domenica 16 novembre 2014

Usi e costumi

Nel mese di ottobre c’è stato qualche avvenimento di rilievo, almeno per noi. Non so se sarà interessante anche per voi, ma ve lo racconto ugualmente.

Se vi ricordate, vi avevo già detto che durante il mese di agosto era comparsa, inaspettata, una delegazione di parlamentari in visita al CAA.

sabato 1 novembre 2014

Fiat lux

E dopo tre giorni la luce fu!
Senza alcun intervento divino, forse.
Martedì scorso, nel pomeriggio, è andata via la corrente. Ve l’ho già detto altre volte, ogni tanto succede. Restiamo senza corrente 5 minuti, o mezz’ora, a volte un’ora o due. Ma come l’anno scorso, questa volta la corrente non torna. A sera si incominciano a prendere un po’ di informazioni e la verità viene subito a galla: è bruciato un trasformatore e tutto il quartiere è senza energia elettrica. Incominciano a balenare le ipotesi: forse domani, forse giovedì; è venuta una squadra di tecnici da Yaoundè, aspettano il trasformatore nuovo.
Comunque: tutto fermo.
Il nostro complesso ha un gruppo elettrogeno, abbastanza vecchio. Fino a non molto tempo fa tutte le strutture del Centro erano collegate al gruppo: l’ospedale, le scuole, la Casa e il Foyer, il CAA. Ma l’ospedale è cresciuto e ha esigenze che hanno ovviamente la precedenza su tutte le altre strutture. Se la potenza fornita dal gruppo è insufficiente a sostenere tutte le attività, è naturale che la scelta fra alimentare una sala operatoria o i forni delle ceramiche  è scontata, non si pone neanche il problema. Allo stesso modo, le scuole funzionano fino alle 16,30, possono utilizzare la luce del giorno. Certo non funzionano i computer, ma nella norma un paio d’ore senza computer non creano grossi problemi. Nelle scuole. Leggermente diverso se computer e stampanti ti servono per lavori di tipografia: bisogna telefonare subito ai clienti e rimandare la consegna dei lavori.
Ma ci sono anche riflessi economici interni su tutta la faccenda: un gruppo elettrogeno ha un costo non indifferente: gasolio prima di tutto. È un motore diesel, di grande potenza, con un consumo medio di un litro di gasolio all’ora ogni 3 KW di potenza.  Sono dati tecnici, lo so, ma tanto per darvi un’idea, a noi del CAA servirebbe un gruppo da 20 KW, cioè un po’ più di sei litri di gasolio all’ora. Utilizzate pure il prezzo del gasolio in Italia e avrete un’idea di quanto costa un gruppo elettrogeno ogni ora di funzionamento a pieno regime. In proporzione, qui da noi il gasolio è più caro. Altro costo non indifferente è la manutenzione: come per le auto, quanto più è vecchio, tanto più costa.
A livello di economia interna al Centro, non c’è un calcolo preciso di quanta energia consuma ogni struttura quando viene utilizzato il gruppo: si va in percentuale sul consumo medio di energia elettrica e il costo totale del gruppo viene ripartito in quel modo.
A inizio anno, però, ho fatto una banale considerazione: perché il CAA deve assumersi un costo percentuale di utilizzo del gruppo, se può utilizzare soltanto la luce dei diversi ambienti, ma non può far funzionare tutti i macchinari, computer compresi? Non mi sono attirato molte simpatie, ma il CAA ha preso la decisione di staccarsi completamente dal gruppo e non partecipare alla divisione dei costi. In seguito, la stessa decisione è stata presa anche dalle scuole.
Da un po’ di tempo si sta ragionando sulla possibilità di sostituire il vecchio gruppo con uno più performante, che consenta ancora di fornire un servizio completo a tutte le strutture del centro, ma i costi sono molto elevati: solo per il CAA, occorrerebbe un investimento di una ventina di milioni di franchi, circa 30.000 Euro. Per un uso presumibile, totale, di una ventina di giorni all’anno. Ovvio che si vada molto con i piedi di piombo.

A parte queste considerazioni tecnico-economiche, la gestione della mancanza di corrente è abbastanza semplice: si fanno i lavori che non hanno bisogno di corrente. I ceramisti non usano i torni, non usano i forni, non usano le pistole a spruzzo per smaltare, ma possono modellare a mano, possono incidere (a mano) l’argilla fresca, possono dipingere con colori e pennelli. I grafici, beh qui è un po’ più difficile: possono pensare a nuovi disegni e usare carta e matita; possono fare ordine nei loro archivi cartacei; insomma, possono fare ben poco. Anche in tipografia il lavoro senza corrente è scarso: assemblaggio di lavori già pronti, con graffatura manuale, controllo delle scorte di materiale e quasi nient’altro.
E il direttore? Ah, lui è in una situazione di privilegio: usa un computer portatile a batteria e quando è scarico si trasferisce alla Casa che è collegata al gruppo e ricarica il PC, continuando a lavorare. Deve ricordarsi di tenere sempre il computer carico, altrimenti quando torna a casa si ritrova senza possibilità d’uso.
Anche a casa siamo senza corrente: il secondo giorno abbiamo fatto il trasferimento delle nostre derrate alimentari dal freezer domestico a quello della Casa. Dobbiamo ricordarci di mettere sotto carica le lampade a ricarica, altrimenti siamo completamente al buio e dobbiamo vivere con le candele: molto romantico, ma di una scomodità!
E, finalmente, giovedì sera abbiamo avuto l’informazione che il nuovo trasformatore era arrivato: forse venerdì, più probabilmente sabato, avremmo avuto ancora la luce.
Quando il gruppo elettrogeno funziona, si sente: è il rumore di un motore diesel, quasi senza fono assorbenza. Si sente a qualche centinaio di metri di distanza.
E venerdì pomeriggio, naturalmente a fine orario di lavoro, il rumore è cessato. Un attimo di suspense: riprende o torna la luce? È tornata la corrente, il guasto è stato riparato, ricomincia una vita normale!!!
Ma, istruiti da precedenti esperienze, prima proviamo le luci: reggono e sono normali. Allora possiamo accendere anche i computer e le altre macchine. Sì, perché in una occasione simile nel recente passato, una volta avevano invertito le fasi e un’altra volta avevano mandato corrente a 380W anziché 220W.
Ok, stavolta tutto bene. Fiat lux et lux fux, pardon, fuit.

È la rappresentazione delle carenze di questo Paese: infrastrutture carenti e carenza, anche, di buoni tecnici.
Un trasformatore bruciato ha comportato la richiesta di quel trasformatore a Douala (quasi 300 km), il trasporto fino a Mbalmayo, più di mezza giornata data la situazione di traffico e strade, l’invio di operai specializzati da Yaoundè e qualche altra piccolezza. Avere una scorta in loco per eventualità del genere comporta costi che anche le aziende private stentano a sostenere e quindi i tempi si allungano.
Poi ci sono anche gli interessi privati e particolari che si mettono di mezzo.
Qualche giorno fa al CAA ci siamo accorti che mancava l’acqua. Questa è una situazione frequentissima: tutti i giorni l’acqua manca per qualche ora o anche di più. Se non esce acqua dai rubinetti, non vai a pensare che ci sia un guasto sul tuo impianto. Ci pensi solo quando qualcuno ti informa che i tuoi tubi stanno allagando la strada. Ed è ciò che è successo a noi. Siamo andati subito a controllare e abbiamo visto che c’era un tubo rotto, ma a monte del nostro contatore: quindi non ci riguarda personalmente, ma abbiamo immediatamente informato l’azienda di distribuzione, perché riparasse il danno.
Dopo neanche tre ore sono arrivati due tecnici: il danno c’era, si era persa molta acqua e noi dovevamo riparare il danno e rimborsare la perdita.
Sono caduto dalle nuvole: se il danno è a monte, perché devo pagare io?
Questo è il regolamento, il cliente è ritenuto responsabile, deve informare immediatamente l’azienda di ogni “stranezza” nella fornitura d’acqua, altrimenti i danni ricadono tutti su di lui.

“ma possiamo riparare subito il danno, senza considerare la perdita d’acqua e vi portiamo il conto”

E qui ho incominciato ad avere qualche dubbio e ho chiesto un preventivo del lavoro, rimandando la decisione a dopo pranzo.
Contentissimi, i due tecnici hanno assicurato la loro presenza subito dopo pranzo e che avrebbero riparato immediatamente il danno.
Nel frattempo, sono andato a cercare il contratto e ho verificato, come immaginavo, che quei danni erano a carico dell’azienda e nulla doveva essere chiesto al cliente, a meno che il danno non fosse stato procurato da lui stesso.
Quando i tecnici sono tornati, ho chiesto il famoso preventivo, ma l’ho chiesto su carta intestata dell’azienda e ho detto che avrei pagato ciò che c’era da pagare, soltanto a presentazione di una regolare fattura dell’azienda distributrice.
Apriti cielo! Non erano questi gli accordi, lei spenderà molto di più, abbiamo testimoni che il danno è stato procurato da voi, sono stati i ragazzini delle scuole intanto che tagliavano l’erba con il machete (che hanno scavato sottoterra per 60 cm e hanno spaccato un tubo!).
Alla fine, sono andato all’ufficio locale dell’azienda e, devo dire a fatica, sono riuscito a far valere le mie ragioni: danno riparato a spese dell’azienda, nessun addebito (dovrò verificare sulla prossima bolletta), testimoni scomparsi.

E anche questo, secondo me, è un freno allo sviluppo: il prevalere dell’interesse personale sull’interesse della collettività. Ed è soltanto la collettività che può determinare il cambiamento, rifiutandosi di soddisfare gli interessi personali. Difficile e a volte rischioso. Anch’io, in questa occasione, ho avuto il consiglio di lasciar perdere, accettare la riparazione fatta in proprio dai due tecnici, e avere l’acqua subito. Ma avrei rafforzato un’abitudine non solo scorretta, ma anche illegale.
È il vecchio sistema: paga qualcosa per ottenere subito ciò che ti serve. E quando sono in tanti a adottare questo sistema, la corruzione aumenta. Perché la corruzione prevede sempre due soggetti: corruttore e corrotto.
E sarà nato prima l’uovo o la gallina?

P.S.: - 44 giorni