domenica 16 novembre 2014

Usi e costumi

Nel mese di ottobre c’è stato qualche avvenimento di rilievo, almeno per noi. Non so se sarà interessante anche per voi, ma ve lo racconto ugualmente.

Se vi ricordate, vi avevo già detto che durante il mese di agosto era comparsa, inaspettata, una delegazione di parlamentari in visita al CAA.

In realtà, questa delegazione aveva fatto un primo sopralluogo per verificare la possibilità di portare in visita, durante il mese di ottobre, una folta delegazione di parlamentari provenienti da tutto il mondo e appartenenti alla “Associazione dei Parlamentari del Commonwealth”, cioè di tutti quei paesi e nazioni che costituivano, tempo fa, l’Impero Britannico. 53 nazioni, fra le quali (e vado molto a memoria) il Canada, l’India, il Pakistan, l’Australia, la Nuova Zelanda, Malta, Cipro, Cameroun e naturalmente la Gran Bretagna. E questi parlamentari si ritrovano ogni anno in un paese diverso, a parlare della loro associazione, dei problemi comuni, delle possibili soluzioni. E magari a fare anche un po’ di turismo!
Quest’anno è toccato al Cameroun e gli organizzatori hanno pensato che sarebbe stato interessante far vedere a questi parlamentari anche il nostro Centro, le nostre scuole e LE CERAMICHE!
La preparazione è stata abbastanza complessa: era previsto l’arrivo di 150 persone (più o meno 3 per ogni paese), più accompagnatori, servizi di sicurezza, pullman, autisti, eccetera.
Ma tutto è stato semplificato dalla disponibilità degli organizzatori: lavori di allestimento, pulizie, tendoni, tutto sarebbe stato pagato.
Hanno chiesto depliant illustrativi in inglese: fatte le traduzioni e stampati.
Hanno chiesto un “oggetto ricordo” per ognuno dei partecipanti: l’hanno scelto, noi l’abbiamo fatto.
Hanno chiesto che ci fossero molti oggetti esposti: fatto.
Alla fine, è andato tutto bene: sono arrivati molti meno di 150, forse una quarantina. Ma, per quanto riguarda il CAA, abbiamo avuto un ottimo ritorno economico.
E qualcosa arriverà anche nel prossimo futuro.
Ho avuto comunque modo di conoscere qualche politico camerunese importante e verificare che c’è organizzazione, attenzione, idee. Poi succede che si scontrano con problemi economici piuttosto gravi e che molte idee devono restare nel cassetto, come succede in tutti i paesi del mondo.
Ciò che si può dire è relativo al rapporto fra popolazione e autorità.
Queste ultime sono comunque e sempre tutti coloro che, in un modo o nell’altro, rappresentano il “potere”, sia esso economico o politico. Quest’ultimo sempre più importante del primo.
E quindi, striscione di benvenuto, coro (fatto dagli allievi delle diverse scuole) di accoglienza, sedie e poltrone, discorsi di prammatica con reciproci ringraziamenti, ordine, pulizia e vestiti della festa.
Naturalmente, tutto si è svolto all’aperto e sotto i portici del nostro Centro.
Altrettanto naturalmente, a metà dell’evento non poteva mancare il temporale che fortunatamente è durato soltanto pochi minuti.
Provenendo da paesi anglofoni, c’era bisogno di qualche interprete: alcuni dei nostri impiegati, originari del West-Cameroon, parlano inglese e ciò è stato di aiuto.
Quando, ad agosto, l’organizzatrice si è accorta che io non conoscevo l’inglese, mi aveva invitato ad impararlo entro ottobre! Non l’ho fatto, ma non mi ha tolto il saluto!

Sempre in ottobre, ci è stata annunciata la visita del Governatore della nostra regione. Il Cameroun è diviso in regioni: Nord, Centro, Sud, Ovest, Litorale, noi siamo il Centro. Il Governatore è quindi la massima autorità politica della nostra regione e la sua visita è un fatto eccezionale e importante. Soprattutto quando si viene a sapere che, nella sua visita, ha scelto soltanto tre luoghi da visitare e uno dei tre è il nostro Centro. Attirato, a quanto pare, dalla presenza di una scuola d’arte e dalla collezione di oggetti artistici.
Possiamo dire che anche questo è stato un risultato della precedente visita del Commonwealth: il Prefetto, positivamente impressionato da ciò che facciamo e dalla organizzazione che abbiamo dimostrato, ci ha fatto un po’ di pubblicità.
Anche in questo caso, naturalmente, predisposizione della dovuta accoglienza: arrivo previsto alle 10,30 del mattino. Dalle 10, scuole chiuse per permettere di schierare gli allievi per dare il benvenuto; corale pronta con i canti, preside della scuola e insegnanti in abito da cerimonia, alcuni con appuntate sul petto le medaglie riconosciute a qualche merito, probabilmente di lavoro.
Arrivo previsto, come dicevo, alle 10 e mezza. Poi spostate alle 11. Ma alle 11,30 ci dicono che il Governatore è appena arrivato a Mbalmayo e prima ci sono cerimonie in città. Quindi pensiamo che da noi sarà presente soltanto dopo mezzogiorno.
Nel frattempo bambini e ragazzi sono là, quasi schierati. A mezzogiorno si dice agli impiegati che non possono andare in pausa, perché non si possono certo far trovare gli uffici chiusi.
All’una, dissacrante come sempre, vado a mangiare. All’una e tre minuti l’avviso: “Arriva!”.
Molla tutto e corri ad aspettarlo, ma era un falso allarme. Era arrivata solo la pattuglia della polizia, per verificare che tutto fosse in ordine e non ci fossero in giro elementi di disturbo.
Ho continuato il mio pranzo e finalmente, alle 14, è arrivato il Governatore, un alto grado della Gendarmerie.
Essendo tardi, ha fatto un giro veloce, più o meno 10 minuti. Il tempo per vedere un paio di aule di IFA e per ricevere i doni preparati: un quadro con il suo ritratto e un vaso con il suo nome.
Mille ringraziamenti, mille saluti e la promessa (politica!) di tornare con più calma.
E i ragazzi schierati? E la corale? Sarà per la prossima volta.
Lascio a voi i commenti, ma non credo saranno molto diversi dai miei.

Ultimi due eventi del mese di ottobre, molto più “interni” al COE, più sentiti e certamente più emozionanti.
Recentemente è morta una “vecchia” volontaria del COE, Giovanna Bonvini. Vecchia non perché avesse un’ottantina d’anni, ma perché da molti anni prestava la sua opera a favore delle iniziative del COE, prima in Cameroun e poi in Bangladesh. Quando è mancata stava appunto preparandosi a ripartire per il Bangladesh.
Qui in Cameroun era stata l’organizzatrice e l’animatrice del nostro Centro di Formazione degli Assistenti Sociali e molti dei nostri collaboratori l’avevano avuta come maestra, formatrice, soprattutto amica. Alcuni di loro la riconoscevano come “mamma”, almeno professionalmente e umanamente.
Grande è stato il cordoglio di apprendere della sua morte.
Il 25 ottobre è stata realizzata una cerimonia in suo ricordo.
Naturalmente la Messa, che noi siamo abituati a chiamare Messa in suffragio.
Ma è stato qualcosa di più e forse più sentito. Certamente con una maggior “visualizzazione” dei sentimenti.
Immediatamente dopo l’apertura della Messa, i gruppi  che maggiormente avevano avuto Giovanna come maestra e interlocutrice, hanno detto due parole di ricordo: il rappresentante del gruppo ha espresso il suo pensiero e ricordo, chi in francese e chi in ewondo, la lingua locale; ma soprattutto con la domanda: perché sei morta? Questa breve commemorazione è stata seguita da una danza di tutto il gruppo, quasi un cammino ritmato e accompagnato dal suono dei tamburi di legno.  La simbologia del tutto è l’accompagnamento di un amico, lontano ma sempre presente; la conferma che il suo ricordo è impresso nei cuori e nessuna morte potrà cancellarlo; che muoiono le persone, ma non ciò che hanno fatto o hanno lasciato. C’era un po’ di tristezza, ma anche gioia, gioia di poter accompagnare spiritualmente un amico, un familiare, nel suo viaggio più importante.
La cerimonia è poi proseguita con la celebrazione della Messa e con i canti di accompagnamento, fino alla conclusione, durante la quale il promotore di COE Cameroun (anche lui con più di 70 anni sulle spalle) ha nuovamente commemorato Giovanna e anche lui ha eseguito, solo, la danza di accompagnamento, percorrendo tutte le corsie della sala, nel completo silenzio, rispettoso ed emozionato, dei presenti, ma accompagnato dal ritmo dei tamburi.
Infine, un corteo che dalle strade del quartiere si è sviluppato sino all’interno del luogo dove si svolgeva la cerimonia. Corteo nel quale i partecipanti più importanti erano i rappresentanti dell’etnia Bamilekè, la preponderante nella nostra regione, in costume tradizionale. E che si è concluso nel campo sportivo, ancora con danze rituali e musiche.
Noi europei eravamo presenti e abbiamo partecipato: quelli che hanno conosciuto Giovanna e che hanno lavorato con lei erano più coinvolti. Ma la festa, perché di festa si è trattato, è stata soprattutto dei camerunesi: loro hanno parlato, danzato e cantato, in onore e ricordo di una persona che ha vissuto insieme a loro, ha condiviso successi e delusioni con loro, ha insegnato e imparato insieme a loro, aveva lo stesso cuore. Anche se il colore della pelle era diverso, più chiaro.

Naturalmente, in queste occasioni cosa può succedere se non dimenticare la macchina fotografica e avere il cellulare scarico?
Ma vi metto le due foto che sono riuscito a fare, prima che il cellulare si mettesse a piangere.
I suonatori Bamilekè hanno utilizzato uno strumento che non avevo ancora visto: un particolare xilofono, almeno l’uso era quello.
Molto alto, da usare rigorosamente in piedi, e molto grande. I legni sui quali battere assomigliavano più a traversine della ferrovia che a strumenti musicali: delle assi di legno spesso una decina di centimetri e lunghe almeno 60 centimetri. Con una particolarità: erano suonate da due persone contemporaneamente, una di fronte all’altra. Una delle due batteva il ritmo di accompagnamento e l’altra la musica, ma utilizzando gli stessi legni, ovviamente senza interferire uno con l’altro. Credo che sia necessaria una particolare abilità e competenza e un ottimo coordinamento per non stonare e soprattutto per non pestarsi le mani!





L’ultimo avvenimento, in ordine di tempo, è la nascita formale dell’Associazione COE Cameroun.
Associazione già esistente di fatto da parecchi anni, ma che ieri ha avuto la sua ufficializzazione formale, con la convocazione di un’assemblea, la presentazione di uno statuto, la presentazione di candidati alle diverse cariche sociali e l’elezione degli stessi.
Tutto molto formale, con gli stessi problemi che si hanno in occasioni simili anche nelle altre parti del mondo: richieste di spiegazioni su alcuni punti dello statuto, proposte di modifiche importanti o banalità tipo se è meglio scrivere COECAM (tutto attaccato) o COE CAM o ancora COE-CAM.
L’associazione fa parte dell’universo COE, infatti aderisce come socio a COE Italia. Ma ha una propria autonomia, preludio alla maggiore autonomia che potrà avere in futuro: progetti in comune ma anche progetti nati direttamente qui.
È anche questo un notevole passo di crescita.
Non è detto che tutto ciò che COE CAM farà in futuro sia condivisibile, ma è come per i figli: crescere con loro finchè avranno la loro autonomia e possano fare le loro scelte. Non saranno più le nostre scelte, saranno soltanto le loro: a volte comuni, a volte condivise, a volte no.
Ma resterà il fatto dell’autonomia. Quella che, in molte discussioni politiche o sociali prende spesso il nome di autodeterminazione.


Quell’autodeterminazione che ha spinto una farfalla a scegliere la nostra cucina per una tappa del suo viaggio. Una bella farfalla, e potete vederlo da soli.




P.S.: - 30!

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