giovedì 14 novembre 2013

Il ritorno

E infine siamo tornati, qui a Mbalmayo, nell’altra nostra temporanea e provvisoria casa.
Siamo stati in Italia, ben tre settimane! Il tempo necessario (e insufficiente) per accogliere il nuovissimo, piccolissimo, simpaticissimo membro del nostro clan. In effetti, è una simpaticissimA bimbA, quanto può esserlo una bimba appena nata, della quale si scruta e si cerca di analizzare (indovinare?) ogni più piccolo movimento, ogni più piccola tendenza, ogni minimo segno di crescita e di buona salute. Nina (così si chiama) è già diventata la persona più importante del nostro clan familiare. Ma ogni genitore che legge queste righe sa perfettamente cosa intendo e quali difficoltà ci possono essere ad esprimere in modo completo sentimenti, speranze, auguri che si accompagnano ad ogni nascita.
Anche qui Nina è conosciuta: non in tutto il Cameroun (per ora!), non esageriamo. Ma nel nostro Centro tutti hanno chiesto notizie, hanno guardato foto, si sono complimentati.
E noi siamo contenti. Naturalmente un po’ dispiaciuti di non poterla vedere tutti i giorni, di non poter assaporare le sue prime piccole conquiste, di non poter condividere con i genitori gioie e preoccupazioni. Ma il legame profondo che c’è nella nostra famiglia è tale che non può certo essere sminuito dalla lontananza. Anzi, serve a rafforzarlo ancora di più.

E qui?
Qui tutto bene e tutto prosegue. Un po’ come ci eravamo immaginati, un po’ con qualche difficoltà imprevista, ma superabile.
La stagione delle piogge non è ancora finita: il cielo è spesso coperto, ogni tanto si apre e viene fuori un sole bello caldo (e abbronzante!). Ogni tanto si apre e butta giù tanta di quella acqua che è difficile da immaginare. È già due o tre notti che piove tutta notte: immaginate uno dei nostri temporali estivi, per intensità, che vada avanti per ore e ore anche senza tuoni e fulmini. Alla mattina si placa, come se fosse cosciente che di giorno bisogna lavorare e che ci sono già sufficienti ostacoli, senza aggiungere anche quello dell’acqua.
I lavori di manutenzione straordinaria (termine un po’ riduttivo) proseguono; si interrompono quelli esterni solo quando la pioggia è troppo forte. E allora ci si sposta all’interno. Attualmente sono quattro le imprese che lavorano e quattro sono i cantieri da seguire: controllare l’avanzamento dei lavori, evidenziare errori o incompletezze, ascoltare i nuovi problemi sorti, decidere se sforare i preventivi o trovare soluzioni alternative, suggerire accorgimenti che non rientrano ancora nella tradizione locale, introdurre piccole innovazioni. Imparare le differenze. Ad esempio, scordatevi i ponteggi che si vedono normalmente da noi. Qui il legno è sovrano. Se serve un ponteggio per arrivare a lavorare al secondo piano di un edificio, si costruisce al  momento, con legno e chiodi. Una gamba del ponteggio appoggia male per l’inclinazione del terreno? Si fa una giunta con un pezzo di legno e quattro chiodi. Serve una scala di un metro? Due pezzi di legno lunghi, tre o quattro più corti a fare i gradini, chiodi quanto basta e voilà, la scala è pronta. Poi si schioda il tutto ed eventualmente la prossima volta si ricostruisce. E, mi raccomando: solo chiodi. Il legno è resistente e duro: quattro martellate e il chiodo entra; se fosse una vite, ci vuole molta più fatica. Oppure servirebbe un avvitatore elettrico, cioè la corrente, ma non è detto che ci sia una presa disponibile e vicina e che ci sia sempre la corrente, anche soltanto per ricaricare le pile. E poi le viti hanno maggiori probabilità di spezzare il legno e renderlo inservibile.
I miei giri per i cantieri servono naturalmente a raccogliere lamentele e suggerimenti di chi lavora al Centro o ci vive: questo non va bene e dovrebbe essere fatto in un altro modo; questo qui avrebbe dovuto essere fatto cosà; ma quando viene fatta quella cosa lì? E poi la classica richiesta: già che state facendo questi lavori, non si potrebbe fare anche …..? una risposta a tutti, un “vedremo, forse”, o un cortese no. O anche un “certo, lo faccio fare subito”. E i costi salgono.


A proposito di corrente e altri servizi.
Alla fine della scorsa settimana siamo rimasti senza luce. Non ci si preoccupa più di tanto: succede, abbastanza frequentemente, che manchi la corrente e che ritorni nel giro di una o due ore. Quando manca per tutta una giornata incominci a impensierirti. Se ti manca anche alla sera (e non hai un generatore) ti infastidisci parecchio: provate a immaginarvi a casa vostra, senza luce, qualche candela, forse una pila (che dopo un po’ si scarica), senza radio o televisione. È abbastanza scomodo. Se poi la mancanza di corrente prosegue per tutta notte e anche la mattina dopo, la preoccupazione aumenta: e tutta la roba in frigo e nel congelatore? Poi, finalmente, ecco la luce! Dopo tutto il venerdì e il sabato mattina, puoi tirare un sospiro di sollievo. Controlli il frigo: e perché si accende quella spia? E quell’altra invece è spenta? Accendi la luce della camera e la lampadina si fulmina immediatamente. Accendi un’altra luce, un neon, e sembra che voglia esploderti in faccia. Blocca tutto, stacca l’interruttore generale e rivolgiti ai vicini, che ti dicono di non avere problemi (ti dicono!). sarà qualcosa nell’impianto di casa? E dove troviamo un elettricista il sabato pomeriggio? Trovato! Viene, cortesissimo e immediatamente (è uno di quelli che stanno lavorando alla ristrutturazione!), fa un test sul contatore generale e, pacatamente, ti dice: staccate tutto, perché stanno mandando corrente a 380 volts. E ti vengono i sudori freddi: oltre alla lampada, si sarà bruciato qualcosa d’altro? Frigo, tv, stabilizzatore per gli apparecchi elettronici?, scaldaacqua? E quando sistemeranno il guasto? Chiamata subito l’azienda elettrica, che immediatamente ha tolto la corrente a tutto il quartiere. Prendi i cibi congelati, trasportali al Centro, dove funziona il generatore, àrmati di pazienza: di domenica senza dubbio non sistemano nulla, speriamo lunedì. Forza e coraggio: manca anche l’acqua!
Ma ce l’abbiamo fatta! Lunedì è tornata la corrente, a 220 volts. Qualche problemino con il nostro impianto, ma è tornato l’elettricista, ha controllato tutto e tutto ormai funziona. Calcolo dei danni: una lampadina bruciata, una sveglia ormai inutilizzabile, saltato il fusibile dello stabilizzatore. Tutto sommato, poca roba: si continua a vivere e a lavorare.

Ma ci sono altre cosucce che creano, a dir poco, un po’ di perplessità.
Per fare i lavori di manutenzione straordinaria, c’è stata la necessità di aprire un apposito conto corrente, con il versamento di una cifra rilevante. Su questo conto abbiamo la firma in due: io e il responsabile di COE Cameroun che, al momento dell’apertura del conto, era in Italia per il suo periodo di ferie. Parliamo di fine luglio. Quindi, aperto il conto, versata la somma e, naturalmente (!), impossibilità di utilizzo perché mancava l’altra firma e, giustamente, la delega a mio favore ad operare. Fin qui, nulla di strano: è una giusta prassi. Forse avrebbero dovuto dirlo prima che noi versassimo i soldi che, da quel momento, sono risultati inutilizzabili.
Il responsabile COE Cameroun è tornato dopo ferragosto; completata la burocrazia e il deposito delle firme e la richiesta di un libretto di assegni, ci è stato detto che dovevamo attendere il benestare della sede principale, sita a Douala, 450 km più a ovest. Evidentemente tutta la pratica è stata portata a piedi, perché a fine settembre, nonostante continui solleciti, ancora non sapevamo niente: i controlli della sede principale continuavano. Da fine luglio, i nostri soldi erano in mano alla banca e noi non potevamo utilizzarli! Poco prima di partire per l’Italia, ho fatto l’ennesima richiesta e, all’abituale “ci dispiace, ma non c’è ancora la disponibilità”, mi sono leggermente alterato, dicendo con cortesia e delicatezza che ormai la banca aveva utilizzato abbastanza i nostri soldi e che era arrivato il momento che potessimo utilizzarli anche noi. Miracolo! Il giorno dopo il conto era finalmente operativo! Senza assegni, perché quella era una cosa più lunga, ma i contanti almeno li potevamo prelevare. Al mio ritorno dall’Italia (anzi, una settimana prima) c’era anche il libretto di assegni e ho capito perché questo mezzo di pagamento non viene utilizzato. Come in tutto il resto del mondo, per prelevare contanti o si compila un apposito modulo, o si stacca un assegno e lo si incassa. Per l’assegno è necessario:
  •    compilare l’assegno
  •    fare la firma di girata
  •    scrivere sul retro dell’assegno il proprio nome e cognome, il numero di un documento di identità, un recapito telefonico
  •    allegare la fotocopia del documento di identità utilizzato
  •    avere con sé detto documento perché si possa verificare la corrispondenza con la fotocopia
  •    dopo tutto ciò, finalmente si incassa, con calma.

Se per caso sul conto ci sono firme congiunte, tutta la trafila va fatta per tutte e due i firmatari, che devono essere fisicamente presenti in banca!
E portatevi una borsa, perché il taglio massimo delle banconote è 10.000 franchi. Se vi serve un milione (cifra irrisoria per lavori della nostra portata), sono dieci mazzette da dieci banconote ciascuna. Quando è giorno di stipendi (si pagano in contanti e dimenticate i bonifici: viaggiano fra i 15 e i 30 giorni!), magari serve qualche milione! E dimenticatevi anche il bancomat: è disponibile solo per i privati. Niente aziende o attività commerciali.
Noi dobbiamo continuare a lamentarci delle nostre banche, per mille motivi. Ma se in Cameroun ci fosse il nostro sistema bancario, con tutti i suoi difetti, farebbero salti di gioia alti tre metri! E lo sviluppo sarebbe molto più veloce.

Nel frattempo, bisogna, appunto, continuare a lavorare: Ica con i suoi conti e io con le ceramiche e la tipografia. Abbiamo un discreto periodo di vendite, fra dieci giorni c’è un’importante esposizione/vendita presso la residenza dell’ambasciatore italiano, la settimana dopo un’altra esposizione/vendita presso un importante albergo della capitale; stiamo partecipando ad una selezione organizzata dal ministero del turismo per essere fra gli espositori di una importante fiera internazionale che si terrà, l’anno prossimo, in capitale; sto prendendo le ultime informazioni per le spedizioni internazionali dei nostri oggetti. Vi terrò al corrente: acqua, luce, internet e banca permettendo!
A presto! 

4 commenti:

  1. Ciao Angelo, leggo sempre con attenzione e curiosità i tuoi post.
    Un grosso abbraccio a te e a Ica da noi tutti. A presto.
    Paolo, Ilaria, Sofia e Leonardo

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  2. Ciao Angelo, sono solidale con voi per tutte le vostre disavventure che paiono ancor più grandi dal fatto di essere estranei in un paese nuovo. Come vedi però alla fine si rimedia tutto e, certo, ci vuole molta pazienza. Per quanto riguarda le banche da noi gli assegni stanno andando in disuso, ma ti assicuro che la trafila dell'incasso di uno di questi non è molto dissimile da lì, soprattutto se non si utilizza la propria banca (dove si ha il c/c), ma si va presso quella dell'emittente. Ne sanno qualcosa coloro che in questo periodo assai critico il contocorrente non ce l'hanno più.
    Saluta Ica e Mbalmayo Giovanna e Roberto

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    1. la differenza sta nel fatto che quella trafila la subisce chi emette un proprio assegno e va nella propria agenzia bancaria per incassare: cioè cambiare un proprio assegno emesso sul proprio conto con soldi contanti propri.

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  3. Ciao, Angelo ! Ho letto d'un fiato il tuo blog e mi è sembrato di essere lì con voi, a scrutare il ritorno del sereno, a sperare che la corrente riprenda in fretta e che siano minimi il grado di rammollimento dei cibi nel freezer e i danni del voltaggio sbagliato. Mi sembra che stiate facendo davvero grandi cose. Vi pensiamo con affetto e ammirazione.
    E tanta tanta felicità per la Nina.
    Un grande abbraccio a te e a Ica .

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