venerdì 13 marzo 2015

Acqua e fuoco

Per noi, al CAA, è normale mettere assieme acqua e fuoco: l’argilla fresca è piena d’acqua, poi si asciuga e con l’aiuto del fuoco (in verità i forni sono elettrici, ma va bene lo stesso!) saltano fuori i nostri oggetti artistici.
E, se si parla d’acqua, bisogna dire che siamo nella stagione delle “piccole” piogge.
Uno si immagina che “piccola pioggia” sia la pioggerellina autunnale. Invece qui il piccolo è riferito al fatto che questa stagione di piogge è più breve dell’altra (grandi piogge) e le piogge hanno generalmente durata breve e sono concentrate in una fase abbastanza delimitata della giornata, normalmente il tardo pomeriggio. Per il resto della giornata, un gran sole caldo!
Ma quando piove, piove davvero.

Si incominciano a sentire i tuoni in lontananza, e a vedere i fulmini. Poi tutto si avvicina, compreso il vento. E infine, ecco il temporale. Esagerato, forte, stimolato dal vento che fa arrivare l’acqua di traverso, quasi parallela a terra. L’uso dell’ombrello è sconsigliato: si rompe. Come ho già detto altre volte: bisogna armarsi di pazienza e aspettare che finisca.
Domenica scorsa, prima di cena, gran temporale. Eravamo già pronti a starcene a casa senza andare a cena al Centro. Ma il temporale è durato poco e siamo usciti. Naturalmente, durante la cena ha ricominciato a piovere, molto forte, di traverso. Abbiamo pazientato e aspettato una tregua per affrettarci a casa, prima che rinforzasse di nuovo: i tuoni continuavano a girare sulla testa.
E siamo arrivati a casa giusto in tempo: ha ricominciato con tutte le forze.
Naturalmente, è mancata la corrente: accendi le pile per accendere le candele e per scoprire che, durante la nostra assenza e con le finestre semi aperte, gran parte della casa si era allagata: acqua per terra, da poterla raccogliere con la paletta; acqua sul mobile della cucina, proprio sotto una finestra; acqua sul letto, a un metro di distanza dalla finestra.
Devo dire che la pazienza incominciava a venir meno. Raccogliere l’acqua, asciugare per terra, stendere i calzoni abbandonati sulla poltrona, rifare il letto, tutto a lume di candela con il cane che, spaventato dai tuoni, girava per casa (fradicio anche lui!), ti fa veramente perdere la pazienza!
Quando, all’alba delle dieci e mezza, abbiamo finito di mettere a posto tutto, è tornata anche la luce.

E qui comincia la parte riservata al fuoco.
La luce è tornata, ma non sembrava molto convinta. Tremolava, un po’ si abbassava, poi si rialzava, alla fine ha preso finalmente vigore e si è stabilizzata, anche troppo: brillava troppo, una lampadina da 75 watt sembrava illuminare il doppio del solito. Stacca tutti gli apparecchi sensibili, prima che brucino! È già successo che rimandassero corrente a 380V, anziché 220V.
Ed ecco che suona il mio telefono. Una telefonata alle dieci e mezza di sera è del tutto anormale, come se a voi suonasse il telefono alle 2 di notte: o è un “burlone” o è una disgrazia.
Appunto, la seconda.
Magloire, il capo tipografo, mi dice trafelato che al CAA c’è il fuoco.
Rivestiti in fretta e furia, infila un paio di scarpe che forse poi butterai via, recupera un poncho impermeabile (mica aveva smesso di piovere!), prendi la pila e assicurati di avere le chiavi in tasca. Corri al CAA. Credo meno di cinque minuti (tantissimi!) per arrivare e vedere una sorta di fuochi d’artificio, insieme a lingue di fuoco, alzarsi dall’angolo dove sono situati i contatori della luce, cioè il punto di collegamento dell’impianto di distribuzione con l’impianto del CAA.
Contemporaneamente arriva anche Magloire.
Il CAA è una costruzione a U, su due piani. Al piano superiore ci sono l’atelier di ceramica, quello di grafica, il mio ufficio e quelli dell’amministrazione.
Al piano inferiore su un lato della U c’è la tipografia, sull’altro lato ci sono tre stanze, attualmente occupate dal nostro volontario giapponese, Tsugu, e dall’altro volontario italiano, Angelo anche lui, arrivato da poco.
Sul muro esterno della stanza occupata da Angelo erano sistemati i contatori, all’estremità del lato della U.
La forte pioggia arrivata di traverso e probabilmente una sovratensione arrivata dalla rete elettrica hanno generato un corto circuito e acceso l’incendio.
E adesso, cosa si fa?
Le fiamme stanno minacciando la stanza di Angelo.
Non puoi certo usare acqua per spegnere incendi su cavi elettrici scoperti.
Cerca della sabbia. Che naturalmente è fradicia. Cerca di buttarla all’interno della cassa di metallo che protegge i contatori. E si sviluppano altre enormi scintille. E il fuoco aumenta. E ormai mezzo soffitto del portico è nero. E si è radunata un po’ di gente.
E nessuno che mi dice che in amministrazione ci sono due estintori!!!
Ma vado in amministrazione per cercare le chiavi dell’armadio dei contatori: se riusciamo ad aprirlo, sarà più facile intervenire sulle fiamme che buttare la sabbia cercando di centrare le due feritoie lasciate per la lettura.
E fortunatamente vedo gli estintori. Corri in basso, attiva gli estintori (mai usato uno in vita mia!) e, finalmente, le fiamme cessano. Merito degli estintori o del fatto che non c’era più nulla da bruciare? Forse tutte e due le cose, però abbiamo evitato che le fiamme si propagassero alla finestra in legno della stanza di Angelo, perché allora sarebbe stato molto peggio.
Da quell’armadietto di metallo si vedeva, però, che sul fondo qualcosa brillava ancora. Siamo riusciti finalmente a buttare dentro un bel po’ di sabbia che questa volta, anche bagnata, ha soffocato qualsiasi altra brace ancora viva.
E la nottata, finalmente, è finita. Sembrava tanto tempo, ma alle 11 e mezza, dopo i commenti, le prime analisi, il “vedremo domani” e i saluti, ero di nuovo a casa, con il poncho e i capelli bagnati, pieni di polvere di estintore e di fuliggine.
Lunedì mattina si è trattato di valutare i danni e calcolare le conseguenze.
I danni, quelli visibili, sono qui.

 quello che resta dei due contatori



La domanda più importante era: perché?
Facile affibbiare tutta la colpa all’azienda elettrica. Ma, da parte nostra, che responsabilità c’erano?
E altre domande: se l’azienda elettrica non è totalmente affidabile, quali altri danni possono verificarsi?
Le nostre macchine, i forni, le stampanti, la rete informatica che stiano realizzando, sono sufficientemente protette?
Dovesse bruciarsi, per un sovraccarico di tensione, un forno, non avremmo risorse per sostituirlo.
Lo stesso vale per la stampante offset.
Quindi: aumentare i livelli di protezione, salvaguardare macchine e posti di lavoro.

Innanzitutto, ripristinare la corrente chiedendo all’azienda elettrica la sostituzione dei contatori.
Ripristinare il collegamento fra impianto e rete di distribuzione.
Proteggere i contatori dalle intemperie.
Allontanarli quanto più possibile dall’edificio o almeno da stanze abitate.
Aumentare le protezioni a monte di ogni macchina sensibile.

Martedì sera il lavoro è ricominciato: contatori nuovi, allacciamento rifatto.
Mercoledì sera le protezioni dalle intemperie erano state costruite: due muri a chiusura dei portici e su questi muri, naturalmente all’interno, verranno posti i contatori e gli allacciamenti, ulteriormente protetti da armadi.
Sdoppiamento della linea: una a servizio della ceramica, l’altra a servizio di tipografia e grafica, per dimezzare il rischio che un incidente blocchi tutto il CAA. Nel caso, almeno una delle due linee produttive potrà continuare a lavorare.
Un regolatore di tensione a valle dei contatori.
Una miglior taratura degli interruttori a monte di ogni macchina sensibile, che scattino in presenza di segnali di pericolo e salvaguardino le macchine stesse.
Poi, ovviamente, ci sono anche gli aspetti marginali: ricostruzione delle parti di muro cotte dall’incendio e ripitturazione.

Un primo preventivo parla di circa 2.500 euro, la maggior parte dei quali per il regolatore di tensione.
In termini “europei”, sembra un impegno abbastanza limitato: molto meno di un semplice pranzo di nozze!
In termini “camerunesi”, bisogna fare il rapporto con lo stipendio medio di un impiegato del CAA, che si aggira intorno ai 150 euro al mese (a detta  di tutti, i nostri stipendi sono nella fascia medio/alta!).
Per noi, quindi, l’impegno finanziario diventa pari alla somma degli stipendi mensili di un’azienda con 17 dipendenti.

Se vi venisse qualche “strana” idea, qui trovate i riferimenti per realizzarla: http://www.coeweb.org/index.php?txt=sostenere
Fate riferimento a “incendio Mbalmayo”.

Acqua e fuoco non possono averla vinta contro “strane” idee!


Grazie e a presto.

4 commenti:

  1. Urca leggo solo ora...mi spiace! dai che settimana prossima dovrei passare da Yaoundé...il regolatore che tu menzioni é uno stabilizzatore? io l'ho utilizzato sia in Madagascar (stesso problema) che in roulotte in montagna. Se ne prendete uno buono dovrebbe garantirvi un minimo di sicurezza in più. Courage!!

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    1. Sì, è uno stabilizzatore. qui preferiamo chiamarlo regolarizzatore, perchè agisce su range di variabilità piuttosto elevati! A presto.

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  2. Dio perdona sempre , l ' uomo qualche volta , la natura mai .Gio . Vediamo se mi viene un' idea strana ....

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    1. Ma se la natura risponde a Dio, non dovrebbe crearsi un circolo virtuoso? O forse l'uomo, situato lì in mezzo, crea un "corto circuito" e rompe il circolo virtuoso?

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