martedì 12 dicembre 2017

ANDATA E RITORNO

Una settimana in Cameroun.
In una situazione nuova e diversa, più difficile della precedente.
Per iniziare a comprendere le difficoltà, può essere sufficiente dire che il viaggio di ritorno è iniziato con la sveglia alle 6 di sabato 9 dicembre ed è terminato alle 21,30 di domenica 10 dicembre.
Per carità, in mezzo ci sono anche i tempi morti, le attese in aeroporto o in stazione, i pranzi.
Ma sono comunque quasi due giorni!

Ma, dove eravamo?
Nella Regione Sud del Cameroun, a 2°40’ dall’equatore, a pochi chilometri dal confine con il Gabon, nel comune di Mvangan e per ulteriore precisione nella “frazione” Bimengue del villaggio Knolnyeng II (c’è anche un Knolnyeng I).


Per arrivare a Mvangan e quindi a Bimengue ci sono due strade possibili:
- da Yaoundè a Sangmélima e poi a Mvangan, per un totale di 229 km e un tempo (previsto da Google Maps) di 3h 48m.


- da Yaoundè a Ebolowa e poi a Mvangan, per un totale di 248 km e un tempo (previsto da Google Maps) di 4h 4m.
I tempi calcolati da Google sono abbastanza affidabili, anche se un po’ più ottimistici della realtà.


Ebolowa e Sangmélima sono i due centri più vicini e attrezzati: sono capoluoghi di distretto, entrambi sedi di diocesi e prefettura, parificabili a nostri capoluoghi di provincia. Solo in queste due città è possibile trovare supermercati e forniture di materiali di ogni tipo.
Per andare a Ebolowa bisogna percorrere circa 90 km, quasi tutti su strada sterrata che, spesso, diventa una classica pista e per la quale bisogna prevedere un paio d’ore di tempo.
Per Sangmélima i km sono soltanto 60, anche questi in maggioranza sterrati o di pista. Il tempo necessario è poco meno di un’ora e mezza.
Mvangan, invece, è il piccolo “capoluogo” di zona, consistente in un centinaio di case compresi parecchi bar e qualche negozio di vestiti o di chincaglieria. Un mercatino quotidiano di generi alimentari freschi, quasi esclusivamente frutta e verdura, che due volte a settimana diventa più grande e ricco.
Percorsi, tempi e dotazioni delle differenti città obbligano ad una organizzazione abbastanza approfondita, sia per la vita domestica che per quella delle strutture quali ospedale o scuola. In pratica, è meglio non rischiare di restare senza gas per cucinare!

Qui, a Bimengue, è arrivato negli anni ’70 un prete italiano, Gianni Allevi, che ha cominciato a impiantare un dispensario medico. Con continui miglioramenti, oggi quel dispensario è un ospedale che serve tutto il circondario.
Padre Giovanni Allievi
La particolarità è il fatto che, godendo dell’attività di medici volontari italiani, soprattutto chirurghi, è l’unico ospedale fino a Ebolowa o Sangmélima dove si possano effettuare interventi anche di discreta importanza. Purtroppo soltanto durante la presenza dei chirurghi italiani.









Giulio, il chirurgo più spesso presente. E' di fatto l'anima dell'ospedale. Durante ferie e permessi.
Quello con il cappellino e gli occhiali, invece, è l'addetto al gruppo elettrogeno e guardiano notturno.
L’obbiettivo è quello di rendere l’attività dell’ospedale stabile e continua, per 365 giorni all’anno, con presenza continua di un medico e presenza saltuaria (per ora) del chirurgo. Migliorare la dotazione strumentale dell’ospedale e la sua organizzazione. Giusto per farvi un esempio, prima del nostro arrivo è stato effettuato un parto cesareo e soltanto durante l’intervento si è potuta verificare la presenza di gemelli. La mancanza di un ecografo impedisce di valutare in anticipo lo stato di puerpera e nascituro.

Ma c’è anche da migliorare l’attività scolastica: è presente una scuola di primo grado, che è arrivata ad avere nel passato circa 400 studenti all’anno. Con la crisi  e la riduzione delle donazioni, e la cronica mancanza di fondi statali, la scuola non riesce più a sostenere l’internato e quindi molti allievi non possono sobbarcarsi quotidianamente i chilometri necessari per arrivare dalle proprie case fino a scuola. Nelle stagioni delle piogge spostarsi in questa zona è estremamente difficile, a volte impossibile. Possono essere necessarie ore per percorrere pochi chilometri.











Padre Allievi, ad esempio, sapeva perfettamente che durante il mese di ottobre (picco della grande stagione delle piogge) era meglio non spostarsi assolutamente da Bimengue e organizzarsi di conseguenza.
Anche quei pochi volontari che ogni tanto vengono qui hanno dovuto subire, a volte, l’esperienza di passare la notte in foresta, chiusi in macchina, per l’impantanamento dell’auto e l’attesa di persone di passaggio che potessero aiutare a rimetterla in pista.

Oltre alla difficoltà di spostamento, c’è anche la carenza di infrastrutture.
Delle strade abbiamo già parlato. Anche durante le stagioni secche gli spostamenti non sono comodi: strade in terra battuta che, durante le piogge si riempiono di buche e solchi, che restano anche nella stagione secca e rendono molto difficile il viaggio. Occorre preventivare medie di spostamento di 35/40 kmh, quando la strada è “buona”.





Anche l’elettricità è carente. La multinazionale Eneo (anglo/statunitense) che ha in gestione l’erogazione dell’energia elettrica in tutto il Cameroun, non ha ancora elettrificato tutti i villaggi della zona. Bimengue è raggiunta dalla rete elettrica, ma la manutenzione è molto scarsa ed ogni guasto viene riparato in tempi medi di qualche mese. Quando siamo arrivati, non c’era energia già da due mesi. E non si avevano notizie di tempi di ripristino. Ospedale e casa sono dotati di gruppo elettrogeno e di impianto fotovoltaico, realizzati secondo le disponibilità economiche e in parte insufficienti a garantire l’autonomia energetica. Inoltre, per quanto riguarda il gruppo elettrogeno, bisogna fare i conti con il costo del gasolio e con il suo trasporto a Bimengue.
L’acquedotto, invece, manca del tutto e si sopperisce con pozzi, creati grazie all’attività di padre Allievi e all’intervento di altre iniziative di solidarietà. Anche l’acqua è gestita da una multinazionale estera.
Molti di questi pozzi si spingono soltanto a 12/15 metri di profondità e l’acqua è quindi molto poco pulita e sicura. L’utilizzo a scopo alimentare di questo tipo di acqua aumenta i problemi sanitari. Inoltre, anche i pozzi, come ogni altro strumento meccanico, possono guastarsi e dovrebbero essere riparati. Ma la difficoltà di raggiungere la zona, unita alle difficoltà economiche, rende difficili interventi tempestivi che vengono invece procrastinati nel tempo.


Le attività che si prospettano sono quindi molto diversificate e molto difficili da realizzare.
Esistono già progetti in parte finanziati e in parte da finanziare, ma bisognerebbe fermarsi sul posto almeno per qualche mese per capire tutte le esigenze e definirne priorità, tempi e risorse necessarie.
Risorse sia economiche che umane.
E, per la situazione che ho in parte descritto, le eventuali risorse umane devono prevedere una buona dose di sacrifici e adattamento.

Nessun commento:

Posta un commento