venerdì 15 agosto 2014

Periodo di riposo

O quasi. Le scuole sono chiuse per le vacanze estive, insegnanti e altri impiegati sono in ferie, ragazzi e ragazze non si vedono.
C’è una relativa calma, anche se il nostro lavoro continua, soprattutto al CAA.
Ed è strano, almeno per me, che il periodo di vacanze annuali corrisponda a quello del resto del mondo.
Perché la stagione non è delle migliori per un periodo di ferie: siamo ancora nella coda della stagione delle piogge, il cielo è più spesso coperto che sereno, non ci sono più gli acquazzoni di poche settimane fa, ma ogni tanto scende quella pioggerellina stupida che non è tale da spingerti  a fermarti sotto un riparo, in attesa che smetta; ma alla lunga ti bagna lo stesso. O rallenta alcuni lavori.
In casa è tempo di grandi pulizie e di controllo e sistemazione delle dotazioni: qualche materasso da cambiare, qualche letto da aggiustare, attrezzature da verificare; insomma, cose così.
Anche i civilisti hanno il loro periodo di ferie annuale e, in tempo di vacanze delle scuole, approfittano per andare a visitare altre strutture del COE in Cameroun.
È quindi soprattutto tempo di arrivi e partenze: oggi arriva Tizio, ma domani parte Caio, in attesa che dopodomani arrivi o parta Sempronio. E allora avanti e indietro dall’aeroporto, conciliando questo servizio di trasporto con gli altri impegni di lavoro. Per cui può capitare che durante il giorno vai a Yaoundè per sbrigare affari di lavoro, torni, ma a sera vai ancora all’aeroporto per accogliere qualcuno e la mattina dopo ritorni per accompagnare qualcun altro.
Anche l’organizzazione di pranzi e cene è meno semplice del solito, perché succede magari che a mezzogiorno si è in metà di mille e a sera soltanto quattro gatti (o tre). O che prevedi per quattro gatti e si presenta tutto il gattile. O viceversa!
Poi ci sono le visite più o meno inaspettate. Come venerdì scorso, quando è comparso dal nulla (è proprio il caso di dirlo) un folto gruppo di personaggi legati a governo e forze armate, accompagnato dal sindaco di Mbalmayo, anche lui preso alla sprovvista dalla visita.
Era una delegazione di mogli di deputati e rappresentanti della “Gendarmerie” (simili ai nostri Carabinieri), che faceva un sopralluogo in vista di un incontro internazionale che si terrà nel prossimo ottobre, con la partecipazione di rappresentanti parlamentari e delle forze armate di diversi paesi. L’incontro si terrà qui a Mbalmayo e, a quanto pare, le ceramiche del CAA potrebbero assumere un ruolo importante (soprattutto per noi!!!).
Naturalmente, a che ora si è presentato il gruppo? Durante l’intervallo di mezzogiorno, secondo una delle ben note Leggi di Murphy, cioè quando tutto è chiuso e gli impiegati non ci sono!
E, avendo fatto una fatica del diavolo a cercare di parlare un francese accettabile, hanno anche chiesto se si poteva parlare in inglese.( Il Cameroun è un paese bilingue, francese e inglese, e questo è un particolare che devo tenere a mente.)
Ma siamo riusciti a districarci abbastanza bene e nei prossimi giorni dovrò andare a colloquio con il comandante della Gendarmerie, per approfondire i dettagli di questo meeting di ottobre.
Se va avanti così, forse l’anno prossimo dovremo pensare a qualche assunzione. Riuscire a creare anche soltanto uno o due posti di lavoro fisso, in un paese dove di lavoro ce n’è molto, ma molto meno che in Italia, è comunque un successo.

Ma, nonostante tutto, è comunque un periodo di relativa calma.
E ieri, domenica, ne abbiamo approfittato per andare a vedere un sito turistico a 25 km da Mbalmayo.
In partenza dovevamo essere io e Ica, Nicola, l’unico civilista presente in questi giorni, Cristiana, una ragazza italiana di origini camerunesi che è venuta a trovare i suoi parenti e a fare una piccola esperienza al CAA (in Italia frequenta il liceo artistico) e Pina, una delle fondatrici di COE Cameroun, una giovane ragazza di 82 anni, che vive qui da più di 40 anni e si sente a disagio quando, raramente, torna in Italia.
Poi Ica è rimasta a casa e si è aggregato invece un ragazzo di passaggio, certo Parfait.
Siamo andati a Pont So’o, villaggio che prende il nome dalla presenza di un ponte sul fiume So’o. A conferma di ciò che ho già detto nel passato: Africa ricca di acqua, ma povera nei sistemi di raccolta e trasporto. Infatti Pont So’o sorge alla confluenza di due fiumi, il So’o, appunto, e il Fala. E Mbalmayo è il capoluogo del Department (simile alle nostre provincie) di Nyong et So’o, cioè il nome dei due fiumi più importanti.
In questo villaggio sta sorgendo una struttura turistica, incentrata sulle bellezze naturalistiche della regione e sulla ricchezza di fauna e vegetazione.
Il centro turistico era già pronto un paio d’anni fa, con bungalows attrezzati per accogliere i turisti e spiegare loro le caratteristiche del posto, ristorante e camere. Poi c’è stata l’attesa dei permessi statali per intraprendere l’attività, permessi arrivati solo qualche mese fa. Nel frattempo, senza risorse economiche a disposizione, le strutture inutilizzate si sono degradate e ora bisogna ricominciare da capo.
L’ambiente è simile a quello di Ebogo, di cui vi ho già parlato: fiume, anzi fiumi, piroghe, foresta e animali. La nostra guida ci ha portati, a piedi, a fare un giro in foresta, facendoci vedere alberi e altra vegetazione. Ci siamo soffermati in un paio di punti, dove sono state sistemate alcune panchine. In questi punti, in particolari orari della giornata, è possibile vedere le scimmie che saltano da un ramo all’altro degli alberi o stormi di uccelli che vengono a mangiare bacche mature. Molto presenti le farfalle e ovunque presenti le liane, tanto da farti chiedere dove si è nascosto Tarzan. Se pensate ancora alle liane come grosse corde flessibili sulle quali dondolarsi per raggiungere l’altra corda più vicina, cambiate idea. Sono più simili a radici aeree, della stessa consistenza e rigidità, contorte e spesso intrecciate fra di loro, non strettamente connesse agli alberi. Ma a volte fanno dei disegni di una bellezza unica.
Abbiamo visto la confluenza dei due fiumi, il So’o e il Fala. Il primo impetuoso, torrentizio, con una forte corrente visibile grazie alle foglie a altri detriti che galleggiano e corrono via. L’altro più quieto e tranquillo, con un’acqua che sembra ferma. E ci hanno detto che il più pericoloso è proprio il secondo (acqua cheta …). A causa della conformazione del fondo.
Il So’o ha un fondo piatto e poco profondo: da qui la sua velocità e impetuosità, data anche dalla presenza di rocce sul fondo. Chi cade nel So’o può lasciarsi trasportare dalla corrente e in poco tempo arriva più a valle, dove ci sono approdi e dove il fondo, ancor meno profondo, permette di stare in piedi.
Al contrario, il Fala ha un letto a V, che riduce di molto la velocità delle acque e la possibilità di lasciarsi trasportare dalla corrente e rende difficilissimo risalirne le sponde.
L’acqua è scura, marrone, quella del Fala più scura. Il colore, assolutamente poco invitante, è dato sia dalla terra che sollevano e trasportano, sia dalla presenza di residui vegetali che la colorano. Ma è l’acqua che rifornisce gli enormi serbatoi di Yaoundè. Anche al villaggio di Pont So’o utilizzano la stessa acqua, che passa prima attraverso un filtro di ghiaia e poi di carbone. Lo stesso sistema lo utilizziamo nel nostro Centro a Mbalmayo, dove viene effettuata la raccolta dell’acqua piovana: ghiaia, di una certa dimensione, preventivamente lavata con cloro (leggi candeggina) e poi fatta passare attraverso il carbone. Si sconsiglia di berla, ma bollita non presenta più rischi ed è certamente utilizzabile per tutti gli altri scopi. Anche i nativi, ormai, fanno a meno di berla così com’è. Alcuni la bevono ancora, sia perché hanno sviluppato anticorpi che noi non abbiamo, sia perché attribuiscono i possibili e spiacevoli effetti collaterali ad altre cause.
In questo prossimo centro turistico fanno anche lavori artigianali, utilizzando legno, vimini, conchiglie e argilla. Con il legno fanno cose molto interessanti, tipo le cinture in cui tutto è di legno, anche la fibbia. Possiamo dire che la tecnica è la stessa che noi conosciamo per i cinturini degli orologi: in questo caso fatti di metallo, nel caso delle cinture fatte con tesserine di legno. Naturalmente, secondo il legno utilizzato, la cintura può essere chiara, o rosso-bruna, o nera. E poi maschere, boccali, pipe, borse 24 ore.
Anche l’argilla è ben lavorata e certamente ci deve essere un artista di ottima qualità, perché alcune creazioni erano davvero interessanti. E alcune maschere in argilla, soltanto in prima cottura e senza smalti, facevano bella mostra insieme ad alcuni nostri esemplari.
E forse potrà nascere una collaborazione per arrivare alla creazione degli oggetti misti: ceramica e legno.
La nostra guida ci ha proposto, prima della fine di agosto, un altro tour turistico. Nel comprensorio che loro gestiscono, infatti, esistono anche un paio di grotte, un tempo abitazioni di pigmei, un altro fiumiciattolo, un laghetto.
Se domenica è stata una gita di poco più di due ore, il prossimo tour dovrà prevedere una giornata intera, compreso il pranzo, probabilmente a base di “viande de brousse” (selvaggina di foresta) e pesce di fiume.
La scorsa settimana, a proposito di alimentazione, ho assaggiato la tanto decantata vipera: non male, sapore e consistenza assomigliano a quelli del pollo, ma diciamo che non è comoda da mangiare. Dovete pensare infatti che è un tubo, fornito di spina dorsale e un’infinità di costole: non c’è molto da mangiare e soprattutto, bisogna succhiare tutte le costine. E non fate confronti con l’immagine delle nostre vipere. Questi sono serpenti di 7/10 cm di diametro almeno e lunghi almeno 1 metro e mezzo: una porzione è un trancio di 10/15 di cm di lunghezza. Ma è molto nutriente.

Tornando alla nostra gita, è necessario dire che la persona che ha dimostrato maggior interesse è stata la giovane ragazza di 82 anni: sempre attaccata alla guida, sempre pronta  a fare domande e obiezioni, pronta (in questi casi con un po’ di aiuto) a scavalcare tronchi caduti o a farsi strada in mezzo alla sterpaglia. A sera, però, ha dichiarato che era stanca. Persona difficile da trattare, che tende a imporre la propria visione di ogni cosa, ma indubbiamente ammirevole per la costanza e la tenacia e fonte insostituibile di informazioni locali e interpretazioni della cultura camerunese.

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