giovedì 28 aprile 2016

Una vacanza da Re - 3

Dalle cascate di Ekom a Dschang la strada non è lunga, poco più di un'ora.



Il nostro "crono programma" aveva previsto di trovarci a Dschang per l'ora di pranzo.
Ma la visita alle cascate è stata molto più lunga e interessante del previsto. 
Senza contare il fatto che anche la colazione aveva portato via più tempo del previsto!
In pratica, ci siamo rimessi in marcia intorno a mezzogiorno e ce la siamo presa comoda.
Poi bisogna considerare anche il fatto che volevamo trovare un posto dove mettere qualcosa sotto i denti.


Siamo passati ancora a fianco della riserva di Santchou, ma l'abbiamo lasciata.
In pratica siamo arrivati a Dschang nel primo pomeriggio e abbiamo perso un po' di tempo a cercare l'hotel.
Sulla guida l'hotel sembrava una cosa seria: dotato di generatore, quindi senza pericolo di restare senza corrente; del padrone si diceva che fosse anche un bravo cuoco e che utilizzasse i suoi prodotti.
La realtà è stata che:
1) mancava corrente e il generatore sarebbe stato acceso alle 18, se a quell'ora non era ancora tornata la corrente;
2) il ristorante era chiuso, perchè anche l'università era chiusa e quindi c'era poca gente;
3) mancava anche l'acqua;
4) naturalmente, non c'erano appendini o chiodi ai muri!
Ma le camere erano pulite e dignitose.
Soprattutto, a due passi dall'albergo c'era la casa del caffè.
All'Ovest la coltivazione del caffè è molto frequente ed è anche di buona qualità, se trattato bene.
Ovvio quindi che ci sia un'associazione di produttori e il bar vicino all'albergo era proprio emanazione di questa associazione.
Il caffè non viene fatto secondo le nostre abitudini. E' un bel tazzone grande, pieno fino all'orlo. Ma è stato comunque piacevole, visto che in qualsiasi altro posto l'unica cosa che ottieni quando chiedi il caffè è una bustina di nescafè e il bricco dell'acqua calda.
In pratica, tutto ciò che a noi viene in mente quando si parla ad esempio di prima colazione, qui dovete trasformarlo in polvere e acqua: latte in polvere, da sciogliere in acqua; caffè liofilizzato, da sciogliere in acqua. Le marmellate sono quasi inesistenti, mentre è molto più diffuso il miele, prodotto più o meno dappertutto. E' molto diffusa anche una crema di nocciole e cacao, simile alla Nutella. Quest'ultima incomincia ad avere un buon mercato, anche se è più cara. E che stia conquistando parte del mercato è dimostrato dal fatto che un'altra azienda camerunese di alimentari, il cui nome è Broli, ha immesso sul mercato una crema di cacao e nocciole, chiamandola "Brolitella"! (litigi legali in corso, pare)

A parte questa parentesi di bassa economia gastronomica, abbiamo apprezzato il fatto di non essere pressati per la ricerca di luoghi da visitare e orari da rispettare. In effetti, abbiamo chiesto l'orario di visita del Museo e, scoperto che forse avevamo ancora un'oretta di tempo e avremmo potuto approfittarne, abbiamo deciso che era meglio di no!

Quattro passi a vedere qualche bottega artigianale e qualche bancarella di mercato, ulteriore sosta in albergo e poi ricerca, come sempre, di un posto dove cenare. Ma avevamo ormai voglia di trovare qualcosa di un pochino più vicino ai nostri gusti.
Ricerca sulle guide a nostra disposizione, una del 2014 e l'altra di qualche decennio prima, se c'era qualcosa che poteva fare al nostro caso.

Anche qui una piccola parentesi. Il Cameroun è un paese con potenzialità turistiche immense: soprattutto naturalistiche (paesaggi differenti a seconda della latitudine, molte aree protette, flora e fauna ineguagliabili, pianure, montagne e mare), ma anche storiche e artistiche. Queste, naturalmente, riferite alla cultura e alla tradizione locale, ma sempre molto interessanti. Eppure, manca un reale sviluppo del turismo, inteso come accoglienza di un certo tipo e come strutture o mezzi per la visita ai siti turistici. E' difficilissimo trovare informazioni adeguate e che possano fornire un aiuto reale: la ricerca di carte stradali porta quasi sempre a risultati negativi; la corrispondenza fra le poche informazioni che riesci a reperire e la realtà è spesso deludente; orari e giorni di apertura di musei o altro, quando esistono, sono condizionati dalla volontà degli addetti.


Tornando alla nostra ricerca culinaria, abbiamo finalmente letto che esisteva una "associazione franco-camerunese" con ristorante e cucina francese. Era il nostro obbiettivo! Come arrivarci? Con un po' di fortuna e chiedendo informazioni lungo la strada.

Ci siamo arrivati a fatica, perchè l'insegna era buia a causa della mancanza di corrente.
Il ristorante era al buio, per la mancanza di un generatore.
La cucina francese era inesistente, per bassa stagione e per mancanza di luce.
Ci siamo comunque fermati e abbiamo ordinato avocat in salsa e pollo arrosto e patatine fritte. Anche la birra, nonostante tutto, era sufficientemente fresca.
Cena a lume di candela (una!) e ritorno della corrente al momento di pagare il conto.

Anche questo impegno era arrivato a termine. l'indomani mattina ci aspettava il Museo della Civilizzazione.

A dire tutta la verità, siamo stati noi ad aspettare lui. La guida (cartacea) indicava le 8 come orario di apertura, ma noi siamo arrivati poco prima delle nove, in un totale deserto: poche persone in giro, un'auto ferma nel parcheggio del museo, tutto chiuso. Anzi, no. Abbiamo visto una donna delle pulizie uscire da una porta laterale e abbiamo chiesto informazioni. L'orario di apertura era alle 9, non alle otto.
Poco male, mancavano pochi minuti e ne abbiamo approfittato per guardarci in giro e prendere qualche foto.
Il museo è collocato in riva a un laghetto, con molto verde intorno, abbastanza ben curato, e un ponte che scavalca questo laghetto.











Si possono vedere anche alcuni fiori lacustri molto belli.










Anche l'edificio del museo è interessante, pieno di simboli disegnati su muri e porte


L'edificio nel suo insieme
La maschera e a fianco sul muro della porta, il ragno, simbolo di saggezza
Il ragno che sovrasta le porte con le maschere
La scritta "benvenuto" negli idiomi delle etnie camerunesi
Oramai le nove erano passate e non compariva nessuno. Altra ricerca di informazioni e finalmente una signora ci comunica che ha chiamato per telefono l'addetta al museo, che sta arrivando.
Finalmente, ecco l'addetta che arriva. Entra al museo e poco dopo fa segno anche a noi di entrare: gli unici visitatori.
Solita trafila di registrazione dei dati anagrafici, comunicazione del costo del biglietto di ingresso, 2500 franchi a testa. Abbastanza caro per un paese non ricco, che vorrebbe diffondere cultura. 
E la domanda: "volete fare foto?" "quanto?" "5.000 franchi ad apparecchio" "grazie, sarà per la prossima volta".
Il museo è abbastanza interessante, ma molto didascalico. Attraverso foto e manifesti dell'epoca, racconta la storia del Cameroun, dall'arrivo dei portoghesi nella seconda metà del '400 (e in questo caso non c'erano nè foto, nè manifesti, ma soltanto disegni e dipinti!), alla tratta degli schiavi, per arrivare alla colonizzazione prima da parte dei tedeschi e poi dai francesi e dagli inglesi; infine le lotte di liberazione e la storia più recente: l'indipendenza, il primo presidente, la federazione che comprendeva Cameroun francofono e Cameroun anglofono, l'unificazione, le dimissioni (contrastate e con tentativo di colpo di stato) del primo presidente, che era ormai in carica da 22 anni e, finalmente, il "regno" del presidente attuale, ormai in carica da 37 anni.
Non abbiamo rimpianto di aver rifiutato di fare foto.
E' anche vero che, molto probabilmente, una guida un pochino più entusiasta avrebbe potuto rendere più interessante la visita: sulla colonizzazione e sulla tratta degli schiavi ci sono molte più informazioni storiche e anche aneddoti o rivalità fra differenti etnie, che la rendono molto più interessante della "informazione" di data di inizio e data di fine e delle statistiche sulle destinazioni di questi schiavi.  

Siamo pronti per tornare a Bafoussam e da lì arrivare a Bandjoun, dove c'è una delle più scenografiche chefferie e anche qualcosa d'altro, che riguarda il COE più da vicino.


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