tutto bene?
Perché, sotto sotto, c’è sempre la solita presunzione: io sono più bravo, ho più esperienza, ho già superato questi problemi e se manco io, chi risolve i problemi?
E forse è in questa presunzione uno dei motivi del mancato o lento sviluppo di questi paesi: chi viene ad “aiutare” ha spesso la tendenza a “sostituirsi”. Tendenza nobile, senza dubbio, ma forse sbagliata. perché rallenta la crescita personale, che spesso avviene attraverso l’esperienza di errori altrettanto personali.
È sempre la stessa impostazione: alla persona che ha fame, non dare il pesce, insegnali a pescare. Probabilmente i primi tempi farà fatica e mangerà poco (ma mangerà!). Poi farà tesoro di errori ed esperienza e diventerà sempre più bravo. Al punto da insegnare ad altri.
Anche per quanto riguarda l’organizzazione aziendale si può scegliere fra un “pacchetto chiavi in mano” con le istruzioni per l’uso e il “competente” di turno; o un pacchetto che si costruisce insieme, giorno per giorno, a fatica doppia: costruzione del pacchetto e formazione continua.
Ma in questo secondo caso non ci sarà più la persona insostituibile e la crescita sarà avviata. In loco.

Quindi torniamo. Per breve tempo, una ventina di giorni. In tempo per l’ennesima crisi di governo, per  la prosecuzione della crisi economica, per ascoltare le ultime notizie di furti e privilegi indebiti. In fondo, niente di diverso da quello che abbiamo lasciato a luglio o di quello che lasciamo qui.
Anche qui c’è qualcuno che si ritiene insostituibile e a questo scopo ha modificato leggi e costituzione. Come  da noi.
Anche qui c’è qualcuno che ritiene di avere la bacchetta magica, anzi, il flauto magico: suona le sue canzoni, e sempre più gente lo segue, senza sapere dove va. Come da noi.
Anche qui la colpa è sempre di qualcun altro, possibilmente straniero. Come da noi.
Qui, oggi, si vota: solo elezioni amministrative, ma qui tutto si ferma: niente lavoro, niente servizi pubblici, niente mercati. Polemiche, promesse e tutto il resto sono come da noi. 
Italia, aspettaci. Stiamo tornando.
Cameroun, aspettaci. Torniamo fra poco.

Siamo a casa in entrambi i posti.

domenica 8 settembre 2013

Cosa dire di nuovo?

Dovrei parlare della vita di tutti i giorni, non molto diversa da quella che si vive, probabilmente, in qualsiasi altra parte del mondo.
Certo, in questo posto abitudini, clima, mentalità, rapporti personali, lavoro, tenore di vita sono molto differenti e ad ogni momento fai il confronto con situazioni analoghe che ti sono molto più familiari.
Bisogna imparare a calibrare bene il proprio comportamento: modi di fare e atteggiamenti che a “casa nostra” sono del tutto normali, qui assumono altri significati, a volte inopportuni.
Bisogna imparare a essere “diversi”: a essere guardati, magari insistentemente, per il diverso colore della pelle. A essere gli unici bianchi in un supermercato pieno di clienti e commessi neri.

domenica 25 agosto 2013

La Ceramica

Sono passati più di dieci giorni dall'ultimo post. Ma incominciamo a non accorgerci del tempo che passa, fra lavoro ordinario e straordinario. Le giornate sono piene, anche quando sembra che non ci sia niente da fare. E si fanno nuove conoscenze, o si approfondiscono quelle appena fatte. 
Qui a Mbalmayo ci sono due aziende che lavorano il legno, di origine italiana. Occupano parecchi operai e impiegati e sono una importante risorsa per tutta la città. 

mercoledì 14 agosto 2013

Foresta, fiume e... piroga.

Nei giorni scorsi sono arrivati 14 ospiti, tutti italiani. Sono arrivati la mamma, il papà e la sorella di Sara, ostetrica all'ospedale. E' arrivata la sorella di Monica, visto che lei quest'anno non riesce a tornare in Italia. E' arrivato Ernesto, il papà di un prete missionario a Garoua: ogni anno viene a trovare il figlio, facendo tappa qui da noi. Si porta dietro attrezzi di ogni tipo per costruire mobili e altre suppellettili in legno per la missione di suo figlio.
Gli altri sono giovani ventenni, di entrambi i sessi, che fanno un'esperienza di una ventina di giorni, per capire e imparare. E magari, in futuro, decidere per un'esperienza di volontariato. Li accompagna Francesco, figlio di un volontario COE, che ha già collaborato qui in Cameroun con il COE, soprattutto a Garoua con i ragazzi di strada.

domenica 4 agosto 2013

Chi arriva e chi parte

Rieccoci qua!
E tutto si rivede sotto un'altra  luce. Luce diversa, perchè la stagione è diversa. Siamo entrati nella stagione "fredda", la temperatura oscilla intorno ai 20/22 gradi, il cielo è quasi sempre coperto e ogni tanto scende quella pioggerellina con la quale non sai mai come comportarti: l'ombrello è eccessivo, una giacca impermeabile impaccia; e poi: smetterà o aumenterà? Bisogna fare come gli africani. Un po' la prendi, sono poche gocce sulla camicia, e se aumenta cerchi un riparo.

martedì 23 luglio 2013

I ragazzi di strada

Una delle attività del COE a Garoua è rivolta ai "ragazzi di strada".
Sono bambini, ragazzi e giovani, dagli 8/9 anni fino a oltre 20, che abbandonano (o sono espulsi) dalla casa familiare e incominciano a viveere per la strada, di elemosina o espedienti più o meno legali.
Per la stragrande maggioranza sono maschi, la presenza femminile è molto scarsa. 

sabato 20 luglio 2013

Su al nord: Garoua

Siamo andati a vedere un'altra struttura del COE in Cameroun: a  Garoua, un migliaio di chilometri a nord di Yaoundè. 
A Garoua il Coe ha realizzato un ospedale, strutture di accoglienza per ragazzi e giovani di strada, un vivaio e un centro di formazione agropastorale.
Siamo accolti in una casa spaziosa e ben organizzata, situata a fianco dell'ospedale e del vivaio.

mercoledì 3 luglio 2013

Le grandi città

A 40 km da Mbalmayo c'è la capitale Yaoundè. Si scrive con l'accento; la lingua ufficiale è il francese, quindi con accento finale; eppure tutti dicono Yaounde, senza accento finale! Non sono riuscito ad avere spiegazioni in merito, probabilmente la pronuncia deriva dalla lingua locale.
Ma, a parte questo particolare, del tutto insignificante, la città si avvicina molto alla metropoli: quasi 2 milioni di abitanti, traffico caotico, strade ampie e alberate. Ma anche stradine e sentieri, in terra battuta e quindi sentieri di fango quando piove. 

martedì 25 giugno 2013

Una visita all'interno della foresta

A Mbalmayo c'è una prigione. Qualche anno fa alcuni volontari del COE, con in testa Gabriella, la moglie del ceramista Walter, hanno preso accordi con i responsabili della prigione per svolgere alcune attività di supporto e assistenza.
Per prima cosa hanno fatto pulizia, scrostando i muri e dandogli una mano di bianco. Soltanto questo ha migliorato di molto le condizioni igieniche.

sabato 22 giugno 2013

Feste e ricorrenze

In Cameroun si festeggiano, naturalmente, feste nazionali e feste "sovranazionali".
Una di queste è il Primo Maggio, festa di tutti i lavoratori.
Sembra quasi un controsenso festeggiare il lavoro in un paese che ha un tasso di disoccupazione non molto diverso dal nostro (intorno al 12%), ma che contemporaneamente vede quasi il 50% del PIL generato da lavoro cosiddetto "informale". Modo diplomatico ed elegante per dire: lavoro nero, sottopagato, non garantito, non contrattualizzato, eccetera.

martedì 11 giugno 2013

Fuori da Mbalmayo

Fuori Mbalmayo ci sono molti villaggi e paesi. Quando si esce dalla città, percorrendo strade sterrate, dal fondo non proprio liscio e regolare, si viaggia in mezzo alla foresta. Ogni tanto si incontra qualche casa isolata o qualche villaggio.
Normalmente le case sono in muratura, cioè costruite con mattoni pieni e con il tetto sovente in lamiera ma anche in paglia. Si possono vedere ancora case costruite con mezzi artigianali e con l'utilizzo di materiali reperibili direttamente sul luogo della costruzione.

Facce e persone

Le persone che abbiamo frequentato, o conosciuto, o soltanto visto per una volta, sono così tante che era impossibile fotografarle tutte! E tutte avevano un ruolo: chi all'interno del Centro di Mbalmayo, chi in altre strutture COE del Cameroun. Ma hanno avuto un ruolo anche gli abitanti del Cameroun, grandi e piccoli, che con le loro parole, il loro comportamento o soltanto con la presenza, ci hanno permesso di incominciare a conoscere paese, cultura, usanze e difficoltà.

lunedì 10 giugno 2013

Primo album di foto

Andiamo per ordine. Del viaggio di andata vi ho già parlato nel primo post. Qualche notizia ve l'ho già fornita nel primo e secondo post.
Oggi cerco di farvi vedere qualcosa: come è fatta la struttura dove viviamo e vivremo; quale è l'immediato paesaggio fuori dal Centro.
E' un centro grande.
Comprende una scuola materna ed una elementare, per un totale di circa 500 alunni. 
Sono ancora circa 500 gli studenti che frequentano il College Nina e l'IFA. Il primo è una scuola superiore nella quale, fino a quest'anno, si insegnava puericoltura, assistenza agli anziani, economia domestica. Da quest'anno l'offerta sarà più ampia e moderna: informatica, contabilità, lingue, eccetera.
l'IFA, Istituto di Formazione Artistica, insegna grafica, disegno, pittura, scultura. E' forse l'unica scuola del genere in tutto il Cameroun, è molto quotata e insegna tutto ciò che riguarda l'arte in generale, ma con espressi collegamenti alla cultura tradizionale camerunese e africana in generale. In pratica, il recupero dell'arte etnica e la sua interpretazione in chiave moderna.
Collegato alle scuole superiori, c'è anche una specie di pensionato studentesco: una sessantina di studenti restano e vivono nella struttura per tutto il periodo scolastico. Gli viene fornito vitto e alloggio, anche se sono loro, a turno, a dover cucinare e fare le pulizie. In questo modo si fornisce loro anche un percorso educativo di vita comunitaria e autonomia. Ci sono tre educatori (al momento un'italiana e due camerunesi) e il lavoro è tutt'altro che facile: immaginate di gestire 60 adolescenti, di età variabile fra i 15 e i 20 anni, facendo tenere loro in ordine gli spazi dove vivono, facendoli cucinare, gestendo il loro tempo libero e i loro screzi, curando la loro attività scolastica. In futuro, questa sarà anche parte dell'attività di Ica.
Poi c'è un ospedale, attualmente gestito da un medico italiano che cesserà la sua attività nel prossimo agosto e trasferirà le sue competenze ad un camerunese. Ospedale con reparto di ostetricia e ginecologia, medicina interna, analisi mediche e radiologiche, sala operatoria; reparto di oftalmologia e servizio ottico.
C'è una parte di servizio sociale, con propri locali dove svolgere le attività. Cerca di fare animazione nei quartieri, un po' di formazione sociale e sanitaria e svolge opera di assistenza, recupero e riabilitazione nelle carceri, soprattutto verso i minori e le donne. Anche in questo settore sarà coinvolta Ica.
Infine, ci sono due attività produttive: una tipografia e una manifattura di ceramiche artistiche. 
La prima svolge le attività tipiche di una tipografia, ad esclusione della stampa di libri. Il resto, dai biglietti da visita ai manifesti e volantini, dalle riviste (a limitata tiratura) ai calendari; dai blocchi di ricevute a quelli di fatture numerate. Ha una discreta attività, tanto da chiudere in utile, ma potrebbe fare molto, ma molto di più. L'obbiettivo è quello di renderla non solo economicamente autosufficiente (ora dipende dall'Italia per manutenzione a ammodernamento delle attrezzature), ma far sì che i suoi guadagni possano in parte sostenere le attività sociali.
Stesso discorso per la manifattura di ceramica, che purtroppo chiude ogni anno in perdita. I suoi prodotti sono di elevata qualità, sia tecnica che artistica e sono molto apprezzati, soprattutto all'estero. Però, per queste motivazioni, il mercato di sbocco è abbastanza ristretto e non sufficiente a coprire i costi.
E di queste due attività dovrò occuparmene io: non da un punto di vista tecnico (non so nulla di ceramica e processi di stampa!), ma da un punto di vista di gestione aziendale, ristrutturazione dei costi, ricerca di canali di vendita. Se mi avanzerà tempo, dovrò dare una mano al responsabile COE di tutto il Cameroun, per impostare la gestione organizzativa e amministrativa.
E queste sono le informazioni basilari. Non siamo quindi in mezzo alla foresta e neanche in un villaggio di capanne. Siamo in una struttura piuttosto grande e complessa e collaboriamo con tutti gli altri dipendenti (in totale circa 150) per renderla sempre più efficiente. Noi a titolo volontario, gli altri regolarmente stipendiati.
Adesso, le foto potranno dirvi qualcosa di più. Le trovate a questo link e potete vederle meglio con la funzione slideshow.
Alla prossima.
 https://picasaweb.google.com/100328113798454055311/Album1DoveSiamo?authuser=0&authkey=Gv1sRgCNys28-47riWdg&feat=directlink

giovedì 6 giugno 2013

Ritorno e ritorno

Come ormai quasi tutti sanno, siamo tornati. E' il primo "ritorno" del titolo.
Il secondo "ritorno" è riferito al fatto che, fra una quarantina di giorni, saremo ancora in Cameroun, a Mbalmayo.
Speravo veramente di riuscire a comunicare con tutti voi tramite questo blog, ma le dotazioni tecniche erano (e sono, per ora) insufficienti. Ma non è responsabilità dell'Africa o del Cameroun in particolare. Sono, purtroppo, le dotazioni tecniche del centro dove siamo stati ad essere insufficienti.
Probabilmente, nella nostra prossima permanenza riusciremo a risolvere (in parte) questo problema.
Raccontare ciò che abbiamo visto e vissuto in questo mese e mezzo di permanenza è veramente difficile: pensieri e ricordi si accavallano e questo blog servirà prima di tutto a me, per mettere ordine nei ricordi e per non dimenticare.

sabato 20 aprile 2013

Mbalmayo

Arrivati, viaggio buono anche se lungo e noioso. Con qualche piccola sorpresa all’aeroporto di Istanbul, dove il famosissimo “caffè turco” per prima cosa non è turco; è fatto da una italianissima Cimbali (tipo quelle domestiche, non quelle da bar!), mal regolata e che quindi fa un “bel” caffè lungo e slavato e, infine, costa soltanto l’equivalente di 4,80 euro! Però il caffè è tostato al momento, visto il tempo che abbiamo dovuto aspettare.
A parte questa insignificante disavventura, il viaggio, come dicevo, è stato buono: nessun ritardo, servizio in aereo piacevole, ottima scelta di film da poter vedere durante le sette ore fra Istanbul e Yaoundè, tanto tempo per dormicchiare e per pensare: come andrà?
Arrivo, come previsto alle 23,05 (forse anche un paio di minuti prima) corrispondenti alle nostre 23,05 senza ora legale, attesa limitata dei bagagli. Giusto il tempo sufficiente per togliere giacca, golf, rimboccare le maniche della camicia e pensare che forse anche le scarpe sono di troppo. Però fuori dall’aeroporto c’è un po’ d’aria, quel tanto che basta per non farti tenere spalancato il finestrino dell’auto durante il viaggio fra Yaoundè e Mbalmayo.
Corriamo (si fa per dire) sull’autostrada: 2 corsie, una per ogni senso di marcia, nessun guardrail fra una e l’altra: più o meno come la strada fra Candia e Mortara. Però alla fine c’è il “casello” per il pagamento del pedaggio: 4 bidoni piazzati in mezzo alla strada, che riducono la larghezza ad una sola corsia e tre persone in piedi in mezzo alla strada che incassano i soldi del pedaggio.
Siamo arrivati a Mbalmayo, ormai è passata mezzanotte e il fatto di essere entrati a Malpensa alle nove di mattina incomincia a farsi sentire. Scarichiamo i bagagli, ci accompagnano alla casetta che ci hanno preparato, qualche istruzione per il giorno dopo e, finalmente, buona notte. Così almeno pensavamo. Ma le istruzioni per la mattina dopo ci hanno lasciato di stucco: “normalmente c’è la messa alle 6,30 e la colazione alle 7,30, ma siete stanchi e quindi se anche arrivate alle 8 ci sarà ugualmente la colazione. Ma vi sarà difficile dormire oltre le 7, perché arrivano tutti i bambini dell’asilo e sapete come sono i bambini….”.
Eh già! La nostra casetta fa parte del complesso scolastico e precisamente della parte riservata all’asilo infantile (questo asilo infantile incomincia a perseguitarmi! Collegando la faccenda all’Africa, incomincio a credere alla stregoneria!). E in effetti i bambini incominciano ad arrivare qualche attimo prima delle 7: si chiamano fra di loro, si salutano come se fossero tutti sordi e non si vedessero da 30 anni, salutano mamme, sorelle e zie che li hanno accompagnati e si riversano, silenziosamente e disciplinatissimi (!) nelle rispettive aule (confinanti con la nostra casetta) dove finalmente ritrovano (con esclamazioni di gioia che tutto il mondo deve sentire) gli oggetti che avevano abbandonato il giorno prima.









Come è andata a finire? Qualche minuto dopo le 7,30 eravamo a tavola con gli altri a fare colazione!
Abbiamo conosciuto gli altri volontari italiani che sono qui a svolgere anche loro un servizio. Una decina di persone, in età compresa fra i 30 e gli 84 anni: chi gestisce la segreteria e l’amministrazione, chi si occupa dell’ospedale, chi si occupa di insegnare l’arte ceramica (l’ottantaquattrenne) e lo fa ormai da 30 anni, chi segue la parte scolastica. E naturalmente i camerunesi che qui lavorano, nell’ospedale, nella scuola, nell’asilo, nel pensionato studenti, nel Centro di Arti Applicate e nella stamperia.
E, naturalmente, la natura africana: verde, rigogliosa, che ti viene addosso con la sua bellezza selvaggia anche quando è coltivata. E anche all’interno di un complesso dove siamo noi adesso, con case, vialetti in cemento, campi di calcio in asfalto o ghiaia, portici sotto quali ripararsi dalla pioggia e sotto i quali poter percorrere quasi tutto il complesso, in mezzo a tutto questo cemento crescono piante altissime e fronzute, manghi pieni di frutti, altre piante con tronchi incredibili e radici che spuntano da sotto terra quasi fossero tronchi in miniatura. E animali a metà strada fra la lucertola e l’iguana, lunghi anche più di una spanna, con la testa, il collo e la coda (quella tipica delle lucertole) di un bel colore rosso-arancio e il resto del corpo di un colore indefinibile fra il grigio e il verde. E, rispetto alle lucertole, larghi tre volte.










E poi, durante il pranzo, dal cielo già nuvoloso incomincia a scendere la pioggia: una pioggerella che si trasforma velocissima in scrosci abbondanti e violenti, che batte sui tetti in lamiera con un rumore fortissimo, che in pochi attimi riempie gli scoli che circondano ogni casa. Come se, intorno ad ogni casa, si fosse materializzato un torrentello impetuoso. Piove così per un’ora abbondante; poi, nel giro di un’altra mezz’ora, la pioggia diminuisce sempre di più e smette definitivamente (per oggi!). E compaiono le rane: a decine, ti accompagnano per tutto il tragitto, escono dai fossi e dai cespugli e saltellano a destra e sinistra, anche sulle scarpe.
Ha smesso, possiamo andare a vedere cosa c’è fuori dal complesso dove viviamo. Non ci sono le strade asfaltate, solo terra battuta, solcata dai rivoli della pioggia, che lascia segni profondi e buche. E solo perché sulla strada c’è sempre qualcuno che cammina, corre, trasporta o vende, la vegetazione si ferma ai bordi della strada. Ma, anche se le strade sono in terra battuta e maltenute, c’è sempre a fianco un canale di scolo per l’acqua piovana.
E c’è anche un servizio di trasporto pubblico: è garantito da motociclisti, che vengono a prenderti sotto casa e mettono a disposizione un posto sulla moto, a volte anche due posti. Oltre a quello del guidatore, ovviamente.
E ora passiamo un momento alle noti dolenti.
Scarsità di comunicazioni.
C’è il telefono, naturalmente, ma non siamo ancora riusciti a comprare un sim locale.
C’è internet, ma una sola postazione per tutti. Esisteva un collegamento veloce, ma causa furto di alcune attrezzature ora non c’è più. C’è una chiavetta, che permette un collegamento a 126K: lentissimo quasi quanto il vecchio doppino telefonico.
Quindi, non aspettatevi interventi frequenti e, per le foto, invocate qualche miracolo: uno degli attuali ospiti ha impegnato 4 ore per spedire 4 foto. Un’ora a foto. Non sono ancora pronto per una missione del genere! Vedremo in futuro se sarà possibile migliorare le cose.
Fra l'arrivo ed ora abbiamo incominciato a conoscere gli altri volontari presenti, la struttura, le attività e, soprattutto, i problemi. C'è grande disponibilità ed enorme attesa. E quest'ultima cosa è la più preoccupante!
Per ora, tanti saluti a tutti.